Agenda digitale, Italia ancora in forte ritardo. Appello a Renzi
di Arturo Di Corinto per Articolo 21 del 17 marzo 2014
Renzi è sempre stato attento alle politiche digitali. Da nativo digitale (o quasi) ha dimostrato grande attenzione alle scelte del governo sui temi dell’innovazione scientifica e tecnologica e già al tempo delle primarie contro Bersani aveva costruito una squadra di supporto col doppio fine di posizionarlo nel mondo delle relazioni digitali e di studiare come intervenire sulle politiche della società dell’informazione.
Oggi il premier potrebbe intervenire efficacemente sui ritardi dell’agenda digitale certificati da uno studio della Camera dei Deputati perchè la legge prevede che alcune disposizioni dell’agenda, se scadute, possono essere adottate senza neanche sentire i ministri competenti. Inoltre Renzi ha a disposizione il complesso studio sulla Banda Larga di Francesco Caio, Mr Agenda digitale, da cui emerge che l’industria ha avviato un piano di investimenti significativo “che porterà, se realizzato nei tempi e nei modi illustrati dagli operatori, ad un aumento della qualità e della banda disponibile a circa il 50% delle linee entro il 2016/17.
In aggiunta l’8 Gennaio è stato approvato lo statuto dell’Agenzia per l’Italia Digitale e il suo direttore adesso può operare con pieni poteri appena sarà nominato il comitato di indirizzo. Il board dell’Agcom è appena stato reintegrato da Antonio Nicita dopo l’abbandono da parte di Maurizio Dècina “per motivi personali”. A parte le punzecchiature dell’AGCM, Agcom, fissati i paletti per l’asta delle frequenze, ha anche risolto il problema di chi deve garantire operativamente l’attuazione del discusso regolamento antipirateria affidandolo alla Fondazione Bordoni.
Tutto bene madama la marchesa? Purtroppo no. Intanto, per quanto riguarda l’agenda digitale, l’Italia è ancora in forte ritardo: sono troppi i decreti attuativi dell’agenda digitale che devono essere sfornati per modernizzare il paese e ce ne vorranno di nuovi. Perfino di quelli dati per operativi, come la fatturazione elettronica da giugno, l’anagrafe unica, quello sull’identità digitale è pronto ma aspetta un decreto. Il ritardo sulle azioni di sistema previste dall’agenda digitale europea e fatte proprie da quella italiana può essere esiziale per un governo che dovrà reperire risorse per l’ammodernamento digitale del paese prendendole in Europa.
Affinchè non si perda l’ennesimo treno i soggetti a vario titolo coinvolti con la “riprogrammazione digitale” del sistema paese – comprese le aziende e le associazioni di categoria – devono imparare fare squadra mettendo da parte gelosie ed egoismi e partecipare al rilancio dell’Italia. Diventa importante farlo presto perchè mentre la commissaria Neelie Kroes e l’Europa rimangono in pressing sull’Italia per tutti i temi dell’innovazione tecnologica, il nostro paese è sparito dai consessi internazionali dove si decidono le grandi strategie della società dell’informazione, dorsali, frequenze, roaming, internet governance, privacy e sicurezza.
Per questo, se può apparire peregrina l’idea di una delega ministeriale specifica su Internet e la società digitale, è imperativo nominare un* nuovo* digital champion con capacità di gestione, di relazione e di visione. Come accade negli altri paesi europei.
17 marzo 2014