La Repubblica

Privacy e comunicazioni, la politica ha scelto. Ecco le nomine

Stanzione tuttavia non è una testa di legno ma un rispettato giurista e professore universitario di diritto privato che a fine carriera è arrivato a insegnare alla Link Campus University di Roma e ha un curriculum di tutto rispetto. Anche gli altri sono candidati blasonati. Agostino Ghiglia, giornalista, che ha sostituito La Russa, e Ginevra Cerrina Feroni. Se guardiamo le competenze di ciascuno in materia di privacy è però Guido Scorza la punta di diamante del collegio. Avvocato, blogger, docente a contratto, si occupa da sempre di privacy e libertà d’espressione. Avrebbe superato le ritrosie di quanti nei Cinquestelle volevano il professore Oreste Pollicino solo per l’indisponbilità di quest’ultimo.

Infatti, a dispetto di quanto accaduto per gli altri partiti, i Cinquestelle è da un anno che convocano ed esaminano i curricucula dei 357 concorrenti al posto di commissario. Attualmente Scorza è in forza al Dipartimento per la Trasformazione digitale dove si occupa di  affari legali per conto del Ministro Paola Pisano. Andando alla privacy lascerà una casella vuota. Non ce l’ha fatta invece Monica Palmirani, stimata docente bolognese di Informatica Giuridica che molti vedevano bene al posto di Scorza. E proprio questo sbilanciamento verso un’Autorità al maschile ha determinato una forte posizione polemica di Fratoianni (Leu) e Boldrini. Ma non è solo una questione di genere.
Nonostante la nomina parlamentare, il Garante privacy è un’importante autorità di controllo, che in questa fase deve attuare in Italia il regolamento generale sulla protezione dei dati personali, la famosa Gdpr e, grazie ai precedenti presidenti, Stefano Rodotà, Francesco Pizzetti e ultimo, Antonello Soro, non è mai stata una semplice ancella della politica.

Come ricorda il sito di OpenPolis, basti pensare che  tra il 2014 e il 2019 l’Autorità ha prodotto 202 notizie di reato all’autorità giudiziaria e inflitto milioni di multa a Google “Street view” (1 milione di euro), a Tim per un caso di data breach risalente al 2013, a Facebook per il caso Cambridge Analytica, e perfino alla creatura dei Cinquestelle: 50mila euro all’associazione Rousseau per mancanza di adeguate misure per la protezione dei dati personali degli iscritti alla piattaforma. Pochi giorni fa ha comminato una multa di 600mila euro di multa alla banca Unicredit per un data breach che ha interessato informazioni e credenziali (nome, cognome, indirizzo, datore di lavoro, propensione al rischio) di 700mila piccoli risparmiatori.

Le nomine dell’Agcom

Clandestino è stato il percorso delle nomine per l’Agcom, creatura da sempre sotto la spada di Damocle del duopolio televisivo, molto criticata in passato per le posizioni pro-copyright del suo ex-presidente Angelo Cardani, ma che non ha mancato, con gli ultimi componenti, Antonio Nicita e Mario Morcellini (di area progressista), di occuparsi con efficacia sia di alcune storture del servizio pubblico che di temi emergenti come fake news, bot e intelligenza artificiale nel nuovo panorama informativo.

Al contrario del Garante Privacy, che aveva attivato una procedura di autocandidatura pubblica e trasparente, non si sa bene da dove vengano e come siano stati individuati i componenti del collegio il cui presidente dovrà essere indicato da Giuseppe Conte, d’intesa con il Ministro dello Sviluppo Economico, a valle di un parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti e infine nominato con decreto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il nome scelto sarebbe quello di Giacomo Lasorella, vicesegretario generale della Camera, fratello minore della nota giornalista televisiva Carmen Lasorella che avrebbe scalzato il professore Alberto Gambino dell’Università Europea di Roma.

L’Agcom ha il compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare il pluralismo (i.e. la par condicio televisiva) e le libertà fondamentali dei cittadini nel settore delle telecomunicazioni, dell’editoria, dei mezzi di comunicazione di massa e nelle poste. Un’azione deficitaria secondo molti osservatori che in questi anni gli hanno rimproverato eccessiva morbidezza nei confronti di nuovi attori di mercato che hanno tolto importanti risorse pubblicitarie all’industria dei media italiani.

Adesso con Elisa Giomi, docente di sociologia dell’Università Roma Tre, sostenuta da Vito Crimi, e poi Antonello Giacomelli, giornalista, franceschiniano ed ex sottosegretario alle Telecomunicazioni, Enrico Mandelli insieme a Laura Aria, dirigente di lungo corso dell’Autorità, sostenuta oggi da Forza Italia, il collegio Agcom avrà il difficile compito di riequilibrare le fortune italiane delle piattaforme digitali rispetto ai campioni nazionali Rai e Mediaset e agli altri editori. Diventate produttrici di contenuti e non più soltanto piattaforme pubblicitarie, all’indomani di un miliardo di investimenti annunciati in Italia da Google (la cui capofila Alphabet è proprietaria di Youtube), i membri dovranno occuparsi anche delle nuove frontiere della comunicazione, quelle fatte da social bot, intelligenze artificiali, youtuber, creators ed influencer che si sbracciano su Facebook come su TikTok.

I detrattori delle varie fazioni rimarcano comunque l’enormità degli emolumenti per i nominati – il presidente della Privacy guadagnerà 240 mila euro, mentre i componenti il 30% in meno, quello dell’AgCom circa 300mila. Ma, come dice a Repubblica il presidente della Federazione Nazionale dei Giornalisti FNSI, Beppe Giulietti, non dovrebbe essere questo oggetto di dibattito quanto il fatto che “Candidature e nomine sono avvenute in un silenzio assordante, senza alcun dibattito pubblico e senza coinvolgere sindacati, associazioni e portatori di interesse in maniera trasparente. Voglio ricordare che le Autorità dovranno vigilare su un importantissimo articolo della Costituzione, il numero 21 che tutela la libera manifestazione del pensiero”. Secondo Vincenzo Vita ex sottosegretario alle Comunicazioni: “É evidente che su Agcom è ancora vivo e vegeto il patto del Nazareno, anzi – aggiunge – le nomine hanno il sapore dell’Unità nazionale, cioè un governo di larghe intese.”