A lanciare l’iniziativa non è un pirata, ma l’inventore di un servizio digitale antiplagio che tutela la creatività di artisti e autori. Intanto le proposte di riforma della Siae giacciono inevase in Parlamento, a dispetto delle regole Ue. Andrea Romano: copyright e Siae vanno riformati
di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 10 Ottobre 2014
IN RETE il dibattito è già intenso. Al centro c’è una petizione che chiede di abbattere il monopolio Siae, l’ente che tutela i diritti economici degli artisti italiani. L’ha lanciata il biologo e musicista Adriano Bonforti e ha raggiunto 13 mila firme in pochi giorni. Si vuole l’abolizione del monopolio Siae in Italia per garantire, attraverso la concorrenza di organizzazioni in competizione, una effettiva ed efficace tutela degli artisti, come accade in altri paesi europei. L’effetto sulla produzione di cultura, secondo il ricercatore, sarebbe lo stesso della la liberalizzazione della telefonia.
Quindi non si tratta di chiudere la Siae (reduce da una importante battaglia sull’equo compenso), che agisce sul territorio italiano in regime di monopolio da 75 anni, perché non si andrebbero a toccare i diritti di quanti scegliessero di restarvi iscritti, ma di garantire agli artisti la libertà di praticare un’alternativa. Bonforti, che è il fondatore del servizio antiplagio Patamù, spiega a Repubblica che “il monopolio Siae ha avuto effetti negativi sulla diffusione della cultura in Italia” perché nonostante sia “nata per tutelare gli interessi di tutti gli artisti, oggi tutela gli interessi di pochi”. E fa un esempio: “Per qualsiasi passaggio radio, in qualsiasi radio, si paga la Siae, ma poi la ripartizione dei proventi di tutte le radio viene effettuata monitorando solo il passaggio di poche radio principali. Detto in altre parole, i diritti d’autore si pagano per l’esecuzione di qualsiasi artista iscritto, ma poi si redistribuiscono solo tra pochi”.
Che quello Siae sia un meccanismo oneroso e poco remunerativo è opinione diffusa. Mister Patamù dice che “basta guardare alla quota di iscrizione per gli artisti che ha subìto un’impennata (circa 280 euro per il primo anno e 150 euro per gli anni successivi) diventando una delle più alte in Europa – in contrasto con le regole dell’Unione europea. E aggiunge: “Il suo farraginoso, antiquato meccanismo di ripartizione dei diritti d’autore impedisce agli artisti iscritti di scegliere di volta in volta come diffondere e utilizzare le proprie opere, in quali contesti ed a quali condizioni economiche, e gli è vietato concederne l’utilizzo gratuito anche per beneficenza”. E questo accade perché la Siae contempla solo la tutela del copyright tradizionale, nonostante la cosiddetta “direttiva Barnier” del 26 febbraio 2014 imponga a tutte le società di gestione collettiva di lasciare ai propri iscritti libera scelta su quali licenze di distribuzione usare, comprese le licenze Creative Commons.
Poi Andriano Bonforti va giù duro: “Spesso inoltre, all’introduzione di questi vincoli non corrisponde un ritorno economico che li giustifichi: circa il 60% degli iscritti alla Siae non trae in realtà alcun vantaggio dalla propria iscrizione, non arrivando a recuperare attraverso i diritti d’autore neanche il corrispettivo delle quote di iscrizione”. I ricavi ottenuti dalla Siae grazie agli autori “sotto soglia” non si fermano a quelli dovuti alle sostanziose quote annuali: una parte importante di questi ricavi resta a disposizione della Siae per essere ripartita tra gli autori dei circuiti principali – che hanno un potere aggiuntivo per ogni euro percepito in diritto d’autore nel Consiglio di Sorveglianza Siae -, o per essere usata per sostenere i costi di mantenimento dell’organizzazione.
Attualmente l’Italia è, insieme all’Austria, l’unico paese in Europa ad avere un simile monopolio, protetto da una legge nazionale. Poiché il monopolio vale solo sul territorio italiano, contraddice i principi del fantomatico digital single market europeo, giacché una società fondata in Italia che conosce le necessità degli artisti italiani non può competere con la Siae, al contrario di una società estera.
Il deputato di scelta Civica, Andrea Romano, autore di una proposta di riforma della Siae, dice a Repubblica: “In Europa non possono esistere monopoli, l’Italia deve adeguarsi alla direttiva Barnier”. E aggiunge. “È tempo di ripensare il copyright e il modo di funzionare della Siae per garantire nuove tutele ai piccoli produttori di cultura”. Ma come si fa? “Rompendo il monopolio Siae, mutandone la funzione salvaguardandone il know how e la rete fenomenale che ha costruito sul territorio. Una volta create collecting settoriali infine, facendola vigilare su queste nuove società di riscossione dei diritti autoriali”.