Arturo Di Corinto – Rio de Janeiro 13 novembre 2007 – 19:00 local time
Mentre si discute di ICANN e nomi di dominio e i partecipanti si accalorano sui gradi di libertà possibili con l’adozione di protocolli d’intesa e regole tecniche condivise per lo sviluppo futuro di Internet, altri due temi emergono prepontemente in tutti i discorsi: la censura online e il copyright. Infatti se c’è un generale accordo sul fatto che la rete è un agente di progresso e che il suo motore è il libero scambio di informazioni, diverse sono le ricette proposte per potenziare le sue caratteristiche di apertura, libertà e indipendenza. I paesi che vogliono mantenere uno controllo politico, anche indiretto, della rete, da sempre dichiarano di volerlo fare per proteggere l’infanzia, gli adolescenti, le infrastrutture critiche e, soprattutto, la proprietà intellettuale. Ma non incantano più nessuno. Almeno al forum per l’Internet Governance di Rio Anzi. Un’associazione indiana, IT for Change, è arrivata a Rio con una proposta radicale: creare un indirizzo apposito per i contenuti di pubblico dominio. Gli indiani di It for Change argomentano che poichè è opinione generale che l’attuale sistema di governo di Internet favorisce in maniera sproporzionata gli interessi privati e la proprietà intellettuale, è tempo di ritrovare il giusto equilibrio tra la tutela della proprietà intellettuale e l’interesse pubblico generale in Internet. Come esempio di questo dato di fatto affermano, dati alla mano, che la distribuzione dei nomi di dominio è interamente basata su principi mercantili regolati da policy focalizzate quasi esclusivamente sulla protezione della proprietà intellettuale, come i marchi. E che nonostante i nomi di dominio siano una risorsa scarsa è più facile che essi vengano acquisiti da privati per motivi commerciali che dalla società civile e dai governi. E’ come se nella vita fatta di atomi e fisicità qualsiasi territorio potesse essere lottizzato e affidato preferenzialmente ai privati senza riservare alcuno spazio a piazze, caffè, parchi pubblici e librerie. La loro idea pertanto è semplice: l’Icann deve riservare un Top Level Domain (TLDs) esclusivamente per i contenuti di pubblico dominio dove indviduare le informazioni pubbliche derivanti dall’amministrazione degli stati, i contenuti prodotti con finanziamenti governativi, il patrimonio culturale e intellettuale e tutte le informazioni scientifiche e tecnologiche (come il database del genoma umano) incluse le conoscenze tradizionali e i contenuti generati dagli utenti per i quali i creatori non rivendicano diritti economici. E’ solo una provocazione?