No al trattato anticontraffazione Acta
affossato dal parlamento europeo
Con una maggioranza schiacciante il Parlamento Europeo rigetta l’accordo anticontraffazione. Una vittoria della società civile e dei parlamentari di Strasburgo che può preludere a un ripensamento globale di brevetti e copyright di ARTURO DI CORINTO per Repubblica del 4 luglio 2012
ROMA – Una maggioranza schiacciante: 478 voti contrari, 156 astenuti e 39 favorevoli. Con questi numeri il Parlamento Europeo ha messo la parola fine all’accordo anticontraffazione – Acta. Una vittoria importante per la società civile che in un soprassalto di protagonismo è riuscita a vincere le resistenze delle molti lobby in campo ed ha ritrovato una linea d’azione comune con i propri rappresentanti a Strasburgo. In tempi di antipolitica non è cosa da poco.
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L’accordo, proposto dagli Stati Uniti e altri paesi come Canada, Australia, Giappone, Nuova Zelanda, Messico, e firmato da 22 paesi europei, con l’obiettivo di fronteggiare la pirateria di marchi commerciali, brevetti e copyright digitale, era stato fortemente contestato da più parti come una misura pericolosa per la libertà d’espressione, la ricerca e la privacy. La sua formulazione infatti presupponeva la liceità di violare la privacy degli utenti Internet sospettati di approfittare della proprietà intellettuale altrui.
Ma a dispetto di alcuni timori alla vigilia del voto per i quali i Partiti Pirati europei e la Quadrature du Net 3, Edri 4 ed Electronic Frontier Foundation 5 avevano chiesto un ultimo sforzo ai cittadini della rete telefonando ai propri parlamentari (vedi articolo Repubblica 6), questi si sono rivelati talmente convinti della bontà delle argomentazioni sostenute dagli oppositori all’accordo che hanno votato compatti contro. In particolare perché avrebbe trasformato hosting e service provider di Internet nei nuovi sceriffi della rete danneggiando un modello di business basato sul controllo “soft” di contenuti e applicazioni.
Anche se le cinque commissioni europee interessate si erano già espresse contrariamente all’accordo e perfino il suo relatore, un pro-copyright come David Martin si era espresso contro, c’era stato comunque il tentativo di procrastinare il voto in attesa della decisione della Corte Europea di Giustizia incaricata di valutarne la liceità. Il Commissario per il commercio Karel De Gucht ha comunque voluto ribadire che l’esigenza di fermare la pirateria rimane e che la commissione europea troverà altri modi per rispondere a una legittima richiesta dei cittadini europei.
Mentre alcuni membri del PE issavano cartelli con su scritto “Hello democracy, goodbye Acta” (“Buongiorno democrrazia, addio Acta”), il commento a caldo del leader dei pirati inglesi è stato: “Adesso si renderanno conto di quanto sia politicamente dannoso essere anti-Internet”.
Secondo Paolo Brini, italiano, blog-trotter informatico ed esperto di sicurezza, attivissimo contro Acta, “il voto di oggi dice due cose: che la società civile ha saputo denunciare con analisi precise tutti i pericoli derivanti dal trattato e che il suo ruolo insostituibile di denuncia assume ancor più valore se si considera che i negoziati sono stati condotti in segreto e che i documenti ufficiali, oltre che ai negoziatori, erano accessibili solo alle industrie americane “del copyright” mentre la Commissione falliva nel trasmettere tempestivamente i documenti al Parlamento”. La seconda è che “l’influenza delle lobby tra Strasburgo e Bruxelles sta diminuendo e non è imbattibile. Quello di oggi ne rappresenta un chiaro segnale”.
E in effetti, dopo lo stop a Sopa e Pipa, mentre gli States stanno discutendo nelle commissioni al congresso la legge GOFA (Global Online Freedom Act) per impedire interventi autoritari sulla rete Internet da parte di imprese e governi, ci arriva un segnale in questa direzione da parte dell’Europa. Che adesso è chiamata a ripensare globalmente la tutela di brevetti e copyright.
Ma, come dicono molti osservatori, c’è anche da chiedersi come sia stato possibile che un intera direzione generale della Commissione Europea e un Commissario dell’Unione abbiano preso una cantonata talmente clamorosa da non aver saputo riconoscere nemmeno l’incompatibilità di base fra i trattati dell’Unione, la Convenzione Europea sui Diritti Umani, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, l’insieme delle direttive dell’Unione stessa e un accordo come ACTA. Una asimmetria che in ultima istanza ha motivato il parere informato dei parlamentari che oggi hanno riaffermato il carattere sovrano dell’assemblea di Strasburgo.