Huffington Post: Giornalismo, Stefano Rodotà: “La nuova legge sulla diffamazione è un pericolo per la democrazia”

italy.gifGiornalismo, Stefano Rodotà: “La nuova legge sulla diffamazione è un pericolo per la democrazia”

Attualmente il disegno di legge di riforma delle norme relative alla diffamazione a mezzo stampa è all’esame della II Commissione Giustizia della Camera dei Deputati che si pronuncerà in “sede referente”.

Se il ddl sarà approvato dalla Camera senza emendamenti, rispetto al testo pervenuto dal Senato, diventerà legge. Fra i punti cardine del disegno di legge ci sono le norme che riguardano l’eliminazione del carcere per il giornalista autore della diffamazione, e la sua sostituzione con una pena pecuniaria fino a 50 mila euro, come pure l’obbligo di rettifica in 48 ore per le testate online e la possibilità di chiedere la cancellazione dell’articolo considerato diffamatorio.

Alcuni le ritengono delle previsioni legislative di buon senso ma non la pensa così la gran parte del mondo giornalistico italiano che in queste ore ha firmato attraverso il sito nodiffamazione.it la lettera rivolta al Parlamento dalle associazioni per la libertà di stampa in cui si chiede ai legislatori di fermare la legge. I motivi di questa levata di scudi sono molti.

Secondo Stefano Rodotà, si tratta di “una proposta che mette a rischio il diritto costituzionale ad informare ed essere informati”, “per questo la legge è pericolosa, non solo per la libertà d’informazione ma per la democrazia stessa.”

La lettera che anche lui ha firmato sottolinea il fatto che in un mondo in cui l’informazione digitale, il giornalismo partecipativo e il dialogo online diventeranno maggioritari, si stia facendo una legge che non prevede adeguate garanzie per il web. E infatti sempre Rodotà ci dice: “Quello che pure mi preoccupa, è che viene pericolosamente ampliata la responsabilità del direttore per omesso controllo, ormai improponibile in via di principio e sicuramente devastante per i giornali online, caratterizzati da un continuo aggiornamento”.

La riforma recita testualmente che “l’interessato può chiedere l’eliminazione, dai siti internet e dai motori di ricerca, dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione di disposizioni di legge” e introduce nel nostro ordinamento il diritto all’oblio senza bilanciarlo col diritto di cronaca e all’informazione.

“Mi sembra” sostiene Rodotà che “la previsione di un assoluto diritto all’oblio, esercitato senza contraddittorio, è destinato a produrre un infinito contenzioso tutte le volte che, di fronte a richieste ingiustificate, il direttore legittimamente decida di non accoglierle. Ma la nuova norma può anche indurre ad accettare la richiesta solo per sottrarsi proprio ad un contenzioso costoso o ingestibile e, soprattutto, può portare alla decisione di non rendere pubbliche notizie per le quali è probabile la richiesta di cancellazione, con un gravissimo effetto di autocensura. I rischi non solo per la libertà d’informazione, ma per la stessa democrazia, sono evidenti.”

Alessandro Gilioli dell‘Espresso è molto netto nella sua presa di posizione: “La minaccia di una multa così salata verrà usata dai potenti per dissuadere chiunque a scrivere di loro.” “In particolare questa norma penalizza e intimidisce i giornalisti free-lance e i citizen journalist, ma anche i semplici utenti che esprimono il loro parere sui social network, insomma tutti coloro che non sono garantiti da un contratto e quindi dall’ufficio legale della loro azienda. Doveva evitare il carcere ai giornalisti colpevoli di riportare fatti falsi, rischia invece di diventare uno strumento di vendetta e di intimidazione senza precedenti della classe politica e dei potenti in genere verso chi dovrebbe controllarne l’operato.”

“Le mie perplessità riguardano invece l’obbligo di pubblicare la rettifica in così poco tempo – sostiene l’avvocato Carlo Blengino – La riforma prevede che le testate online lo facciano entro due giorni dalla richiesta. Chi conosce un poco come funzionano i giornali, sapendo che molti contributi vengono ormai da collaboratori esterni, che si dedicano anche a inchieste delicate, sa che questo lasso temporale è troppo stretto. E poi non sembra proprio un obbligo di rettifica, quanto un diritto di replica, assoluto e illimitato visto che il giornalista non può rispondervi”. Gilioli taglia corto: “In sostanza, si vuole lasciare l’ultima parola al potente della politica o dell’economia, impedendo al giornalista di difendere le ragioni di quanto ha scritto”.

L’avvocato Giulio Vasaturo, docente all’Università Sapienza di Roma ci dice: “Positivo eliminare la pena detentiva per il reato di diffamazione, l’obbligo da parte del direttore di informare l’autore dell’articolo di una richiesta di rettifica e viceversa dell’obbligo per il direttore di dare seguito alla richiesta del giornalista stesso di modificare un testo “sbagliato”, ma sono molte altre le cose che non funzionano nella legge. Ad esempio il fatto che nel caso di presunta diffamazione tramite il web la competenza territoriale spetti al giudice del luogo di residenza del querelante, ma soprattutto che non si siano esplorate norme più definite per porre un argine alle querele temerarie.

E questo è proprio uno dei motivi di tanta opposizione al disegno di legge. Milena Gabanelli ce lo spiega così: “Nei paesi anglosassoni i giornalisti che diffamano sono puniti molto più severamente, ma al tempo stesso il codice di procedura civile prevede che in caso di lite temeraria, il querelante rischia di essere condannato ad una sanzione che è pari ad un multiplo di ciò che chiede come risarcimento danni (tal de’ tali mi chiede 10 milioni, ma sa che rischia di doverne pagare 20). Questo perchè l’atto intimidatorio è un attacco alla libertà di stampa e quindi al diritto di ogni cittadino ad essere informato. Da noi nonostante sia prevista una sanzione, è raramente applicata ed è quantificabile in una multa da 1000 euro per aver disturbato il giudice”.

Diversi giornalisti dicono provocatoriamente che è meglio il carcere della riforma ma poi assentono con noti giuristi che andrebbe proposto un solo emendamento stralcio alla legge, che elimini il carcere e rinvii la discussione a una riforma organica della legge sulla stampa.

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