La difficile scelta tra privacy e sicurezza. “Ma serve l’equilibrio”
Oggi è la giornata europea della Privacy. Dopo gli attentati parigini e la scoperta di cellule terroristiche dormienti, i governi invocano maggiori poteri per i servizi di intelligence e chiedono di ridurre le garanzie per la privacy. Ma l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa dice: “La sorveglianza di massa è inefficace ai fini della sicurezza”
di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 28 Gennaio 2015
DA UNA PARTE il diritto fondamentale alla privacy, in assenza del quale è difficile esercitare anche la libertà d’espressione e di movimento, il diritto di associazione e d’opinione; dall’altra la spinta a barattare le proprie libertà di fronte alle minacce del terrorismo, soprattutto dopo gli attentati di Parigi. Sempre che funzioni. Questa contrapposizione – soprattutto nella GIornata europea della Privacy, che cade oggi – è inevitabilmente fonte di frizioni ai vari livelli. Dalle stanze dei bottoni a quelle degli individui comuni. Per il titolare della Farnesina Paolo Gentiloni trovare un “equilibrio tra privacy e sicurezza” è la strada da seguire dopo la richiesta di alcuni paesi di rivedere le norme sulla libera circolazione nei paesi dell’area Schengen. Ma se il ripristino dei controlli alle frontiere ha trovato la netta contrarietà del Ministro degli interni italiano, Angelino Alfano, alcuni politici d’oltralpe sono arrivati a invocare un Patriot Act alla francese, col primo ministro di Hollande, Emanuel Valls, che pure ha dichiarato di volere rivedere la legge sulle intercettazioni telefoniche mentre il premier britannico David Cameron ha chiesto maggiori poteri per le agenzie di intelligence.
Il dopo Parigi. Insomma, dopo le rivelazioni di Wikileaks e il caso Datagate, quel movimento d’opinione che si proponeva di rendere meno invasive, massificate e opache le tecniche di sorveglianza con cui le agenzie governative controllano i cittadini, sembra trovarsi con le spalle al muro. Il terrore suscitato dalla notizie sui foreign fighters, europei che vanno a combattere per lo Stato Islamico, la scoperta di cellule dormienti e i proclami web dell’Isis stanno portando gli Stati a ripensare le politiche passate sulla Data retention, spazzando via anni di negoziati tra Europa e Usa. Trattative sulla gestione dei dati dei passeggeri aerei per i quali oggi si vuole un PNR unico, il Passenger Name Record, che identifichi i viaggiatori, permetta di tracciarne gli spostamenti e condividerne le informazioni personali. Una volta inserite in un database centrale potranno essere incrociate in tempo reale con altre informazioni sensibili, dai dati sanitari alle abitudini alimentari fino all’appartenenza religiosa per valutare il livello di rischio che la nostra ombra digitale si porta dietro. Ma è la strada giusta? Il Garante italiano per la Privacy, Antonello Soro, ritiene ragionevole che le informazioni sui passeggeri possano essere condivise dalle autorità di diversi Paesi, “ma studiando bene come farlo, proteggendole ed evitando di raccogliere dati inutili”.
Ma la sorveglianza di massa funziona? Appena ieri le istituzioni europee hanno lanciato l’allarme sulle modalità massive di raccolta dei dati personali usate dai servizi segreti americani e inglesi. In un rapporto di 35 pagine appena pubblicato, ben 47 paesi dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa sostengono che ci sono poche prove che la sorveglianza di massa sia stata finora capace di impedire gli attacci terroristici e che al contrario “le risorse necessarie a prevenirli sono state indirizzate a una sorveglianza generalizzata, lasciando liberi di agire individui potenzialmente pericolosi“. Lo stesso Garante italiano aveva già detto nel corso di un’audizione presso la Commissione per i Diritti di Internet come “l’esperienza ci ha insegnato che una intrusione sistematica e indiscriminata nelle comunicazioni dei cittadini non risolve le difficoltà del contrasto al terrorismo”. Il rapporto, stilato dall’europarlamentare olandese Pieter Omtzigt, comincia con una citazione del romanziere Alexander Solzhenitysn: “La nostra libertà è costruita su quello che gli altri non sanno della nostra esistenza”. E chiede che la raccolta di informazioni personali avvenga solo sulla base di un legittimo sospetto da parte di un tribunale; di esercitare un maggiore controllo sui servizi segreti da parte del potere legislativo e giudiziario; di offrire una effettiva protezione alle talpe come Snowden che denunciano le scorrettezze delle agenzie di spionaggio; un codice mondiale di comportamento per le agenzie di intelligence nazionali.
La stretta di Mosca sul web. Intanto in Russia da quest’anno le compagnie straniere dovranno immagazzinare i loro dati su server localizzati in Russia, creando lo scontento di molte imprese tra cui Adobe che ha deciso di chiudere i suo uffici nella Federazione Russa. Il Congresso americano invece ha già approvato ben quattro disegni di legge sulla sicurezza digitale con l’obiettivo di integrare e condividere tra governo e privati ogni informazione riguardante potenziali minacce cibernetiche.