Per questo nella lettera chiede di cogliere «la splendida opportunità di rinascita rappresentata dall’avvento del software libero e dell’informatica libera» per creare un nuovo mercato industriale con benefici economici dell’ordine di alcuni miliardi all’anno visto che «nel mondo alcuni milioni di programmatori già operano su centinaia di migliaia di progetti diversi che attuano sicuramente tutte le funzionalità dei programmi software proprietari».
A questo proposito lo stimato professore ricorda che per evitare un «danno erariale digitale», «si dovrà operare perché le leggi che attualmente promuovono lo sviluppo e l’adozione di software libero nella pubblica amministrazione siano rispettate».
«Attualmente, la maggioranza delle pubbliche amministrazioni del nostro Paese adotta software proprietario, in violazione dell’art. 68 del Codice dell’Amministrazione Digitale che consente l’acquisizione di software proprietario soltanto quando si sia dimostrata, con un’adeguata relazione comparativa, la convenienza di quella scelta dal punto di vista tecnico-economico, tenendo anche conto del livello di utilizzo di formati di dati e interfacce di tipo aperto». Meo aveva guidato la commissione governativa che aveva sollecitato queste linee guida.
Ribadendo il testo di una precedente lettera alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, dice: «Quasi tutte le scuole italiane adottano piattaforme statunitensi per la teledidattica, in chiara violazione delle norme nazionali e comunitarie per la sicurezza e la privacy (come il GDPR) come anche la recente sentenza della Corte di Giustizia Europea relativa al noto caso Schrems II e le posizioni del Comitato europeo per la protezione dei dati hanno ribadito con forza».
Ed è ancora più deciso quando dice che: «Nell’ambito delle attività finanziate con il fondo per la ripresa ‘Next Generation EU’, non possano essere riconosciuti i costi relativi a software proprietario. Per incentivare lo sviluppo di un’industria europea del software libero attuando gli scopi del fondo – che guarda alle generazioni future e ai valori dell’Unione Europea – si dovranno finanziare solo servizi relativi a software libero».
Ma non basta.
Il professore, cogliendo la sensibilità di operatori e associazioni come Assoprovider, afferma: «Noi sogniamo una rete neutrale e scalabile, nella quale l’identità e i dati di tutti i cittadini che vi accedano siano protetti “by design” e nella quale sono disponibili servizi distribuiti e federati». E conclude: «Ci vuole una rete nazionale della scuola che risponda a queste caratteristiche, utile anche ai fini della teledidattica».
Per tutti questi motivi chiede almeno 10 miliardi di investimento.
Non è solo, infine.
La lettera è firmata anche da alcuni dei più noti esperti del settore: docenti universitari come Mariella Berra, Maria Chiara Pievatolo, Renzo Davoli, Juan Carlos de Martin; avvocati come Giovanni Battista Gallus e Marco Ciurcina; attivisti come Giordano Alborghetti, esperti come Flavia Marzano e tante associazioni, da Libre Italia ad Assoli e Open Education Italia. Condividi: