La Repubblica: Diffamazione, partita la campagna di mobilitazione contro la legge

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Nodiffamazione.it ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e di mobilitazione per fermare il disegno di legge 925­b, che secondo i firmatari dell’appello #Meglioilcarcere rischia di zittire le denunce di giornali, siti e blog contro il malaffare e la corruzione

di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 7 Gennaio 2010

DIFFAMAZIONE e intimidazione, concetti spesso troppo vicini. Una querela per diffamazione, anche se infondata, è spesso lo strumento per intimidire giornali e giornalisti. Perciò ora che alla Camera si discute la modifica della legge sulla stampa e le norme collegate del codice civile e penale relativamente alla diffamazione nei mass media, si alza forte la voce di quanti la ritengono inadatta al mondo dell’informazione entrato nell’era digitale.

Nodiffamazione.it
è l’indirizzo del sito web attraverso il quale un pugno di associazioni, giuristi e giornalisti ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e di mobilitazione per fermare il disegno di legge 925­b che secondo i firmatari dell’appello #Meglioilcarcere rischia di zittire le denunce di giornali, siti e blog contro il malaffare e la corruzione.

La legge, nata per evitare il carcere ai giornalisti, sostituito con un’ammenda fino a 50 mila euro, siè infatti via via arricchita di articoli e commi che rischiano di indurre al conformismo e all’autocensura gli stessi giornalisti nel timore di rappresaglie legali. La legge non prevede soltanto pesantissime sanzioni pecuniarie per le testate registrate, online, cartacee o radiotelevisive, ma anche un assoluto diritto di rettifica da parte del presunto diffamato, che potrà così chiedere una smentita integrale e senza possibilità di replica del giornalista o del direttore responsabile, anche a correzione di un refuso insignificante.

Di fronte al rischio per se stessi e per la propria testata di trovarsi a sborsare una tale cifra è purtroppo pensabile che il giornalista, soprattutto se freelance o di una piccola testata, si asterrà dal pubblicare le notizie più scottanti non passate preventivamente per le agenzie, e vorrà evitarsi le forche caudine della pubblicazione di una eventuale smentita di parte alla quale non potrà rispondere anche se nel giusto.

Se non bastasse, la legge, in terza lettura presso la commissione Giustizia della Camera, introduce anche la possibilità di richiedere la cancellazione delle notizie diffamatorie qualora riportassero dati fallaci o fossero il frutto di un “illecito trattamento dei dati personali” in esse contenuti. E questa previsione di legge, invocando una sorta di diritto all’oblio non contemperato dal diritto di cronaca e d’informazione, varrebbe anche per altre fonti di notizie come blog, aggregatori e motori di ricerca.

Per questo i firmatari della lettera aperta sul sito nodiffamazione.it chiedono ai cittadini di mobilitarsi invitando i propri parlamentari a non votare l’attuale proposta per continuare a coltivare il dovere all’informazione e il diritto ad essere informati, come recita l’articolo 21 della Costituzione Italiana. All’iniziativa, lanciata dall’associazione Articolo21, hanno via via aderito Libera Informazione, l’Associazione Nazionale Stampa Online (Anso), la Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi) e il sindacato dei giornalisti Rai (Usigrai). Tra i firmatari più noti ci sono Stefano Rodotà, Milena Gabanelli, Marco Travaglio, Vauro, Lucia Annunziata e Liana Milella, oltre che alcuni giornalisti d’inchiesta più volte minacciati dalla mafia e per questo sotto scorta come Federica Angeli, Lirio Abbate e Giovanni Tizian. Anche Paolo Butturini dell’associazione Stampa romana, l’ex parlamentare Beppe Giulietti, il presidente di Casagit Daniele Cerrato ed Enzo Iacopino dell’Ordine dei giornalisti hanno firmato l’appello.

Per portare all’attenzione dell’opinione pubblica la preoccupazione per questa proposta di legge è stato coniato l’hashtag #meglioilcarcere che si aggiunge ai precedenti #nodiffamazione e #ddldiffamazione. Sul sito si trovano anche un form automatico per notificare la propria contrarietà ai parlamentari e una serie di gadget grafici per diventare protagonisti della campagna attraverso i propri account Twitter e Facebook, mentre già si organizza un convegno per discuterne proprio con i deputati.

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