La Repubblica: Giornata mondiale contro la sorveglianza di massa, per l’autodifesa digitale

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Electronic Frontier Foundation, ACLU, Amnesty International, Human Rights Watch e Greenpeace chiamano alla mobilitazione in difesa della privacy nel “Giorno della riscossa”. Così, centinaia di siti, aziende e associazioni di 100 paesi aderiscono a “The day we fight back” per dire basta alle intercettazioni illegali e alla sorveglianza commerciale

di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 10 Febbraio 2014

UN GIORNO INTERO contro la sorveglianza di massa. Per invocare maggiore privacy e celebrare la vittoria del movimento internazionale a difesa della libertà della rete contro SOPA nel 2012, un insieme di gruppi tra cui la Electronic Frontier Foundation e l’associazione americana per le libertà civili, ACLU, hanno indetto per l’11 febbraio una giornata mondiale di protesta a difesa della privacy per gridare forte e chiaro che esiste un’alternativa alla società del controllo e della sorveglianza generalizzata.

Gli attivisti digitali hanno immaginato diversi modi per farlo, chiedendo a tutti di installare nei propri siti il banner della protesta, di segnalare la propria adesione su Facebook, Twitter, Google plus, modificando la foto del proprio profilo e sovrapponendovi la scritta “StopNSA”, e di condividere fotomontaggi già pronti con frasi celebri come quella di Benjamin Franklin: “Chi baratta la libertà per la sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza”. Chiedono anche di contribuire al dibattito su Reddit e di intervenire “con ogni mezzo necessario”, costruendo un sito web, mandando un’email ai propri parlamentari, raccontando e commentando le storie di spionaggio di cui si è stati, proprio malgrado, protagonisti.

La giornata vuole anche ricordare la vittoria dei movimenti di base e per i diritti digitali contro le leggi SOPA (Stop Online Piracy Act), PIPA (Protect Intellectual Property Act) e il ruolo avuto da Aaron Swartz – l’attivista pro-privacy e no-copyright morto l’anno scorso – nel denunciarle.

All’iniziativa si sono già associati Amnesty International, Greenpeace, Human Rights Watch e aziende Internet come Mozilla, social networks come Reddit e Tumblr, il motore di ricerca DuckGoGo. Tutto questo mentre la Electronic Frontier Foundation chiede a tutti di obbligare i propri governi a rispettare i “tredici principi” per un uso della sorveglianza rispettoso dei diritti umani. Elaborati da 360 associazioni di 60 paesi, questi principi chiedono ili rispetto dei criteri di necessità, legalità e proporzionalità, nella raccolta dei dati personali, e poi invocano il diritto a un giusto processo, alla trasparenza e alla notifica delle indagini per coloro i quali sono oggetto di intercettazioni legali e illegali.

A dispetto della pretesa di Zuckerberg secondo cui gli utenti di Internet non considerano più importante la privacy e di altri che lamentano la sua inevitabile scomparsa, come Vinton Cerf, il chief evangelist di Google, sono già decine di centinaia i siti che hanno raccolto l’appello dimostrando che nonostante lo scandalo del datagate sono ancora in tanti a credere nella possibilità di tutelare la propria privacy senza compromessi. E con l’obiettivo di autodeterminare il destino delle informazioni che ci riguardano – e che spesso ci precedono – quando usiamo un computer, un telefonino o una carta magnetica dotata di chip.

Per gli organizzatori non si tratta “soltanto” di denunciare e criticare la più vasta e sistematica operazione di sorveglianza di massa della storia, lo scandalo Datagate denunciato da Edward Snowden e raccontato dal giornalista Gleen Greenwald, ma anche di dare uno stop all’industria dei metadati, quella che prospera sulla conoscenza della nostra rete di relazioni – con chi, per quanto tempo e con che mezzo comunichiamo  –  per sapere se, quando e dove, ci troviamo da soli o in compagnia. Una protesta diretta anche contro la sorveglianza commerciale, strumento del marketing diretto, che usa i nostri dati per offrirci al momento giusto quello che siamo pronti a pagare. Anzi, soprattutto quando non paghiamo, in omaggio al vecchio adagio: “Se non paghi qualcosa, il prodotto in vendita sei tu.” O meglio, i tuoi dati.

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