Wired: Perché abbiamo bisogno di una Carta dei diritti di internet

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Nel silenzio quasi totale si è chiusa la consultazione online voluta da Laura Boldrini per chiarire la posizione italiana sulla rete. Ecco perché è fondamentale portarla avanti

di Arturo Di Corinto per Wired del 3 Aprile 2015

Nella quasi totale indifferenza della politica si è da poco conclusa la consultazione online per una Carta dei diritti di internet e si sono chiuse le audizioni parlamentari dei soggetti invitati a commentarla.

L’iniziativa, voluta dalla presidente della Camera Laura Boldrini, ha come obiettivo indicare al Parlamento e al governo la strada da seguire per definire una posizione italiana nel dibattito mondiale che riguarda la governance di Internet relativamente ai temi della privacy, della sicurezza, dei diritti esercitati in rete e attraverso la rete. E proprio perchè tratta di governance, cioè di gestione condivisa e partecipata, e non di governo imposto dall’alto, la presidente Boldrini ha cercato di coinvolgere tutti gli stakeholder, cioè i portatori di interesse: enti, istituzioni, imprese, associazioni e cittadini.

Questi ultimi hanno espresso online circa 600 opinioni critiche e informate sulla carta, che ha visto circa 15mila accessi alla piattaforma di consultazione producendo 20 nuove proposte che dovranno essere sintetizzate successivamente insieme ai suggerimenti venuti dalle audizioni nella quali sono stati ascoltati soggetti come Agcom, i Giuristi telematici, il think tank giuridico Media Laws, l’associazione articolo21, Openpolis e diversi esperti come l’avvocato Guido Scorza. Il saldo delle opinioni fa pendere la bilancia verso una valutazione complessivamente positiva della bozza messa in consultazione e gli articoli più commentati sono stati relativi al diritto all’oblio e alla neutralità della rete.

Nonostante questo, l’oblio mediatico è stato quasi totale. E dire che mai come nei mesi precedenti le notizie legate alla rete e al suo potere di riconfigurare i comportamenti sociali hanno conquistato il dibattito pubblico: dall’uso dei social network da parte dell’Isis alle decisioni di Obama sulla neutralità della rete, dalle proposte di riforma del copyright al mercato unico digitale europeo fino alla legge sulla diffamazione a mezzo stampa, tv e web. Per finire poi con la proposta del governo Renzi di entrare nel computer dei cittadini a loro insaputa piazzandogli dentro dei software spia come misura antiterrorismo.

E tutto questo mentre appare sempre più chiaro il ruolo di assopigliatutto dell’economia immateriale di soggetti che in Italia non pagano nemmeno le tasse come Google e Facebook, veri proprietari dei dati personali con i quali entriamo in rete e poi intratteniamo relazioni ludiche, commerciali e professionali.

La Carta, pur non esaustiva, affronta e anticipa invece proprio molti dei problemi che questi fatti citati pongono al legislatore, ai cittadini e alle istituzioni. Fatta di quattordici articoli, dal diritto di accesso alla tutela dei dati personali fino alla neutralità della rete e al diritto all’educazione, ha chiaramente al centro i diritti della persona e costruisce nelle sue definizioni una sorta di diritto costituzionale ad usare Internet in maniera libera e sicura.

Perciò è importante. Per esempio, se la Carta avesse un valore di indirizzo per il Parlamento italiano sarebbe stato possibile proporre la violazione del domicilio informatico per il sospetto di un reato non legato al terrorismo o alla mafia? E per le intercettazioni digitali? Forse no, perché nella Carta c’è un articolo specifico che dice che “Le raccolte di massa di dati personali possono essere effettuate solo nel rispetto dei principi e dei diritti fondamentali.” e addirittura l’articolo 6 definisce “l’inviolabilità dei sistemi e domicili informatici“.

Oppure, come si sarebbe potuto inserire in maniera tanto maldestra il diritto all’oblio di un soggetto assurto alle cronache nella legge sulla diffamazione via web se “Il diritto all’oblio non può limitare la libertà di ricerca e il diritto dell’opinione pubblica a essere informata“, come prevede l’articolo 10 della bozza?
E il dibattito sulla possibilità delle telecom di creare corsie preferenziali a pagamento per il proprio traffico internet favorendo magari i video di Netflix invece che i blog antimafia, come si sarebbe coniugato all’articolo 3 della carta che afferma “Ogni persona ha il diritto che i dati che trasmette e riceve in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in relazione al mittente, ricevente, tipo o contenuto dei dati, dispositivo utilizzato“?

A guidare la commissione che dovrà sintetizzrae i contributi della carta c’è Stefano Rodotà, pluripremiato ex Garante della Privacy, e genuino assertore della libertà della rete che da sempre sostiene la primazia dei diritti della persona rispetto agli appetiti commerciali delle aziende e l’importanza della riservatezza rispetto alle logiche della sorveglianza. Basterà?

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