Un gruppo di artisti e programmatori ha sviluppato una piattaforma che aiuta a proteggere la paternità di una canzone, di un film, di una sceneggiatura, di una ricerca, di una poesia, di un software o di un libro
Arturo Di Corinto per Wired del 12 dicembre 2014
Difendere la propria creatività senza passare dal notaio? Oggi si può. Per tutelare le proprie opere creative dal plagio e potere rivendicare la paternità di una canzone, di un film, di una sceneggiatura, di una ricerca, di una poesia, di un software o di un libro, adesso è possibile fare tutto online e senza spendere un euro. Con Patamu.com, piattaforma web creata da un team di artisti e programmatori italiani, bastano pochi colpi di click per “marcare” temporalmente un’opera e metterla in una “cassaforte digitale” assolvendo alle regole minime della tutela del diritto d’autore italiano. Garantire l’integrità dell’opera, renderne riconoscibile l’autore e apporre ad essa una data certa di pubblicazione per poterne eventualmente dimostrare la primogenitura – nel malaugurato caso di un plagio successivo alla sua divulgazione – viene fatto attraverso una semplice piattaforma online. Laureandi, dottorandi, grafici, musicisti, scienziati e creativi in genere, già si sfregano le mani nella prospettiva di non vedersi più scippato dal proprio agente, boss o capo dipartimento il lavoro di anni di fatica.
Intendiamoci, è la normativa italiana sul diritto d’autore che risale al 1941 (ma più volte aggiornata), che prevede questa forma di tutela e più precisamente dispone che per tutelare i propri diritti creativi non si debba fare altro che “divulgare” la propria opera rendendone l’autore riconoscibile, con un una semplice firma, un timbro e magari una data. Cosa oggi più che facile grazie al web-publishing gratuito del web 2.0.
Patamu.com però va oltre e mette i creativi al riparo da eventuali manipolazioni dell’opera pubblicata su web o alla chiusura di quel sito “dove avevo messo tutti i miei lavori!” e offre anche assistenza legale in caso di controversie. Il servizio, gratuito fino a 15 depositi (protetti con la crittografia), e dopo una prima consulenza legale gratuita, va pagato, poco, ma va pagato. Anche gli attivisti devono fare la spesa. Forse non è la soluzione a tutti i problemi dei creativi nostrani, ma intanto è un servizio che permette, secondo gli ideatori del sito, “di affrancarsi da più note forme di tutela come il deposito della propria opera presso la SIAE (http://www.siae.it) che a volte costa di più dei proventi che la Società Italiana degli Autori e degli Editori raccoglie per gli associati, senza consentirgli di scegliere a chi e come dare in uso anche gratuito la propria opera”. E infatti l’ideatore di Patamu, il fisico e musicista Adriano Bonforti, ha da poco promosso una petizione su change.org per abolire il monopolio Siae (e non per abolire la Siae).
Quelli di Patamu.com, sono affezionati al concetto di copyleft (il “permesso di copia, antitetico al “diritto di copia”), e “spingono” le licenze Creative commons di Lawrence Lessig, proprio per consentire a chiunque di stabilire di volta in volta il livello di protezione dell’opera oggi e nel futuro.
A patamu ancora non hanno trovato una soluzione per il remix di opere creative (ottenuto dall’interpolazione di elementi nuovi con altri pre-esistenti), in modo da stabilire il contributo effettivo della propria opera originale a un’altra, come accade ad esempio per molte creazioni musicali. Ma, siccome chi contesta il monopolio Siae e le rigidità del copyright tradizionale vuole allo stesso tempo vedersi riconosciuta la paternità delle proprie creazioni (anche se poi le “regala”), Patamu può funzionare almeno come alternativa.
Il dibattito sul diritto d’autore in italia ha infatti sempre visto affrontarsi due fazioni radicali: le imprese e i loro organismi di rappresentanza a difesa della formula “tutti i diritti riservati” e i propugnatori del no-copyright. In questa lotta tra “conservatori” e “innovatori” sta il motivo della difficoltà di trovare una soluzione in grado di accontentare tutti. I circa 3500 giovani artisti che si affidano a Patamu sembrano stare nel mezzo: difensori della libertà di remix che vogliono tutelare le proprie opere, mantenendone la paternità, nello stile “alcuni diritti riservati”. Che sia questo il futuro del diritto d’autore?