Arturo Di Corinto
per L’Espresso del 25 settembre 2009
Pochi sanno che Internet ha un suo parlamento. La meeting hall è nel cyberspazio, ma i suoi rappresentanti, i netizen di tutti i paesi, si incontrano da cinque anni per discuterne il futuro nell’ambito dell’Internet Governance Forum, un evento patrocinato dalle Nazioni Unite. Da due anni su raccomandazione dell’Unione Europea, anche l’Italia ha creato un proprio IGF nazionale che si incontrerà a Pisa dal 5 al 7 ottobre per definire la posizione da portare all’IGF globale di novembre a Sharm al Sheik. All’evento pisano, aperto a tutti, parteciperanno coloro che hanno a cuore il futuro di Internet: aziende, singoli cittadini, comunità tecniche e governi. Il motivo di questi incontri è uno solo: garantire efficienza, stabilità e libertà dell’internet come la conosciamo, per modellarne la forma futura in ossequio ai principi di apertura e democrazia che ne sono all’origine. Infatti, nonostante l’importanza di Internet, diventata negli anni una piattaforma globale per il commercio, la produzione e le relazioni sociali, essa rimane una risorsa scarsa, nel senso che non tutti possono accedervi, per via del digital divide, politico, economico, culturale, di lingua e di genere. Inoltre Internet è costantemente esposta ad attacchi e mafunzionamenti che ne pregiudicano l’integrità e l’uso. Perciò a dispetto dell’importanza che le attribuiamo, raramente riflettiamo sul fatto che la gestione di Internet, la sua Governance, è un fattore cruciale per garantirne lo sviluppo e che, a dispetto di quello che sappiamo, sono soprattutto organizzazione tecniche e non governative che ne assicurano il funzionamento in base a un principio noto negli ambienti informatici: rough consensus and running code (consenso generico e software che funziona).
I pericoli per Internet però oggi provengono dagli stessi governi che dovrebbero tutelarla come dispositivo di relazione sociale: leggi che ne prevedono l’interdizione a chi è sospettato di scaricare file coperti da copyright, leggi che vogliono limitarne l’anonimato, leggi che vogliono trasformare i provider in cacciatori di taglie dei fan del peer to peer, leggi che vogliono trasformare i blog in testate giornalistiche e chiudere interi siti per un commento sgradevole o un parolaccia. In aggiunta a questo fra poco ricomincia a Bruxelles la discussione sul famigerato Telecom package che attenta al principio fondante di neutralità della rete: uguale accesso a tutti per qualsiasi contenuto.
I governi non sono sempre amici di Internet e spesso agitando lo spettro della pedofilia, del terrorismo e dell’industria del falso, vorrebbero imbrigliarne il potenziale di cambiamento sociale che la libertà d’espressione in rete consente.
Perciò se nelle scorse edizioni del’IGF globale, ad Atene, Rio De Janeiro, Hyderabad, si è parlato molto di sicurezza, privacy, infrastrutture, accesso, ma poco di ambiente, di dinamiche sociali, di rifiuti elettronici, sarebbe ora di parlarne e, considerati gli attacchi alla libertà di stampa e di espressione degli ultimi mesi anche in Italia, sarebbe ora di dire chiaro e forte ai governi: “giù le mani dalla rete”.