In realtà da quando ha vinto la corsa a sindaco di New York, Adams ha parlato a più riprese di abbracciare Bitcoin e il più ampio settore delle criptovalute impegnandosi a rendere New York City “il centro dei Bitcoin”, e sempre lui aveva affermato in campagna elettorale che a Brooklyn, dove è stato presidente di distretto, negli ultimi 10 anni c’era stato un aumento del 356% delle startup tecnologiche che lui vuole moltiplicare sburocratizzando l’economia cittadina. Fintech
In New York we always go big, so I’m going to take my first THREE paychecks in Bitcoin when I become mayor. NYC is going to be the center of the cryptocurrency industry and other fast-growing, innovative industries! Just wait!— Eric Adams (@ericadamsfornyc) November 4, 2021
A Miami già esiste una criptovaluta cittadina, il MiamiCoin, ma probabilmente l’annuncio del sindaco Dem intercetta un cambiamento di umore degli americani verso il settore delle cryptocurrency: da quando la Cina ha dichiarato guerra alle criptovalute, accusandole di minare la stabilità finanziaria del Paese, gli investitori hanno ricominciato a guardare agli Stati Uniti come epicentro della produzione di monete digitali che necessitano di notevoli investimenti tecnologici per produrle (il cosiddetto mining) e di parecchia energia, forse proprio quella invenduta che le centrali nucleari americane potrebbe fornire. Un cambio di passo che ha un significato geopolitico: riportare e mantenere in Nord America la potenza computazionale prima trasferita all’estero.
Uno studio universitario del Cambridge Center for Alternative Finance ha dimostrato che in seguito al giro di vite delle autorità cinesi la quota nazionale della potenza dei computer collegati alla rete Bitcoin globale, nota come Hash Rate, in Cina è scesa dal 75% del 2019 al 44% di maggio 2021 fino a quasi azzerarsi nel mese di luglio. Una caduta che è causa ed effetto della fuga di minatori e imprenditori di criptovalute verso altri Paesi crypto-friendly, con la conseguenza che gli Stati Uniti adesso rappresentano il primo Paese al mondo per potenza computazionale globale, possedendo circa il 35,4% del tasso di hash, la misura di questa potenza informatica, seguiti da Kazakistan e Russia.
Come si creano le criptomonete
Ricordiamo che la moneta virtuale non è altro che il risultato di un algoritmo e che ogni Bitcoin viene creato (o estratto) da computer ad alta potenza, di solito in data center in diverse parti del mondo, che competono fra di loro per risolvere complessi calcoli matematici in un processo che fa un uso intensivo di elettricità. In questo contesto, chi ha maggiore potenza vince tutto, con effetti sistemici sui processi di innovazione tecnologica e indirizzamento dei consumi, ovvero delle conversioni di Bitcoin in moneta statale, beni fisici e prodotti speculativi.
Perciò l’annuncio di Adams, che “guarderà cosa impedisce la crescita di Bitcoin e criptovaluta nella nostra città“, assume un significato più ampio, non solo di sostegno alla rivoluzione basata sulla blockchain. Per il sindaco New York si tratta di creare in città forza lavoro locale in un settore in espansione e posizionarla all’avanguardia della ricerca tecnologica.
Tuttavia, rimangono alcuni problemi:
- non è facile né immediato usare la criptomoneta più famosa al mondo per le micro-transazioni come l’acquisto di un caffè o di un pasto veloce;
- il valore del Bitcoin è estremamente volatile, a luglio era di 30mila dollari e adesso vale il doppio;
- negli Usa il Bitcoin è tassato come proprietà;
- infine, ma non meno importante, non si sa chi dovrebbe gestire il wallet comunale per pagare il sindaco.
13 anni di Bitcoin
Comunque sia i due sindaci non potevano fare un regalo di compleanno più bello all’inventore del Bitcoin, che ha appena compiuto 13 anni: era il 31 ottobre del 2008 quando alle 14 fu inviato a una lista di indirizzi mail di crittografi esperti un documento in cui Satoshi Nakamoto, l’autore del White Paper che inaugurava il Bitcoin, comunicava il risultato delle sue ricerche sulla crittografia.
Nella mail, Nakamoto scriveva: “Ho lavorato su un nuovo sistema di denaro elettronico. È completamente peer-to-peer, e non ha bisogno di terze parti fidate” per validare le transazioni. In quella frase Nakamoto aveva descritto il cuore della criptovaluta che sarebbe poi nata il 3 gennaio 2009. Il paper di Nakamoto era di sole 8 pagine e descriveva il funzionamento della blockchain, il libro mastro diffuso della rete tra pari (peer-to-peer, appunto) che garantiva l’univocità delle transazioni in bitcoin.
Oggi Bitcoin è considerato sia un “sistema di denaro elettronico”, come nelle intenzioni del creatore, sia una volatile riserva di valore. Nel 2017 era arrivato a toccare i 1000 dollari, che diventarono 10mila un anno dopo per poi arrivare ai record di questi giorni in cui è scambiato a 62mila dollari con una capitalizzazione di mercato di oltre un miliardo di dollari.
Mentre Paesi come Nigeria e Uganda stanno studiando la creazione di criptomonete di Stato, il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, ha posato la prima pietra per la costruzione di un ospedale veterinario pubblico che sarà finanziato con i profitti generati dall’acquisto di Bitcoin con fondi statali e ha annunciato di volere “creare 20 scuole di Bitcoin”. Intanto, il 7 settembre El Salvador è diventato il primo Paese al mondo a dare corso legale a questa criptovaluta.