Strasburgo: è battaglia per cambiare il copyright
Due europarlamentari, Julia Reda e Isabella Adinolfi, sono le relatrici di due distinte e complementari proposte di riforma del diritto d’autore
di Arturo Di Corinto per Wired del 12 Febbraio 2015
Due giovani europarlamentari, Julia Reda e Isabella Adinolfi, sono le relatrici di due distinte e complementari proposte di riforma del diritto d’autore per armonizzarlo col digital single market europeo. Le loro relazioni, da poco depositate e leggibili, saranno alla base delle decisioni della commissione Ue per armonizzare il copyright nei 28 stati dell’Unione.
Partiamo dal principio. Le nostre Università sono costrette a ricomprare dai grandi editori il materiale che producono i propri docenti. Una decina di grosse multinazionali detiene il 90% di quello che viene prodotto a livello scientifico in Europa. E questo per le clausole di esclusiva che limitano la diffusione della ricerca, senza contare che il regime attuale delle eccezioni e limitazioni al diritto d’autore è pensato ed attuato in un mondo analogico. Volete un esempio? Queste clausole non si applicano al prestito digitale delle biblioteche. In aggiunta, le clausole di esclusiva territoriale nel settore del diritto d’autore, attuate attraverso politiche di geoblocking dei contenuti, impediscono la libera circolazione dei servizi in ambito Comunitario, discriminando i cittadini dell’Unione rispetto nella fruizione di dati, informazioni, cultura e conoscenza.
Ma due iniziative parlamentari potrebbero modificare questa situazione e cambiare il volto del copyright così come l’abbiamo conosciuto finora in Europa. Da quando il copyright, o meglio il diritto d’autore nei paesi di diritto continentale, è diventato un business multinazionale, spesso incapace di tutelare la diffusione delle opere dell’ingegno remunerando adeguatamente gli autori, i tentativi di farlo sono stati molti e in genere di scarso successo. Ma oggi, nella prospettiva di competere nei mercati più sulle idee (espresse in forma fruibile) che sulla manifattura di oggetti quotidiani, il tentativo non può che essere benvenuto.
A questo puntano infatti l’iniziativa della parlamentare tedesca Julia Reda e dell’italiana pentastellata a Strasburgo Isabella Adinolfi che hanno ben pensato di introdurre delle modifiche alla direttiva sul copyright restituendogli il suo senso profondo, garantirne un monopolio temporaneo per consentire l’avanzamento della società e consentendo agli autori di camparci.
L’iniziativa della Reda (relatrice della proposta per conto della Commissione Giustizia), punta ad armonizzare il copyright europeo fra i 28 stati membri, alzare il potere contrattuale degli autori, rendere copyright-free le opere finanziate dai governi. Quella della Adinolfi (relatrice per la Commissione cultura), punta a definire un “pubblico dominio” comunitario, allargare il campo delle “eccezioni e limitazioni” alla protezione rigida delle opere (a favore di biblioteche ed istituzioni educative), introducendo una sorta di fair use (equo utilizzo) sul modello americano e la modifica dell’equo compenso sulla copia privata.
L’idea non è nuova. Era stato lo stesso commissario europeo Neelie Kroess a parlarne già nel 2012 nel summit “Innovazione e Proprietà intellettuale” tenutosi a Lisbona nel settembre di quell’anno, quando aveva chiesto un ripensamento del copyright in un contesto sociale profondamente mutato rispetto alla legge europea di quindici anni prima (la direttiva 29/2001), «ultimo grande strumento sul diritto d’autore nell’Europa unita», emanata sulla base dei lavori preparatori che risalivano al 1998, quando «Mark Zuckerberg aveva 14 anni», «YouTube non esisteva» e «la maggior parte delle persone ascoltava musica alla radio, CD o nastro».
Secondo l’avvocato Fulvio Sarzana “Il carattere facoltativo delle libere utilizzazioni previsto dalla Direttiva attuale ha avuto un duplice effetto negativo: ha creato un ostacolo alla creazione dei servizi cross-border e dato adito a disparità di trattamento tra i cittadini della UE, in contrasto con il principio di non discriminazione.” Pertanto “La Reda e la Adinolfi, nel rispetto della Convenzione di Berna e dei trattati GAT-Trips e dell’Organizzazione Mondiale per il commercio (WTO), propongono correttamente non la creazione di nuove limitazioni ed eccezioni al diritto d’autore, bensì la loro applicazione obbligatorietà all’interno dell’Unione.”
Per l’estate prossima avremo la proposta definitiva del Parlamento Europeo, anche alla luce di nuovi pareri come quello del deputato verde Michel Reimon dove si sottolinea la necessità che possibili legislazioni restrittive sulla proprietà intellettuale siano supportate da dati inequivocabili provenienti dalle Istituzioni Comunitarie, non dalle ricerche commissionate dall’Industria, al fine di non legiferare nel mercato digitale unico sfavorendo la libera circolazione dei servizi. La Commissione europea presenterà invece le sue proposte a fine anno e dovrà necessariamente tenere conto politicamente di quanto emerso a Strasburgo.