Il codice di navigazione
Arturo Di Corinto
Nova – Il Sole 24 ore
giovedì 22 maggio 2008
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Internet è come il mare, non lo puoi fermare, non lo puoi recintare. Tale convinzione, espressa in maniera ottimistica da uno dei padri di Internet, Vinton Cerf, si sta dimostrando inesatta. In senso positivo e in senso negativo. In senso negativo perchè abbiamo assistito negli ultimi mesi a numerosi episodi di censura, in Myanmar durante la rivolta dei monaci, in Cina, dove sono stati chiusi 18.000 siti Internet, in Egitto dove alcuni blogger sono stati arrestati. In senso positivo, perchè laddove qualcuno si approfitta del bene comune della rete, i suoi abitanti, i netizen, danno luogo a coalizioni dinamiche pronte a intervenire per ristabilire la sovranità popolare su Internet come sfera pubblica. E proprio di questo si è parlato martedì scorso a Roma al convegno dell’ISOC Il sistema Internet, verso la costituzione dell’Internet Governance Forum Italia con il ministro Brunetta e il professor Rodotà.
Il tema della governance della rete, infatti, per quanto abbia ricevuto scarsa attenzione a livello di sistema paese e nonostante la difficoltà degli utenti di aggregarsi per contribuirvi, è cruciale per il dispiegarsi delle sue potenzialità. Infatti, se alla base del funzionamento di Internet ci sono delle regole tecniche ormai stabilizzate – gli standard e i protocolli di comunicazione – non è lo stesso per gli usi che se ne possono fare, e che richiedono un approccio critico e consapevole. Perciò, forti della risoluzione del Parlamento europeo che il 17 gennaio scorso a Strasburgo ha ribadito l’importanza di un dialogo aperto a tutti gli interessati sulla natura di Internet e delle ICT come strumenti abilitanti della democrazia, confortati dall’invito dello stesso parlamento di costituire degli IGF locali, la sezione italiana dell’Internet Society ha voluto imprimere un’accellerazione al dibattito sulla scia dei precedenti IGF e della proposta italiana della Carta dei diritti di Internet.
I temi sono stati quelli noti dei diritti umani in rete, della sua sicurezza e stabilità, del multiculturalismo e del multilinguismo, e ovviamente della sua accessibilità, a cui via via se ne stanno aggiungendo altri come quelli delle carenze infrastrutturali e della scarsità dei nomi a dominio. Sorvolando però su un aspetto che spesso è dato per acquisito: e cioè se la rete sia un vero laboratorio di democrazia oppure no. Infatti, a fronte dell’evoluzione di Internet in dispositivo sociale di cooperazione, più d’uno oggi riflette su quali reali vantaggi porti tale collaborazione e ci si domanda se non stia producendo un ulteriore gap fra le avanguardie digitali e i digital-divisi, se l’anonimato favorisca la deresponsabilizzazione degli utenti e la democrazia del blog sia solo trivializzazione del discorso politico. Oppure se il web 2.0 stia realizzando un’economia della felicità globale piuttosto che la messa al lavoro dell’intelligenza connettiva a favore di imprese spregiudicate e monopoliste.
Ma forse è proprio per tali inquietudini che è ora di riflettere sulla presunta impossibilità di “regolare il mare” prima che Napoleone desse a un giurista sardo, Domenico Augusto Azumi, il compito di sistematizzare nel codice della navigazione le regole consuetudinarie. Un “codice della navigazione per Internet”, aperto e condiviso, sembra essere un buon tentativo di istruire una proposta da portare in dote al prossimo IGF globale di Hyderabad a dicembre.