Elezioni Americane. Intervista con Peter Phillips di ”Project Censored”
[Arturo Di Corinto]
Mediazone 14/10/04
Peter Phillips è professore di sociologia alla Sonoma state University in California. Da tempo dirige Project Censored, un gruppo di ricerca che da 27 anni si propone di ”promuovere il giornalismo indipendente”. A questo scopo il gruppo ha realizzato molti materiali che denunciano le storture del sistema dei media, successivamente raccolti sotto forma di ”rapporti”. Il report del 2003 è stato pubblicato in Italia dalla casa editrice Nuovi Mondi Media con un titolo significativo: ”Censura. Le notizie più censurate del 2003” pp.347 € 18.50). A partire dalla tesi contenute in questo lavoro l’abbiamo intervistato sul rapporto fra politica e media negli States.
Sul vostro sito c’è scritto: “La nostra missione è di educare i cittadini al ruolo del giornalismo indipendente in una società democratica e di raccontare le notizie che non fanno notizia e perchè”. Che significa?
Il primo emendamento della Costituzione americana che garantisce la libertà di stampa fu stabilito per massimizzare la conoscenza dei cittadini su temi critici per la società in cui vivono. Ai padri fondatori era chiaro che la Democrazia poteva essere conservata solo grazie a un elettorato informato. Oggi i quotidiani, insieme ai tre maggiori network televisivi ABC, CBS, NBC, e poi la CNN, MSNBC e la Fox, sono le principali fonti di informazione per la maggior parte degli americani, però i fatti del giorno, come pure i programmi di intrattenimento di queste ”imprese” sono prevalentemente gli stessi. Questa concentrazione delle fonti di accesso alla notizia lascia gli americani senza parametri critici e opinioni conflittuali.
Si spieghi meglio…
Negli Usa le questioni più rilevanti, quelle che impattano la maggior parte del paese restano perlopiù ignorate dai media. Ad esempio: perché 45 milioni di americani non hanno l’assistenza sanitaria? Perchè la povertà aumenta? Quali sono le vere ragioni – a parte il petrolio – per l’invasione e l’occupazione di Iraq e Afghanistan? Dopo le elezioni sarà ripristinata la leva obbligatoria? Qual è la verità che si cela dietro il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici? Perché il reddito di disoccupazione è solo il 60% di quello del 1968? Chi è il proprietario delle macchine elettorali elettroniche?
Ci sta dicendo che quello dell’informazione in un paese democratico come sono gli Usa è un sistema ”blindato”. Ma come influenza la società e la politica americane?
Ognuna delle questioni che dicevo, e molte altre ancora, influenzano direttamente ogni americano e la sua personale motivazione a partecipare al processo democratico. I media scelgono di non affrontare quelle questioni e ci tengono occupati con omicidi di gente famosa, coi processi di Michael Jackson e le presunte minacce di attentati terroristici.
Evitando gli argomenti rilevanti per la vita degli americani le imprese multinazionali dei media stanno indebolendo la democrazia negli Usa. Più della metà degli aventi diritto già non vota più. La maggior parte degli astensionisti ritiene infatti che il loro voto conti molto poco. Perciò non fanno lo sforzo di distinguere fra candidati circa i temi più importanti. E i media ”mainstream” non lo fanno per loro. Così accade che gli astensionisti vedono poca differenza fra i due partiti maggiori e tendono a ritenere che votare sia una perdita di tempo.
La politica dei media che punta a massimizzare i profitti svaluta la funzione pubblica di una stampa libera tagliando i costi e aumentando i contenuti di intrattenimento. Tutto questo produce un elettorato passivo che trova poche ragioni per lasciarsi coinvolgere, non solo cone elettori ma anche come attivisti politici.
Allora ci dobbiamo rassegnare?
No, dobbiamo chiederci Cosa possiamo fare noi per promuovere un’ampia riforma dei media e ampliare la partecipazione democratica. I consiglieri della lobby mediatica all’interno dell’amministrazione Bush si sono purtroppo impadroniti della FCC, la Federal Communication Commission (FCC), l’autorità che regola il settore. Guidata da Michael Powell, (il figlio di Colin Powell, ndr), la FCC ha provato a deregolamentre il mercato a favore dei grandi conglomerati innalzando il limite del tetto antitrust per favorire fusioni e acquisizioni di radio, televisione e giornali nello stesso territorio.
Alcuni membri del Congresso hanno temporaneamente bloccato la riforma ma necessitano del sostegno di tutti noi per continuare questa battaglia di democrazia.
La riforma dei media è proprio uno di quegli argomenti che i ”corporate media” ignorano e senza una forte mobilitazione pubblica, anche l’attenzione dei deputati è destinata a cambiare in prossimità delle elezioni. Dobbiamo esercitare pressione affinchè ogni città tuteli il pluralismo informativo a cominciare dalle notizie che ci permettono di essere correttamente informati per le prossime elezioni. Inoltre dobbiamo chiedere il finanziamento pubblico di ”news agencies” indipendenti e gestite dal basso sia a livello locale che statale.
Mr Phillips, lei parla del valore fondamentale delle agenzie di news indipendenti e basate sul territorio. Potrebbe commentare il sequestro dei server di Indymedia operato pochi giorni orsono dall’Fbi?
L’attacco del Fbi è indicativo del successo del network di Indymedia. La libertà d’informazione è un’idea dirompente quando viene applicata nel modo giusto, perciò i poteri noti e quelli occulti, i governi, faranno sempre di tutto per impedirla. Per questo dobbiamo rivendicare il nostro diritto all’informazione e difendere la libertà d’espressione in ogni forma, anche preparandoci a “cambiare canale” se diventa necessario. La democrazia è una cosa troppo preziosa per essere persa.
http://www.projectcensored.org