Sorveglianza e controllo “mobile”
La mappa della censura nel mondo
Il confine di questi controlli si sposta da paese a paese e dipende dal clima politico e fatti sociali. Le tecniche più usate sono di carattere tecnologico, come i firewall, il reindirizzamento, gli attacchi informatici. Ma anche le minacce e le intimidazioni fanno la loro parte nel silenziare gli oppositori e la voglia di democrazia di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 31 luglio 2012
QUELLO della censura di Internet è un confine mobile. Nonostante le leggi che in molti stati consentono di controllare e limitare la libertà d’espressione sul web è difficile stabilire cosa viene censurato dei comportamenti online in un dato momento. La maggior parte delle tecniche di censura, note con il nome di “Peking consensus” sono un misto di tecnologie di filtraggio automatico e di controllori umani che individuano contenuti “pericolosi” per i regimi i quali eventualmente intervengono sia bloccando i siti, sia rallentando le connessioni che “spegnendo” la rete. Ma funziona anche attraverso intimidazioni, diffide giudiziarie e in certi casi con l’arresto e la tortura.
La decisione di censurare un sito o un comportamento online dipende dalla pericolosità percepita di certi contenuti da parte di polizie, servizi segreti e governanti, in relazione alla situazione politica. E’ chiaro che nelle situazioni di maggiore instabilità sociale, in occasione di manifestazioni pubbliche, di scontri e conflitti veri e propri, la necessità di oscurare contenuti scomodi aumenta per chi vuole preservare lo status quo. L’uso estensivo di Internet per mobilitare e organizzare le folle e per comunicare con la diaspora maghrebina fatto durante le insurrezioni arabe ha indotto diversi stati mediorientali a irriggidere le misure di prevenzione a un uso “non conforme” della rete.
Le tecniche. Blocco di interi siti, sequestro di blog, rimozione selettiva di contenuti e di parole chiave, reindirizzamento verso domini diversi da quelli cercati, sono le tecniche più usate insieme alle tecnologie di sorveglianza per individuare i cyberattivisti come il riconoscimento facciale, la trascrizione di telefonate via Internet o le intercettazioni ambientali.
Da un’analisi comparata delle diverse organizzazioni accademiche e non governative che se ne occupano le maggiori violazioni della libertà in rete riguardano Cina, Iran, Vietnam. E poi a seguire Siria, Arabia Saudita, Russia ed Emirati Arabi Uniti.
La maggior parte degli stati non vuole far sapere di ricorrere a tecniche di filtraggio, ma l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti pubblicano informazioni sulle loro pratiche censorie e inviano delle notifiche ai siti che oscurano. Paesi come la Cina invece fanno in modo che all’utente ritorni un messaggio di errore quando cercano contenuti vietati, mentre in Uzbekistan le homepage dei siti scomodi sono sostituite da avvisi di blocco del servizio a causa della pornografia anche quando non la contengono. Gli ISP uzbeki e quelli siriani in genere agiscono reindirizzando il traffico verso altri siti considerati innocui o sotto il controllo governativo.
Open Net Initiative. La OpenNet Initiative, un progetto di ricerca sulla censura e il controllo della rete che coinvolge Harvard e altre università, ha scoperto che sono coinvolti in differenti forme di censura ripetuta almeno 74 paesi. Il progetto ha individuato quattro tipologie di censura: Politica, Sociale, Tecnologica e di Sicurezza. Quella politica riguarda le opinioni contrarie ai governi, è collegata ai diritti umani e delle minoranze. Quella sociale riguarda la sessualità, la morale e i comportamenti legati ad alcol, droghe e gioco d’azzardo La censura tecnologica investe siti che offrono strumenti di comunicazione come email, telefonia Internet e strumenti di aggiramento dei controlli governativi 1.
In base a questa classificazione anche molti paesi democratici esercitano la censura. Ad esempio in Francia e Germania sono censurati i contenuti web che riguardano il nazismo a l’Olocausto, in Italia, sono censurati i siti che consentono la condivisione di file protetti da diritto d’autore, nei campus e nelle biblioteche pubbliche americane sono bannati materiali di carattere erotico.
In Bielorussia. L’Internet filtering per legge (Decree 60) aumenta ogni giorno. La blacklist dei siti bloccati include siti di news, di opposizione e delle Ong. La Birmania ha usato spesso la riduzione della connettività come strumento di censura, ma diversi siti tra cui YouTube, BBC, Reuters, sono stati riaperti al pubblico da poco. I motori di ricerca cinesi, umani e automatici, rimuovono tutti i riferimenti a situazioni di instabilità politica, quindi sia alla “Primavera Araba” che ad “Occupy Wall Street”. Blog e microblogs sono chiusi a decine e parole chiave come Egitto o “Gelsomino” (la rivoluzione dei gelsomini), bannate. Una legislazione draconiana punta a mantenere una “Internet sicura” per le generazioni future e proibisce la diffusione di “dicerie” che riguardano il governo. La Cina è campione mondiale nel controllo del traffico Internet e obbliga i cybercafè che non possono acquistare software di tracciamento a non dare il wi-fi gratuito.
La Malesia è uno dei paesi che ha sperimentato gli attacchi di negazione di servizio (Ddos) verso i siti di opposizione durante le campagne elettorali. L’arma più potente usata dal Governo è sempre l’accusa di diffamazione nei confronti di blogger e giornalisti indipendenti. Cause e risarcimenti sono tanto costosi da diventare un silenziatore. In Corea del nord Internet è qualcosa di cui la maggior parte dei cittadini non conosce neppure l’esistenza. Eppure ha una Intranet nazionale controllatissima e al Mirim College il Governo addestra pirati informatici per combattere la sua netwar con Corea del sud e Usa. Questo è il motivo per cui le informazioni che trapelano dal paese viaggiano su penne usb e cd contrabbandati al confine. E’ noto che la Siria ha sempre mantenuto uno stretto controllo sulle comunicazioni da prima delle proteste arabe, ma successivamente e fino alla attuale situazione di guerra civile ha sempre lavorato a limitare le comunicazioni rallentando la rete, soprattutto nei quartieri e nelle città degli oppositori al regime di Assad, in genere il venerdì, in occasione dei cortei e delle preghiere collettive. Il governo siriano è noto per aver acquistato molte tecnologie di sorveglianza dai paesi occidentali.
Herdict. Uno strumento molto utile per verificare lo stato dell’arte della censura si chiama Herdict 2, un progetto del Berkman Center for Internet & Society at Harvard University che usa il crowdsourcing per mappare in tempo reale il funzionamento della rete in termini di accessibilità delle sue risorse. Laddove le segnalazioni sono ripetute da molti utenti, aiuta a capire quali ne possono essere le ragioni.
(31 luglio 2012)