L’Agenda digitale passa a Marianna Madia
Mentre il ragioniere generale dello stato chiede di intervenire sull’Agid per irregolarità amministrative, Matteo Renzi delega con decreto al Ministro per la funzione pubblica l’attuazione degli impegni per l’innovazione digitale dello Stato e la vigilanza sull’Agenzia per l’Italia digitale
di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 9 maggio 2014
USCIRE dalla palude è uno degli slogan preferiti dal Presidente del Consiglio. Chiarire finalmente chi si dovrà occupare di digitale in Italia è un modo per farlo, e dare finalmente a questo paese di startupper, e-commercianti, smart-citizens, quello che merita: regole, risorse, investimenti, e una visione di lunga durata. È infatti da oltre due anni che si parla di Digitalia, Agende, agenzie e campioni digitali, ma – come scoperto dal servizio Studi della Camera – il risultato è che siamo in ritardo con la stragrande maggioranza degli adempimenti previsti.
Adesso forse è la “svolta buona”, perché dopo molti tentennamenti, la decisione sembra chiara: Marianna Madia avrà le deleghe per l’Agenda digitale e assumerà la vigilanza sull’Agenzia per l’Italia digitale. Il decreto di attribuzione è pronto da tempo, dal giorno successivo alla nomina del Ministro Madia incaricato alla semplificazione e alla pubblica amministrazione, ma è stato registrato solo da due settimane. Il dispositivo – che Repubblica ha potuto visionare – porta il timbro del 23 aprile 2014 ma vale dal 22 febbraio e, attraverso di esso, il Presidente del Consiglio, al punto 4 dell’articolo 1 decreta che: “Il Ministro coadiuva il Presidente del Consiglio dei Ministri, con riferimento all’esercizio delle funzioni inerenti all’attuazione dell’Agenda digitale italiana”, mentre al punto h dell’articolo 2, delega allo stesso tutte “le funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri relative all’Agenzia per l’Italia digitale di cui all’articolo 19 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, come convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134”. Quindi gli delega le funzioni di vigilanza e controllo.
Il decreto, in via di pubblicazione, aspetta la registrazione della Corte Dei Conti, ma pone fine a molte delle illazioni fatte finora in tema di governance degli adempimenti relativi all’agenda digitale. E porta in dono a Marianna Madia l’Agenzia che la deve realizzare (Agid). Una patata bollente, considerando che l’ispettorato Generale del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha appena inviato alla Presidenza del Consiglio una lettera in cui chiede di intervenire relativamente alla segnalazione di una serie di irregolarità commesse nella gestione dell’Agid da parte del suo direttore, Agostino Ragosa. Irregolarità già denunciate senza effetti da sindacati, parlamentari, revisori dei conti e singoli dipendenti. Stavolta però il ragioniere generale dello Stato che firma la lettera chiede espressamente alla Presidenza del Consiglio, e quindi per effetto del decreto al nuovo ente vigilante, la Funzione pubblica, “di voler far conoscere le determinazioni che codesta Amministrazione vigilante vorrà assumere in merito”. È in sostanza un invito ad agire subito, trattandosi di irregolarità che inficiano l’operatività stessa dell’Agenzia e la sua capacità di implementare la parte italiana dell’Agenda digitale europea. Nella lettera vengono contestati, su segnalazione del collegio dei revisori dei conti Agid, l’affidamento di incarichi dirigenziali in violazione della legge e l’affidamento diretto di forniture in violazione “delle norme di procedure di evidenza pubblica”.
Tutto questo mentre a termini di legge il direttore dell’Agenzia sarebbe decaduto – come previsto dalla legge 98/2011, e come evidenziato in tema di decadenza degli organi di gestione dalla circolare n. 33 del 28 dicemebre 2011 del MEF, per non aver presentato né il bilancio di previsione nei termini stabiliti dalle norme, né il rendiconto generale a fine aprile, mettendo di fatto l’Agenzia nell’impossibilità di operare. Inoltre i revisori, nel verbale della seduta del 23 aprile enfatizzano che nelle spese di funzionamento è prevista una spesa di circa 420.000 euro per il solo direttore e altri diverse centinaia di migliaia di euro per cinque dirigenti a tempo determinato da assumere al di fuori dei casi previsti dalla normativa vigente (165/2001). Cifre che i revisori non hanno autorizzato e per i quali dicono di aspettare la relativa autorizzazione di spesa “anche in considerazione delle innovazioni in atto in materia di tetti retributivi”, leggi spending review per gli alti burocrati di Stato.