Costituzione universale
Arturo Di Corinto – da Rio de Janeiro
Il Sole 24 ore – Nova del 22/11/2007
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“Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”. Recita così l’articolo 19 della dichiarazione dei diritti umani, eppure ancora molta strada resta da fare per la sua piena attualizzazione. Il digital divide, la censura online, l’arresto di reporter indipendenti, gli attacchi alle infrastutture di comunicazione di paesi sovrani, le ripetute violazioni della privacy dei consumatori, la colpevole disponibilità di aziende famose nell’applicare filtri tecnologici ai contenuti prodotti dagli utenti, rendono questi diritti inesigibili nell’era della comunicazione globale in molti paesi, anche in quelli democratici. E’ questo il motivo per cui nell’ambito del World Summit of Information Society di Tunisi 2005 una serie di personalità italiane del mondo della cultura vollero dare vita con la dichiarazione Tunisi Mon Amour a un dibattito a tutto campo sulle libertà attuali e future di Internet facendone un tema di discussione per l’Internet Governance Forum di Atene 2006 e poi di Rio de Janeiro 2007.
Presentata inizialmente come una proposta di metodo per affrontare i nodi irrisolti del rispetto e dell’applicazione dei diritti umani in Internet e attraverso Internet, il Bill of Rights si è arricchito di contenuti attraverso le discussioni online aggregando progressivamente l’interesse e la partecipazione di un’ampia coalizione fatta di gruppi impegnati nelle tematiche della democrazia globale e dell’inclusione digitale. Pur senza esserlo, fin dall’inizio il Bill of Rights è stato interpretato come una sorta di Costituzione per Internet, ma somiglia di più a una carta di principi ispirata a quella parte delle costituzioni che enuncia principi fondamentali e non definisce organi e funzioni di governo. Una mossa saggia per evitare irriggidimenti e chiusure da parte di chi preferisce, con motivazioni opposte, una Internet non regolata per controllarne l’uso e la diffusione e viceversa per evitare il rischio di restringerne le potenzialità. Riconosciuta la bontà dell’iniziativa, in questo processo il governo italiano ha voluto coinvolgersi da subito e dopo aver creato un Comitato consultivo per la governance di Internet coordinato dal prof. Rodotà, ha convocato il Dialogue Forum on Internet Rights cui hanno partecipato a Roma le delegazioni di 70 paesi, singoli esperti e associazioni interessati a discuterne la proposta prima che i contenuti.
I temi in agenda del Bill of Rights non sono nuovi, appartengono alla storia delle avanguardie digitali del nostro paese e sono centrali nell’etica hacker, ma lo svilupo di Internet obbliga a ripensarli alla luce della comunicazione globale, costituendo essi la condizione necessaria per il libero dispiegarsi del diritto alla comunicazione e all’informazione in chiave digitale. Ma anche per garantire un novello diritto allo sviluppo dei popoli nell’economia della conoscenza.
Infatti, mentre l’innovazione tecnologica aumenta la produttiività della terra, del lavoro e dei capitali, riducendo costi e migliorando i prodotti, conoscenza e creatività sono sempre più importanti per la competizione nei mercati e Internet rappresenta la tecnologia chiave per consentire potenzialmente a chiunque di partecipare al progresso economico e sociale.
E’ nella consapevolezza di questo potenziale che i temi portati alla discussione dalla delegazione italiana hanno visto un ampio riconoscimento nella comunità internazionale. L’interoperabilità, gli standard aperti, la neutralità della rete, il software libero, la tutela della privacy, la protezione dei dati, l’accesso pubblico allo conoscenza e all’innovazione, i diritti dei consumatori, la concorrenza, ma soprattutto la libertà d’espressione e l’accesso universale sono centrali per garantire uno sviluppo della rete armonico e inclusivo, orientato allo sviluppo economico e della democrazia ma anche al dispiegarsi del potenziale umano. Un risultato importante frutto del paziente lavoro di relazione del comitato che con risorse assai modeste e scarso supporto diplomatico è riuscito a introdurlo nell’agenda del prossimo IGF New Dehli nel 2008 dopo che nell’ambito del Forum il ministro della cultura brasiliano Gilberto Gil e il sottosegretario italiano alle comunicazioni Luigi Vimercati hanno siglato un accordo di impegno reciproco per farne un tema centrale di discussione. Per un forum che non ha alcun potere decisionale e che non può istituire raccomandazioni vincolanti, è un risultato di tutto rispetto. Anche qui come per tutto l’IGF il valore non sta nei contenuti o negli scopi della “charta” ma nel metodo applicato, quello dell’autogoverno.