Comunità dai rifiuti
Arturo Di Corinto
per Il Sole 24 Ore-Nova
17 dicembre 2009
Un progetto open di centri multimediali nati dalla spazzatura tecnologica
Secondo un rapporto del Governo, ogni cittadino italiano produce 14 kg di rifiuti elettrici ed elettronici all’anno per un totale di 850 mila tonnellate complessive.
Secondo l’Apat solo 1 kg di questi viene smaltito regolarmente. Dove vanno a finire gli altri 13 chili? Quando “va bene” nelle discariche, ma più spesso vengono smaltiti illegalmente contribuendo ad avvelenare l’aria, i campi e le fonti idriche.
Le stime dell’ONU sono di 20-50 milioni di tonnellate di rifiuti tecnologici prodotti globalmente ogni anno, che comprendono più del 5% di tutti i rifiuti solidi urbani generati nel mondo. Eppure il recupero dei materiali preziosi di cui è fatta la nostra spazzatura hi-tech, come quella informatica e dei cellulari, non solo potrebbe produrre ricchezza ma contribuirebbe a pacificare alcune zone del pianeta, come nel Congo, dove spesso i conflitti tribali dipendono dal controllo delle fonti di approvigionamento di materiali come il coltan, la tantalite o la cassiterite che vengono scavati a mani nude dai bambini che si inerpicano per i bui cunicoli delle miniere illegali.
Ripetute denunce di Greenpeace documentano che i paesi ricchi smaltiscono i loro rifiuti elettrici ed elettronici in paesi dove le leggi sullo smaltimento sono meno severe e i pericoli per i lavoratori che li trattano maggiori. E’ il caso della povera provincia del Guangdong in Cina dove si stima che 150 mila lavoratori impiegati nel settore portino un’incidenza di malattie respiratorie e cardiovascolari assolutamente superiore alla media per effetto del contatto con i famigerati WEE “Waste Electrical and Electronic Equipement”.
Questo è uno dei motivi per cui la Royal Society of Arts inglese ha ideato il WEE-man, un uomo alto sette metri fatto di tre tonnellate di rìfiuti elettronici per rendere visibile la quantità media di rifiuti di questo tipo che ogni britannico produce nella sua vita. Inoltre ha sviluppato un metodo per calcolare la propria impronta ecologica elettronica, il footprinting tool, e farci capire quanto spazio in natura è necessario per fabbricare un prodotto elettrico ed elettronico e assorbire le emissioni generate dalla sua fabbricazione e dal suo funzionamento. http://weeeman.org
Se crediamo nella Green economy allora la strategia può essere una sola, come dice Giovanna Sissa nel libro Il Computer sostenibile: ridurre la produzione di rifiuti con acquisti attenti e una buona manutenzione, riusare le apparecchiature funzionanti, magari donandole, riciclare i materiali e reimmetterli nella produzione di nuove apparecchiature.
Un progetto interessante dal punto di vista del riuso è quello avviato dalle cooperative Lunaria e Binario Etico, impegnate in un progetto delle
Nazioni Unite e della Commissione Europea “Migration 4 Development” per
favorire l’accesso dei giovani capoverdiani al web e alle tecnologie
informatiche. Attraverso la raccolta di pc usati, il progetto punta a sviluppare a Capoverde un centro multimediale, un internet point gratuito, un sito web e una streaming radio creati e gestiti da un gruppo di locali con il supporto dei promotori del progetto e della comunità di Capoverde residente a Roma.
Il progetto ha avviato una Campagna Straordinaria per il reperimento di PC “obsoleti” e durerà fino al 31 dicembre. Per partecipare alla raccolta basta inviare una mail a capoverde@binarioetico.org. I Computer donati saranno equipaggiati di software libero e sistemi operativi Linux-based, che possono rendere un vecchio Pentium 4 funzionante ed efficiente per altri 5 anni.
www.binarioetico.org