Agenda digitale italiana, primo sì
ma per l’agenzia rinvio a settembre
Ok in commissione alla Camera ma slitta la nomina della personalità che avrà il compito di implementarla. La scelta in mano ai cacciatori di teste. Intanto di delineano i provvedimenti: misure per le start up innovative, abbassamento dell’Iva sui prodotti editoriali digitali, rottmazione dei pc e semplificazione della macchina amministrativa spianano la strada al decreto Digitalia che si aspetta da mesi di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 26 luglio 2012
Ma l’agenda digitale si farà o non si farà? Certo che si farà, e con un sostegno parlamentare con pochi precedenti. Oggi la Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera ha infatti approvato il testo di legge per l’agenda digitale italiana: 120 milioni per le start-up innovative, sviluppo delle infrastrutture, rottamazione dei Pc per le famiglie svantaggiate e digitalizzazione accellerata della Pubblica Amministrazione. Il testo unificato delle proposte di legge Gentiloni-Rao (PD-UDC) e Palmieri (PDL) contenente le “Disposizioni per lo sviluppo dei servizi elettronici e digitali” offre un importante canovaccio all’azione di governo e di fatto andrà a costituire l’ossatura del decreto più volte rinviato noto con il nome Digitalia.
Il Fondo per l’Italia, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri attraverso la partecipazione al Fondo mobiliare chiuso, con una dotazione di 120 milioni di Euro per i prossimi tre anni previsto dal testo approvato non è l’unica notizia. Sono infatti previsti incentivi allo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche e misure per la semplificazione delle procedure amministrative, l’introduzione di contributi per il rinnovo delle dotazioni tecnologiche e il collegamento in rete delle famiglie meno abbienti; l’avvio “definitivo” della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, attraverso una tempistica vincolante per la dematerializzazione dei servizi e la previsione di una legge annuale per l’economia digitale che si occuperà più in generale della pianificazione del settore, della ricerca scientifica e dell’alfabetizzazione informatica. Tutto questo insieme a un’altra disposizione: l’abbassamento al 4% dell’IVA per i prodotti editoriali digitali via Internet.
I più attenti ricorderanno che, nonostante si tratti di misure più volte invocate, quelle inserite oggi nel testo bipartisan provengono in gran parte dalla società civile e già avanzate all’epoca del decreto “Semplificazione”. Quindi quel lavoro di Articolo 21, Libertiamo, Agorà Digitale, Aiip e altre associazioni non è andato perso. E in molti passaggi riecheggia le proposte fatte dall’associazione Glocus presieduta da Linda Lanzillotta, presentate proprio pochi giorni fa in un convegno alla Camera.
L’avvio della discussione in aula di tutto il pacchetto è atteso per la ripresa dei lavori a settembre quando il governo dovrebbe trasformare il testo approvato oggi, integrandolo, o limandolo, in un decreto a cui lavora da mesi.
E L’agenzia per l’italia digitale, che per legge deve portare avanti gli obiettivi dell’agenda, per quella data sarà operativa o no? Certo che sì, ma solo se si sbroglia il nodo della sua governance e se a comandarla sarà un direttore competente e autorevole. Che non sappiamo ancora chi sarà.
Con un emendamento al Decreto Sviluppo approvato giovedì scorso dalle Commissioni VI (Finanze) e X (Attività produttive) della Camera dei deputati la nomina del direttore generale della nascitura Agenzia per l’Italia digitale, è slittata da 30 a 60 giorni. Doveva essere fatta per venerdì 27 luglio.
Già questo rinvio dà la misura della complessità della nomina per cui sarebbero in corsa Stefano Parisi di Confindustria Digitale, Alfonso Fuggetta del Politecnico di Milano e l’otusider, ex Sole24Ore, Stefano Quintarelli. Insieme a candidati più paludati come Salvo Mizzi, responsabile Internet di Telecom, Roberto Sambuco, capo dipartimento comunicazioni del MISE, Alessandro Fusacchia e Mario Calderini, consigliere per l’Innovazione del MIUR.
Come andrà a finire? La nomina spetta al premier d’intesa con i ministri Passera, Grilli, Profumo e Patroni Griffi, ma un ruolo pare ce l’abbia anche il sottosegretario all’editoria Peluffo.
Per questo la scelta dei candidati è stata messa in mano a dei cacciatori di teste che forniranno una short list coi nomi citati e quello del “vero” candidato. I ministri non saranno tutti d’accordo e alla fine deciderà Monti.
Ma la partita non è complicata solo da candidature e autocandidature, quanto dalle funzioni che l’Agenzia deve svolgere, dalla sua dotazione economica e dalla parziale sovrapposizione con i compiti demandati ad Agcom.
Problema serio perchè l’Agenzia da organismo di regia e supervisione si sta tramutando in un “ente vero e proprio che rischia di essere paralizzato dai troppi referenti” ci dice Linda Lanzillotta, e che ha due compiti cruciali per il paese, sviluppare le reti di nuova generazione e garantire la sicurezza e l’interoperabilità dei dati della pubblica amministrazione pur senza averne tutti gli strumenti.
E tuttavia la criticità più forte rimane che l’agenzia serve quattro padroni, mentre secondo la vox populi degli esperti tutte quelle funzioni dovrebbero andare a un’agenzia alle sole dipendenze del premier con a capo l’equivalente di un chief information officer in stile anglosassone.