Tra frequenze e copyright
valzer di poltrone all’Agcom
Il presidente in scadenza Corrado Calabrò vuole varare il discusso regolamento sul copyright. Ma non sarà facile. Così si guarda al prossimo consiglio. Che oltre che di diritto d’autore, dovrà occuparsi di due temi scottanti in un anno elettorale, e cioè di frequenze tv e par condicio. E tra i nomi che si fanno ci sono quelli di Roberto Viola e Deborah Bergamini di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 16 aprile 2011
ROMA – Il 4 aprile Corrado Calabrò ha affermato che varerà il tanto contestato regolamento sul copyright. Il presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha dichiarato di volerlo fare “al di là delle sue propensioni personali”, perché glielo chiedono quattro commissari (Martusciello, Mannoni, Savarese e Napoli) su otto presenti in consiglio. E questo potrebbe accadere alla prima riunione utile, quella del prossimo giovedì 19 aprile.
La dichiarazione, resa davanti alla Commissione d’inchiesta bicamerale sulla contraffazione e la pirateria, rovescia le dichiarazioni del giorno di primavera quando, in un’audizione al Senato richiesta da Luigi Vimercati e Vincenzo Vita, Calabrò aveva sostenuto di essere in attesa del via libera mai arrivato del governo per varare il regolamento. Eppure Calabrò sostiene di essere pronto a licenziare la delibera. Secondo il vicepresidente della commissione d’inchiesta che ha audito Calabrò, Vico Ludovico (PD), il presidente Agcom soffrirebbe della “sindrome di un fine mandato senza risultati” e questo sarebbe il motivo della sua accelerazione. Ma probabilmente è una spiegazione molto generosa.
Tra i sostenitori di una estensione delle norme esistenti sul diritto d’autore (con aggravio di sanzioni e corresponsablità dei provider) e i sostenitori di una riforma del diritto d’autore stesso, l’abisso è fatto di cifre: per gli uni si perderebbero miliardi di euro in mancati introiti e tasse non pagate, per gli altri di dati gonfiati che non tengono conto dei cambiamenti sociali e tecnologici relativi al consumo di film, musica e software che la lobby pro-copyright però contesta. Salvo poi dover leggere i dati dell’incremento delle vendite di musica online (gli italiani col tablet sono secondi nel mondo) e vedere sciorinata una tesi peculiare – “L”industria della musica favorisce l’innovazione” – come ha fatto la Fimi in un comunicato 13 aprile.
Queste schermaglie continueranno e sembra difficile che il draconiano provvedimento minacciato da Calabrò veda la luce prima della scadenza dell’attuale consiglio Agcom e perciò la sfida si sposta sulla nuova composizione del consiglio. Perché? Il nuovo consiglio Agcom oltre che di diritto d’autore, dovrà occuparsi di due temi scottanti in un anno elettorale, e cioè di frequenze tv e par condicio.
Sulle frequenze tv la battaglia non è chiusa. Nonostante le intenzioni dichiarate di Passera di annullare il beauty contest che regala frequenze pregiate a Rai e Mediaset, il cui decreto sarebbe in arrivo guarda caso il giorno 19 aprile, il nuovo Codice delle comunicazioni prevede che un’ottima frequenza, finora utilizzabile solo per la tv su cellulare ma che presto servirà anche per il digitale terrestre, venga comunque data a ciascuno dei duopolisti quasi gratis in ottemperanza al criterio di neutralità tecnologica. I ricorsi sono tuttavia già pronti: quella destinata a Rai è peggiore di quella per Mediaset.
Perciò i nomi e gli interessi rappresentati in Agcom diventano cruciali per le politiche di regolazione future. I nomi in corsa sarebbero quelli di Roberto Viola, segretario generale di Agcom e presidente del gruppo dei regolatori europei dello spettro radio ed Enzo Pontarollo, economista della Cattolica di Milano, siede nel cda della Fondazione Bordoni. Ma questo solo perché sarebbe tramontata la candidatura di Catricalà che per avere la nomina avrebbe abbandonato il posto di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e di Fabio Colasanti, già apprezzato collaboratore di Monti all’Unione Europea e direttore generale della Società dell’Informazione che però si è detto non disponibile per motivi familiari. Roberto Viola, già candidato a fare il ministro delle Telecomnicazioni nel totonomine di novembre scorso, è lo stesso delle intercettazioni in cui un membro Agcom dimissionato, Innoncenzi, lo rimproverava di non fare abbastanza per bloccare Michele Santoro sul caso Mills.
Fra tanti “tecnici” però i partiti non rinuncerebbero a indicare le loro preferenze per i commissari Agcom ridotti a soli cinque dai nove che erano. E così spuntano i nomi di Antonio Sassano docente all’Università Sapienza di Roma, esperto di radiofrequenze (ne fece il piano nel 2010), consulente di Agcom e già direttore generale della Fub (di fatto braccio operativo del Mise sul tema comunicazioni) non sgradito a una parte del PD e non amato dall’altra; Rodolfo De Laurentiis, già deputato Udc e consigliere di amministrazione Rai da ricollocare, e Deborah Bergamini. Quest’ultima, berlusconiana di ferro, criticato direttore marketing Rai e appartenente alla struttura Delta (che avrebbe lavorato a favorire Mediaset dall’interno della Rai) e oggi deputato Pdl ma anche vicepresidente della Commissione anticontraffazione che ha sentito Calabrò. Siamo alle porte di un ennesimo valzer di poltrone, intricatissimo, perché da nominare ci sono anche i vertici dell’Autorità per la privacy (si era parlato perfino di Brunetta come garante), con Giovanni Buttarelli ex segretario generale dell’Autorità di piazza Montecitorio e stimato magistrato in pole position per la presidenza.
Perciò la Open Media Coalition rilancia l’iniziativa Vogliamo Trasparenza con una richiesta senza precedenti: l’accesso agli atti, ai sensi della legge 241 del 7 Agosto 1990, in merito al procedimento di nomina del Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Il 13 aprile infatti, la coalizione, a cui ha appena aderito la Federazione Nazionale della Stampa, ha chiesto di intervenire nella fase istruttoria e conoscere i curricula delle personalità “di alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore”, candidate a ricoprire la carica di Presidente dell’Autorità per le comunicazioni. A molti osservatori non basta. Vogliono capire il “programma” dei candidati e avere la certezza che che abbiano come unico mandato di salvaguardare l’interesse generale e lo sviluppo democratico del panorama digitale italiano.