Windows Vista
Arturo Di Corinto
Altreconomia dicembre 2006 – http://www.altreconomia.it
Il 14 novembre scorso Bill Gates ha annunciato agli azionisti della Microsoft che il lancio di Windows Vista sarà il più importante per l’azienda dai tempi di Windows 95. Vista, il nuovo sistema operativo che sostituirà Windows XP sui computer di tutto il mondo è un mostro frutto di cinque lunghi anni di lavoro costellati da rinvi, cambi di strategie e contrattempi tecnici.
E anche se la versione rilasciata ai partner non è ancora testata a sufficienza e arriverà in negozio solo dal 30 gennaio, l’azienda di Redmond non poteva aspettare un minuto di più, costretta da una parte dall’obsolescenza di Windows XP e dall’altra dall’agguerrita concorrenza di Apple e Linux.
E il suo lancio dovrebbe essere anche l’occasione per rimettere a lucido l’immagine opaca dell’azienda che ha ancora una causa pendente con l’Europa per comportamento anticoncorrenziale.
Tuttavia, visto che secondo l’IDC porterà un in Europa un fatturato extra di 32 miliardi di euro, se non servirà a rabbonire l’Antitrust, almeno porterà nelle casse della Microsoft i soldi necessari a pagare la multa di 3 milioni di euro al giorno che l’Europa ha deciso di comminargli per non aver ottemperato alle sue raccomandazioni di separare il media player dal sistema operativo e diffondere i protocolli necessari agli altri produttori per interagire coi prodotti di BigM, spezzando la filiera che obbliga gli utenti ad usare solo hardware e software “Microsoft compliant”. In questi giorni infatti le azioni Microsoft sono salite infatti fino a quasi 30 dollari.
Cosa di meglio allora che offrire un software “più affidabile e sicuro”, che promette di supportare un maggior numero di periferiche, con una grafica tutta nuova e un motore di ricerca interno avanzato quanto google desktop? I fortunati possessori all’accensione del nuovo software udiranno poi un suono speciale creato da Robert Fripp, ex King Crimson, che ci ha lavorato 18 mesi per renderlo “unico” (quello di Windows 95 era stato creato da Brian Eno) e che molti assicurano diventerà un nuovo tormentone.
Ma Vista non è l’unica novità per la casa di Redmond. Dal 30 gennaio dovrebe essere disponibile anche la nuova suite Microsoft Office 2007 nonostante gli utenti Windows si stiano adattando velocemente ad Open Office, un insieme di prodotti da ufficio che fa le stesse cose del prodotto Microsoft ma che si scarica gratuitamente dalla rete perché frutto di un progetto aperto.
Ma a tutto c’è un rimedio. Da quando anche Microsoft ha capito che il suo programma Shared Source non produceva l’effetto sperato, ecco che è arrivato l’accordo con Novell. L’accordo prevede che le due società collaborino fino al 2012 allo sviluppo, alla commercializzazione ed al supporto di nuove soluzioni capaci di migliorare l’interoperabilità tra la piattaforma di Microsoft e quella Linux di Novell. In altre parole, BigM, smesso lo scontro frontale con il mondo del software libero che prima definiva “comunista” in senso spregiativo, ha deciso di allearsi col maggiore rivale di prodotti open source per le aziende. L’intesa però prevede anche la reciproca protezione legale su certi brevetti che non solo tutela reciprocamente le due parti, ma ribadisce una vecchia fissazione americana per i brevetti software giustificata da quelle esigenze di tutela della “proprietà intellettuale” che in Europa tutti o quasi contestano e dalla quale Novell in quesi giorni sta provando a prendere le distanze.
Vista inoltre userà un protocollo, il PNRP, Peer Name Resolution Protocol, che permetterà di chiamare il proprio computer da ogni dove della rete Internet usando un nome unico, come fosse un vero e proprio nome di dominio, sfruttando la logica prima considerata criminale del peer to peer. L’accordo con Novell e l’adozione dell’architettura P2P dice un’identica cosa: se non puoi batterli, comprali, se non puoi comprarli, impara da loro.
La domanda comunque rimane. Ma il computer che ho comprato l’anno scorso, funzionerà con Vista? Chissà. Per quelli nuovi la strategia comunicativa di MS è chiara: oltre 250 prodotti hardware riporteranno la scritta “funziona con Windows Vista”, ma, dati i precedenti, il condizionale è d’obbligo.
E tuttavia dal punto di vista dei consumatori le problematiche potrebbero essere altre.
Tanto per cominciare quella dell’obsolescenza indotta dei sistemi operativi e delle macchine necessarie a farli girare, “programmate per rompersi”, come afferma il libro di Giles Shade, Made to break, technology and obsolescence in America, Harvard University Press.
Anche se si è persa la memoria dell’accordo Microsoft-Intel – Intel è ancora il maggior produttore di chip al mondo – potremmo ricordare che alla base del patto non scritto c’era la disponibilità di Microsoft a realizzare software sempre più pesante tanto da richiedere nuovi chip, nuovi processori, e che viceversa, la disponibilità di processori più potenti doveva indurre l’acquisto di software più pesante, che spesso serviva a fare le stesse cose di quello vecchio, con una spesso inutile sostituzione. Inutilità che non sta tanto nelle nuove funzionalità del software ma dal lock in cognitivo di chi è abituato a usare una certa interfaccia e non vuole cambiarla, in aggiunta alla fatica di costruirsi nuovi schemi mentali per adattarsi a strumenti nuovi, operazione diseconomica dal punto di vista cognitivo.
Vista promette di fare di più: per girare adeguatamente serviranno almeno 512 Mb di Ram, un processore a 800 Ghertz, e una scheda grafica compatibile con Direct X 9 e almeno 15 Mb di spazio libero su disco.
Sono questi requisiti il motivo che fa dire a Microsoft nel suo libro bianco sugli effetti economici di Windows Vista che porterà in Europa almeno 100 mila posti di lavoro? Forse, se fosse vero. Quello che è certo è che arriveranno a casa e in ufficio circa 100 milioni di copie del nuovo sistema operativo sfruttando il meccanismo dell’obsolescenza indotta e obbligando gli utenti e le pubbliche amministrazioni, ad aggiornare il proprio parco macchine con un impatto ambientale, sociale e politico pesantissimo.
Perché? Spesso si considera che l’economia dell’immateriale sia meno devastante di quella basata sulla manipolazione di materie prime come il petrolio, l’acqua e gli altri minerali e si dimentica che anche l’economia immateriale ha una base materiale, solida, fisica, costituita dall’hardware e dai processi industriali di produzione del software. Per quanto riguarda l’hardware è noto che esso viene prodotto in paesi come la Cina che non sono certo campioni di democrazia e dove il rispetto dell’ambiente è assai scarso, meno noto è il fatto che ogni computer contiene una grandissima quantità di minerali, il tantalio, la sassiterite, necessari alla miniaturizzazione e al trasporto efficiente dei segnali, che vengono estratti in condizioni miserabili in paesi come il Congo dove milizie armate obbligano i minatori a rischiare la vita ogni giorno in miniere spesso abusive per un pugno di riso.
Secondo le Nazioni Unite ogni computer incide sulla produzione di gas a effetto serra come 200 kilogrammi di petrolio, richiede l’impiego di 22 chili di sostanze chimiche e lo spreco di 1,5 tonnellate d’acqua. Nel libro di Slade si conta che nel solo 2004, 315 miloni di Pc funzionanti sono stati buttati via e sostituiti. Un’operzione che si traduce in tonnellate di rifiuti elettronici, tossici e ingombranti che guarda un po’, ritornano sovente in Africa ad aggravare il fardello ambientale del continente.
E da che dipende questa corsa alla spazzatura? Per Slade, dall’obsolescenza indotta. Perchè tu, proprio tu che leggi, vuoi un oggetto più nuovo, luccicante e alla moda, e in questo non vuoi essere secondo a nessuno.