Agenda digitale, nessun commissario ma presto un nuovo direttore
I nuovi scenari dopo le dimissioni del numero uno dell’Agid, che resterà per l’ordinaria amministrazione sino a nuova nomina. Le divergenze col ministro vigilante, Marianna Madia. La spinta di Renzi di non rallentare ancora l’innovazione nel nostro paese, con la scelta probabile di un giovane manager proveniente dal mondo dell’impresa
di ARTURO DI CORINTO per Repubblica del 4 giugno 2014
CON IL CLASSICO colpo di teatro, Agostino Ragosa si è dimesso dalla direzione dell’agenzia per l’Italia digitale. Dopo i rilievi del ministro e la possibilità di essere commissariato, il “digital champion italiano”, si arrende e cede il posto. A renderlo noto un garbato comunicato del Ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia. Tutto questo al termine di giorni difficili che hanno visto il direttore dell’Agid impegnato in un duro scontro con lo stesso ministro venerdì mattina in cui sarebbero emerse differenti visioni circa la strategia dell’Agenda digitale e la contemporanea richiesta a Ragosa di fare un passo indietro, per finire con un incontro “pacificatore” ieri sera, incontro che lo stesso Ragosa ci aveva preannunciato.
Il comunicato conferma la disponibilità di Ragosa a rimanere in sella durante la transizione e lo ringrazia per il lavoro svolto, ma appare fin troppo evidente che il governo Renzi con questa decisione non solo ha ottemperato alla legge che vuole Ragosa decaduto per non aver presentato né bilancio né rendiconto (legge 98/2011), ma ha voluto segnare una netta discontinuità col passato fitto di ombre della stessa Agenzia.
Per questioni statutarie, liti tra ministri montiani e interessi aziendali nell’informatica pubblica italiana, l’Agenzia non era riuscita a centrare che pochi degli obiettivi della parte italiana dell’agenda digitale europea che, lo ricordiamo, era stata pensata nel 2010 per favorire competitività, sviluppo e occupazione spingendo sull’acceleratore dell’innovazione tecnologica. E infatti, in fin dei conti, quando Ragosa lascerà, lascerà in eredità il contributo a tre iniziative centrali dell’agenda digitale italiana: l’anagrafe elettronica nazionale, la Spid, cioè l’identità elettronica, e la fatturazione digitale. Tre progetti, agevolati ma non partoriti da Caio al tempo del governo Letta, la cui difficoltosa partenza potrebbe essere uno dei motivi del passo indietro chiesto al numero uno dell’agenzia digitale. Dal 6 giugno infatti, le fatture della PA vanno richieste e pagate in digitale per legge anche se né le piccole e medie imprese, né molti uffici pubblici sono pronti a farlo, motivo per cui l’ennesima circolare interpretativa del Ministero dell’Economia invita, “qualora impossibilitati” a fatturare digitalmente, a spedire le fatture come allegati della posta elettronica oppure a portarle in una chiavetta Usb al creditore (scuola, comune, etc.), ponendo notevoli problemi di gestione organizzativa di queste stesse richieste e ulteriori costi di gestione.
Perciò, se Ragosa ha offerto la propria disponibilità a restare ed assicurare una transizione indolore fino al successore, che dovrà essere identificato attraverso un bando pubblico, questo significa che non ci sarà un commissario a gestire l’ordinaria amministrazione come sembrava in un primo momento. Ma il successore? Secondo i rumors di palazzo ci sarebbero dei giovani manager vicini a Renzi provenienti dal mondo dell’impresa. Ma cosa dovrà fare il nuovo direttore? Intanto dovrà fare una organizzazione provvisoria e solo dopo i concorsi per i dirigenti, le gare e tutte le altre azioni necessarie a far ripartire la macchina organizzativa dell’agenzia. Stavolta passando per l’ufficio dei revisori dei conti e dello stesso ministro vigilante, Marianna Madia.