La Repubblica: “Fatturazione elettronica, anagrafe, id digitale: i conti non tornano”

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Cottarelli prevede risparmi di circa 4 miliardi dalla spending review della Pubblica amministrazione digitale. Ma i numeri – dicono i sindacati – appaiono fantasiosi. E i benefici in termini di trasparenza, innovazione e operatività della PA potrebbero non arrivare. Chiaramonte (Cgil): “E’ ora che Renzi si muova”

di ARTURO DI CORINTO  per La Repubblica del 2 aprile 2014

IL COMMISSARIO alla spending review Carlo Cottarelli ha previsto un risparmio di diversi miliardi di euro dalla digitalizzazione della Pubblica amministrazione. Grazie anche alle riforme attribuite a Francesco Caio in qualità di commissario all’agenda digitale e cioè: fatturazione elettronica, anagrafe nazionale, identità digitale. Ma, almeno per questo settore, le aspettative potrebbero non corrispondere alla realtà, come denunciano i sindacati. In un comunicato congiunto la Cgil e la Cisl nazionali del comparto Funzione pubblica, scrivono: “L’Agenzia per l’Italia Digitale dovrebbe essere la testa d’ariete di una rivoluzione tecnologica, mentre è priva di risorse e personale. Rischia di essere illusoria la previsione di 3,6 miliardi di risparmi entro il 2016 formulata dal commissario Cottarelli, vista l’assenza degli investimenti necessari alla digitalizzazione e modernizzazione degli apparati dello Stato”.

E infatti – denunciano i sindacati – i conti non tornano. Anzi, proprio la fatturazione elettronica potrebbe essere la dimostrazione di come i precedenti governi abbiano caricato di eccessiva enfasi l’agenda digitale e, al tempo stesso, non gli abbiano dato le gambe per camminare. Vediamo perché.

Tanto per cominciare, non si sa in base a quali parametri si sia definito un risparmio di 935 mln di euro dalla direttiva sulla fatturazione elettronica. Ammesso che la fatturazione elettronica produca quel risparmio, forse non partirà il 6 giugno, nonostante Agostino Ragosa, il direttore Agid, ci abbia rassicurati del contrario. Perché potrebbe non partire? In fondo l’obbligo della fatturazione elettronica è stato definito nel 2007 (legge finanziaria per il 2008) e dal successivo decreto attuativo dm n. 55 del 3 aprile 2013. Quindi dovremmo essere pronti da tempo, e tuttavia nella banca dati IPA solo una parte delle 22.000 amministrazioni coinvolte hanno indicato i codici ufficio a cui le aziende devono inoltrare le fatture per essere pagate: in assenza di questo codice, il sistema di controllo centrale respingerà la fattura perché priva del destinatario.

Perciò i sindacati nazionali, sulla scorta delle denunce del sindacato interno, chiedono al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, “un impegno concreto a partire da risorse immediatamente spendibili”, di organizzare subito il personale dell’Agid e di allocare risorse che pure ci sono (quelle europee sono miliardi), come risulta dai verbali dei revisori dei conti dell’Agenzia. Il problema è che l’Agid ad oggi non ha ancora un bilancio di previsione, e senza di esso è difficile immaginare che si possano perfino iniziare delle attività.

fanno discutere anche i numeri derivanti dal presunto risparmio per non dover più pubblicare i bandi di gara sui giornali, obbligo abolito nel 2009 e reintrodotto dal ministro montiano Passera. La nuova normativa richiede la pubblicazione solo su siti internet con riduzione del costo di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Nel 2012 il Mnisstero delle Finanze su questo capitolo prevedeva risparmi per 75 milioni all’anno, oggi Cottarelli mette in bilancio 200 milioni di risparmi. Da dove tanta differenza, atteso il fatto che le gare si vanno anche riducendo in numero e in importo?

Lo stesso vale per il mercato elettronico della PA e dell’e-procurement per il quale il commissario ha previsto risparmi pari a 0,8 miliardi nel 2014, 2,3 nel 2015 e 7,2 nel 2016.  DigitPA, oggi Agid, ha in diverse occasioni segnalato la necessità di abbassare i valori di gara (che se “gonfiati”, “producono” più risparmi), per renderli più aderenti al mercato e favorire la concorrenza. Ammesso che sia accurata la previsione fatta, forse si risparmierebbe di più con l’accreditamento di piattaforme private per il “mercato elettronico ICT” delle PA (previsto dal decreto “Del Fare”). Queste farebbero concorrenza alla Consip, la centrale d’acquisto della PA, e garantirebbero un mercato elettronico più efficiente perché concorrenziale.

Insomma, anche sugli altri fronti si è fatto molto poco. Risparmi e investimenti previsti sembrano equivalenti o sono aleatori, e la vera utilità dei provvedimenti dell’agenda digitale, cioè maggiore trasparenza, spinta tecnologica, riprofessionalizzazione degli operatori e rimodulazione dell’operatività della PA, rischiano di essere vanificati da disattenzione e immobilismo. Per questo ha detto il segretario nazionale della Funzione Pubblica Cgil, Salvatore Chiaramonte: “È ora che Matteo Renzi verifichi lo stato di attuazione dell’agenda digitale e avvi azioni coerenti rispetto agli investimenti necessari, visto che i tagli non aiutano a far ripartire la macchina amministrativa”.

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