Un commissario donna all’Agenzia per l’Italia digitale
Dopo la decadenza di Agostino Ragosa arriva Elisa Grande a sistemare i conti dell’Agenzia e preparare la strada al prossimo direttore che sarà selezionato con un bando pubblico di prossima uscita
di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 2 giugno 2014
L’AGENDA DIGITALE riparte con un nuovo commissario all’Agenzia per l’Italia digitale (Agid). Sarà un decreto commissariale a dare a Elisa Grande, proveniente dai ranghi dell’amministrazione (capo del dipartimento per il coordinamento organizzativo della Presidenza del Consiglio), il compito di fare ordine – nel più breve tempo possibile – in Agid prima che venga bandita la selezione che per legge dovrà individuarne il nuovo direttore. Anche perché l’attuale numero uno, Agostino Ragosa, è di fatto decaduto dal primo maggio a causa di una serie di inadempienze amministrative, per non aver presentato il bilancio di previsione nei termini stabiliti dalle norme (legge 98/2011) mettendo di fatto l’agenzia nell’impossibilità di operare. L’interessato – sentito da Repubblica.it – si è detto all’oscuro del decreto e ha ribadito che ha in programma un incontro – domani pomeriggio – con il ministro Madia per discutere della strategia dell’Agenzia digitale italiana.
Una storia infinita questa dell’Agenzia per l’Italia digitale, cominciata ai tempi del decreto Digitalia e mai compiuta, cui forse solo il nuovo Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, potrà porre rimedio nell’ambito della più vasta riforma della Pubblica Amministrazione. Infatti, dopo la fusione in un unico organismo di quattro entità, l’Agenzia per l’innovazione, DigitPA, parte dell’Istituto superiore delle Comunicazioni (Iscom) e il Dipartimento per la Digitalizzazione e l’Innovazione della PA, l’Agenzia non è mai stata in grado di affrontare la sfida della realizzazione dell’Agenda digitale europea rispetto alla quale l’Italia è ancora in ritardo.
La nomina di Agostino Ragosa. La vicenda comincia con la nomina il 30 ottobre 2012 di Agostino Ragosa all’Agenzia che, sostenuto da Passera, la spunta contro il candidato del ministro Profumo, Mario Calderini, dopo una presunta selezione di oltre 200 specialisti. Ne saranno sentiti pro-forma solo cinque dei dieci della short list. Si prosegue con la scrittura da parte dello stesso Ragosa di uno statuto dove si immaginano società di scopo per gestire l’informatica pubblica, una dotazione organica diversa da quella stabilita dalla legge e la riconfigurazione delle competenze della vecchia DigitPa che cede le attività più importanti a Consip, cioè l’emissione dei pareri, e continua con una serie di rimpalli tra Agenzia, ministri competenti e Corte dei Conti fino all’approvazione della statuto pochi mesi fa.
Approvato lo statuto, il fiato sul collo all’agenzia lo fa però sentire il Dipartimento studi della Camera dei Deputati che in una analisi richiesta dal piddino Paolo Coppola certifica il fallimento della Road map immaginata fino ad allora: dei 55 adempimenti previsti per dare all’Italia un’ossatura digitale solo 17 sono stati realizzati alla fine di marzo 2014. È lo stesso studio che per la prima volta chiarisce le inadempienze del direttore Ragosa che porteranno alla sua decadenza.
La parentesi Caio. Tutto questo con una breve parentesi costituita dalla nomina di Francesco Caio a commissario del commissario dell’Agenzia con il compito di raccordare politicamente il braccio esecutivo dell’agenda digitale, cioè l’Agid, alla presidenza del consiglio guidata da Enrico Letta, e superare in parte il problema costituito dalla chiassosa cabina di regia di ben cinque ministeri. Caio, nominata una squadra di dodici persone lavora alacremente a realizzare tre adempimenti dell’agenda: anagrafe nazionale, identità e fatturazione elettronica. Tre provvedimenti vecchi di qualche anno che però con la sua direzione ottengono finalmente lo status di decreti e che gli tireranno la volata verso l’amministrazione di Poste Italiane.
I sindacati e la struttura ombra. Ma nel frattempo succede anche altro. L’agenzia viene accusata, nella persona del direttore, di aver creato una struttura ombra al suo interno per gestire extra legem una serie di partite delicate che vanno dalla riorganizzazione dei data center pubblici allo SPC, il Sistema Pubblico di Connettività, cioè la rete sicura di interscambio dati tra i centri nevralgici della pubblica amministrazione. Si tratta di accuse pesanti che prima arrivano agli organi competenti da un ignoto Francesco Torre, e poi sono riprese dai parlamentari dell’opposizione Palmieri (FI), Toninelli (M5S) e Migliore (SEL), poi addirittura da Cgil e Cisl che in tutta la vicenda avevano fino ad allora mantenuto un basso profilo e giungono anche sul tavolo del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. Per finire con la lettera del Ragioniere dello Stato che chiede proprio alla Madia, dal 28 febbraio ministro vigilante dell’agenzia digitale, di intervenire sulla base delle denunce del collegio dei revisori dei conti di Agid.
La decadenza del direttore, ribadita anche da una nota sindacale dell’UGL, è il motivo principale dell’imminente cambio ai vertici. E questo per un motivo molto semplice: la decadenza rende annullabile ogni decisione della direzione, anche l’ultima in ordine di tempo, cioè la determina della organizzazione provvisoria dell’agenzia che entrerebbe in vigore dal 9 giugno e che prevede 19 dirigenti di seconda fascia e altrettanti uffici senza passare alla valutazione degli organi competenti.