“Comunicazione-guerriglia”, un manuale per muoversi in una realtà dominanta dalla comunicazione
ARTURO DI CORINTO
Il Manifesto – 14 marzo 2001
Uno dei pilastri della società disciplinare è, secondo Michel Foucalt, l’ordine del discorso, ordine che stabilisce, tra le altre cose, chi ha diritto di parola e chi no in un dato contesto, e che riflette i modi dell’inclusione o dell’esclusione sociale stabilendo i criteri di appartenenza attraverso cui i gruppi sociali definiscono se stessi.
Sempre seguendo Foucault, l’ordine del discorso è un processo che si autoperpetua attraverso l’interiorizzazione di norme relazionali e regole sociali apprese nei luoghi della socializzazione primaria – casa scuola, famiglia, oratorio – e che, perfezionati sul luogo di lavoro, nei circuiti del consumo e nelle istituzioni totali, in genere sfociano nel conformismo, nell’autodisciplina e nel controllo reciproco.
Sovvertire l’ordine del discorso è alla base dell’idea del rovesciamento della “grammatica culturale” proposta dal libro Comunicazione-Guerriglia. Tattiche di agitazione gioiosa e resistenza ludica all’oppressione (DeriveApprodi, pp. 191, L. . 26.000).
Nel libro, Sonja Brunzels, Luther Blissett e l’autonome a.f.r.i.k.a. gruppe passano in rassegna i mille modi per rompere e superare i modelli della grammatica culturale dominante, descrivendo i principi ed effetti della “comunicazione-guerriglia” applicata ai temi di grande rilevanza politica come l’ambiente, la salute, la guerra, e la libertà d’espressione. Invalidare le strategie di produzione del consenso attuate dal potere, prefigurando una strategia delle tattiche che possa diventare patrimonio collettivo di resistenza culturale, è quindi il primo obiettivo della “comunicazione-guerriglia”.
La “comunicazione-guerriglia” usa le tecniche del detournment semiotico – l’affermazione sovversiva, lo sniping, il nome multiplo, il fake, il camouflage, il plagio e il collage – ma opera sulle base di due principi psicologici, lo straniamento e la sovraidentificazione.
Lo straniamento procede attraverso l’appropriazione di forme, idee e concetti preesistenti modificandoli quel tanto che basta per svelarne la seconda natura ed innescare un processo di riflessione critica sulla percezione delle cose. E’ il caso del Billboard Liberation Front che ha creato capolavori urbani intervenendo sulle pubblicità murali, dove “Obsession for Men” di Calvin Klein diventa “Recession For Man” o di quelli di Adbusters che hanno ridisegnato JO Camel, il vanaglorioso cammello testimonial delle omonime sigarette, in Jo Chemio nello scenario di un centro oncologico. E’ la stessa filosofia di quei buontemponi che hanno dipinto un naso da pagliaccio sui manifesti di Berlusconi.
La sovraidentificazione sposa invece la logica dominante di una relazione comunicativa per rimarcare valori e finalità implicite e nascoste del discorso. E’ il caso dell’assemblea operaia in cui contestatori impeccabili nella loro mise da finti e ricchi manager applaudono insistentemente il sindacalista che cerca di convincere le perplesse tute blu della necessità dell’intesa con la direzione. Lo straniamento è assicurato, se gli operai vedono i padroni d’accordo col sindacalista.
Un metodo per scomporre i meccanismi di costruzione mediatica della realtà è quello di inventare notizie false al fine di creare eventi veri. Allen Ginsberg durante un’azione di contestazione della guerra del Vietnam in un sobborgo di New York entra in un supermercato e urla che la guerra è finita. I poliziotti impegnati a disperdere la manifestazione solidarizzano coi manifestanti. Ma l’invenzione ha anche altre modi.
Come nel caso della telefonata all’Ansa in cui Luther Blissett sotto le mentite spoglie di Aldo Curiotto, portavoce della “Comunità Incontro”, dichiara trafelato che non c’è nulla di vero nella notizia di Don Pierino Gelmini accusato di traffico di video pedofili e fermato all’aeroporto con dei bambini asiatici. Il giornalista che non poteva conoscere la notizia essendo falsa, si affretta a comunicare ai colleghi di non tenere conto di segnalazioni di quel tipo, ma la competizione fra testate giornalistiche e la voglia di scoop avranno l’effetto di produrre titoli cubitali come: “Arrestato Don Gelmini/Calunniato per vendetta”.
All’interno di una realtà sociale incentrata sulla comunicazione, il libro sviluppa così il tema del “Caos comunicativo”, descrivendo le modalità del linguaggio performativo usato per rompere l’unità di spazio-tempo-azione della grammatica culturale, ricordarci che ogni informazione è al contempo deformazione e che i suoi effetti sono una variabile dipendente del soggetto che la interpreta in un contesto sociale. E quando si rompono le regole della comunicazione cambia la percezione dei suoi contenuti. Luther Blissett direbbe che si tratta di un libro di omeopatia mediatica.