Creare al tempo della conoscenza

prima pagina nova 31 luglio 2008
Creare al tempo della conoscenza
Arturo Di Corinto
Per IlSole24ore – Nova del 31 luglio 2008

Siamo nel 2065. Tutto lo star system – anche una stella del tennis come Anna Kournikova – ha il proprio ‘brand’ protetto da un sistema satellitare in grado di identificarne le contraffazioni e di eliminarle con un raggio laser dallo spazio profondo. Durante un viaggio non ufficiale sulla costa del Pacifico, la ‘vera’ Anna Kournikova viene identificata come un clone non autorizzato della tennista che viene immediatamente ‘terminato’ dal sistema. Si apre all’insegna di questo provocatorio racconto di David Rice l’incontro sull’Arte nell’era della proprietà intellettuale che è appena cominciato a Dortmund (www.hmkv.de).
Un incontro che invita a riflettere sul cambiamento della nozione di lavoro creativo in una società post-industriale dove le merci prodotte non sono più materiali ma immateriali. Merci che, fatte di conoscenza e informazione, possono essere riprodotte senza alcuna perdita e che per avere un valore vanno limitate nella diffusione con l’aiuto di leggi a tutela della cosiddetta proprietà intellettuale: cioè il copyright, i brevetti, i marchi industriali. Perciò la domanda esplicita di Dortmund è: come il sistema della proprietà influenzerà la nozione di creatività e il lavoro stesso degli artisti? Dovranno farsi assistere dagli avvocati nell’ora del travaglio creativo? A chi dovranno chiedere il permesso per attingere al patrimonio iconografico, musicale, artistico per spostare sempre più in là la frontiera del noto e del conosciuto? Saremo liberi di immaginare i mondi in cui vogliamo vivere liberi?
Dai primi vagiti della parola net.art, l’Arte del network per gli artisti, Internet art per i galleristi, gli artisti digitali riflettono su questi temi, li anticipano, li provocano, li interrogano. Ogni tanto questa discussione raggiunge i grandi giornali e fa parlare di sé ma il dibattito sembra confinato agli addetti ai lavori e al circuito dell’arte. Con una fortunata eccezione, il libro Net.Art. L’arte della connessione, di Marco Deseriis e Giuseppe Marano, appena ripubblicato dalla Shake edizioni, che, primo in Italia, ha sistematizzato il panorama e storicizzato il concetto di net.art.
Proprio per favorire l’emersione di tali tematiche, in Italia è nato uCAN, Centro di Ricerca e Documentazione sull’arte delle reti e delle culture digitali presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara. Il progetto, partorito dal vulcanico Tommaso Tozzi, hacker, net artista e professore dell’accademia carrarese, è la concretizzazione di un’idea di arte comunitaria, pacifista e libertaria che usa le reti, il digitale, la tecnologia e le telecomunicazioni come materia prima della propria espressività. Ed ha un obiettivo preciso: conservare la memoria delle molte sperimentazioni della scena digitale italiana ed internazionale con un progetto, Wikiartpedia (www.wikiartpedia.org), che fa il verso, artistico, alla più famosa Wikipedia. L’ambiziosa iniziativa viene coltivata attorno ad una serie di incontri, conferenze, luoghi performativi e percorsi didattici che ha progressivamente ricompattato nell’Accademia di Belle Arti di Carrara il network di personaggi, pratiche ed esperienze che animavano la nascente scena digitale italiana dei primi anni ‘90 (il gruppo Decoder, StranoNetwork, Giacomo Verde, Pier Luigi Capucci, Massimo Cittadini, Enrico Bisenzi, Mario Chiari e altri). Ma non di sola memoria si tratta. Con i temi e i personaggi raccolti intorno a uCAN si interseca e interagisce a Carrara la proposta formativa della Scuola di Nuove Tecnologie dell’Arte e del suo biennio di laurea in Net.art e culture digitali (www.accademiacarrara.it) le cui attività sono finalizzate a formare figure professionali specializzate nella creazione di comunità virtuali orientate a favorire lo scambio e la trasmissione di conoscenza e ad educare gli studenti alle arti multimediali, alla net.art e alle culture ‘liquide’ che avranno un impatto sulle trasformazioni sociali e culturali del futuro. Senza subirle, promuovendo nuova conoscenza, ma anche modelli di libertà, uguaglianza e fratellanza. No, non è lo slogan della rivoluzione francese, ma il motto di ogni hacker-artista che si rispetti.

Quando il bit fa Art
Si definisce net.art un’opera d’arte creata con, per e nella rete Internet. Si distingue per la compresenza di questi elementi:
• l’uso di linguaggi software;
• l’intenzione artistica/estetica di connessione fra più contenuti multimediali;
• l’interattività come elemento centrale;
• la fruibilità globale e la modificabilità totale
Secondo Lev Manovich, la net.art è “la materializzazione dei social networks della comunicazione su internet”. I suoi contenuti sono spesso irriverenti e ironici e la net.art ha da subito giocato con la parodia, con l’errore e con la destrutturazione delle pagine web, ricollegandosi alla tradizione di avanguardie e correnti artistiche come il Dada, il surrealismo, il situazionismo e la pratica degli happening interattivi. Il termine si fa risalire a Vuk Cosic, artista programmatore, che ricevuto un messaggio e-mail anonimo, incomprensibile e indecifrabile, lo tradusse dal linguaggio ASCII leggendovi la parola Net.Art. Era però una trovata dello stesso Cosic, e del suo gruppo: Jodi, Alexei Shulgin, Olia Lialina e Heath Bunting.

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