“Cybersecurity, investiamo in talento e innovazione”. Intervista a Walter Ruffinoni di NTT DATA
Intervista al Ceo di Ntt Data Italia, azienda di servizi IT specializzata in cybersecurity che dopo Tokyo e Palo ha deciso di investire a Cosenza e Napoli (con 300 assunzioni)
Arturo Di Corinto per Cybersecurity del 12 ottobre 2016
NTT Data, azienda giapponese di servizi IT ha deciso di investire in Italia. Il chapter italiano dell’azienda sta per chiudere un round di 300 assunzioni nel settore della cyber security e del software, un importante investimento in capitale umano tra Napoli e Cosenza.
Walter Ruffoni è l’attuale CEO di NTT Data Italia, con importanti esperienze all’estero. L’abbiamo intervistato per farci raccontare la filosofia che anima l’azione del gruppo nei mercati e tra le persone.
Ingegner Ruffinoni, entriamo subito in argomento. NTT DATA ha deciso di investire capitali e risorse nel nostro paese, ci dice perché proprio in Italia?
NTT DATA ha lanciato dai primi anni duemila una strategia di espansione internazionale e l’ingresso nel nostro paese ha rappresentato un importante tassello in questo contesto. I motivi che hanno portato l’azienda ad investire in Italia sono sostanzialmente tre: la dimensione del mercato ICT italiano, uno dei maggiori a livello mondiale, le competenze maturate dal nostro personale negli anni e la fiducia che importanti clienti italiani ci hanno accordato negli anni e che continuano a rinnovarci.
Dopo gli studi al Politecnico lei ha avuto una interessante carriera prima di arrivare a NTT DATA, ci racconta come ci è arrivato?
Ho avuto il privilegio di poter lavorare non solo nel nostro paese, dai primi anni 90 fino al 2000, ma anche in contesti internazionali, principalmente europei e americani, fino al mio ingresso in NTT DATA. E se c’è una cosa che ho imparato è quella che noi italiani non siamo secondi a nessuno per competenze e flessibilità e che non abbiamo nulla da temere dal confronto professionale con professionisti dell’IT di altri paesi.
Ho quindi deciso di cogliere la nuova sfida offerta da NTT DATA entrando a far parte di una grande multinazionale giapponese per guidarne il rilancio della filiale italiana. Il bilancio ad oggi è di grande soddisfazione, sia personale che professionale, anche e soprattutto, grazie alla visione e i valori condivisi anche dai giapponesi: visione di lungo periodo e grande attenzione alle persone.
Ci dice quanto è grande la sua azienda e qual è il rapporto di NTT DATA con la casa madre?
NTT DATA è parte del gruppo NTT, un colosso mondiale con 240.000 mila dipendenti, di cui 2.500 solo in Italia, ed un fatturato di 112 miliardi di dollari, e concentra in Calabria (Cosenza), in California (Palo Alto) e in Giappone (Tokyo) i suoi centri R&D. In Italia i nostri collaboratori sono dislocati su 8 uffici, e copriamo l’intera gamma di servizi e soluzioni IT che vanno dall’advisory services, con un focus sulla consulting e il digital, alla system integration, con una forte specializzazione sulla cyber-sicurezza. La collaborazione con Tokyo è continuativa soprattutto grazie alla nostra sede di Cosenza che con Palo Alto e Tokyo stessa fa parte del nostro network di Ricerca e Sviluppo. La disponibilità dei cosentini e dei molti giovani che ci lavorano ha anche garantito il fermento innovativo necessario per convincere l’azienda ad investire in progetti di ricerca con ottimi risultati.
Quali sono le grandi sfide che volete affrontare nel campo della cybersecurity?
La sicurezza è un tema che viene considerato sempre dopo che sono accaduti fatti spiacevoli. È necessario cambiare paradigma e considerarlo un asset strategico in grado di garantire la crescita di un’azienda o un’organizzazione. Con le evoluzioni tecnologiche si amplia il perimetro da difendere e le vecchie strategie di difesa non funzionano più. In pochi anni avremo decine di miliardi di oggetti connessi in internet ognuno un potenziale punto di ingresso di malintenzionati. Cosa fare? Un cambio di mentalità è alla base di una corretta strategia difensiva: la creazione di un sistema pubblico-privato capace di condividere le informazioni utili per la protezione dei sistemi tecnologici, la protezione dell’end user, troppe volte il reale anello debole della catena e ovviamente l’innovazione tecnologica sono gli ingredienti da cui partire.
Lei ha detto che la sicurezza informatica è un asset competitivo. Perché?
La più grande cyber-rapina del 2015, e probabilmente di tutti i tempi, è stata compiuta ai danni di oltre 100 istituti bancari appartenenti a più di 30 paesi del mondo, Italia inclusa, con un danno stimato di almeno 1 miliardo di dollari. Fin dalla fine del 2013 i cyber criminali responsabili dell’operazione “Carbanak” hanno infiltrato con tecniche di phishing diverse organizzazioni finanziarie, infettandole con malware realizzato ad-hoc. Grazie a questo malware i criminali hanno studiato attentamente le procedure ed i flussi interni delle banche colpite, riuscendo a sottrarre ingenti quantità di denaro tramite operazioni apparentemente lecite ed autorizzate.
La domanda potrebbe sembrare retorica. Ci dice in dettaglio perché ritenete importante sviluppare una cultura della cybersecurity? E da dove si comincia?
Consapevolezza ed educazione sono i due maggiori ambiti su cui lavorare con il cittadino: maggiori investimenti per aumentare la collaborazione del cittadino nella condivisione delle informazioni di cui è proprietario nel rispetto della privacy, al tempo stesso investimenti nell’educazione per evitare di condividere informazioni che paiono innocue e che in realtà possono essere usate per social engineering sono i primi passi importanti da fare.
Dal nostro Global Threat Intelligence report 2016 emerge che il cittandino è l’entry point degli attacchi, le infrastrutture critiche sono il target principale e tutte le organizzazioni che erogano servizi di interesse per lo stato sono implicate.
Questo è il motivo per cui avete deciso di investire anche nella comunicazione…
Abbiamo pensato che un blog come Cybersecurity su una piattaforma già affermata come Startupitalia possa aiutare ad aumentare l’attenzione sul tema. L’idea è che diventi un punto di forza per il panorama della cybersecurity in cui le persone possano informarsi e al tempo stesso formare la propria consapevolezza sulla delicatezza delle informazioni che generalmente vengono condivise sulle piattaforme social o web.
Quando parliamo di innovazione parliamo della rivoluzione digitale di cui i social media e le app sono attori protagonisti, ma dobbiamo pensare anche alle nuove applicazioni, alle nuove esperienze e ai nuovi servizi che vengono erogati in rete. Ecco, il tema sicurezza ha una valenza altrettanto importante: i dati acquisiscono sempre più valore e quindi dobbiamo essere in grado di difenderli e proteggerli dai malintenzionati.
Finiamo con una battuta: le piace di più il temine cybersecurity o sicurezza informatica?
Cybersecurity….suona più esotico anche se stiamo parlando della stessa cosa