Difendere i ”Commons”, beni comuni dell’umanità

Intervista. Folena (Ds): ”Opporsi alla privatizzazione del mondo è il compito della sinistra”

Arturo Di Corinto
www.AprileOnLine.Info n.175 del 12/01/2005.

Pietro Folena, deputato dei Democratici di Sinistra, è stato fra i primi a sostenere l’idea dell’assemblea delle riviste che si terrà il 16 gennaio a Roma. Parteciperà al tavolo di discussione sui beni comuni anche in quanto promotore di molte iniziative affini. Con Umberto Sulpasso ha scritto un libro, ”Know Global”, sul tema dell’accesso alla conoscenza, è relatore di un progetto di legge sui “commons” e partecipa all’Intergruppo parlamentare sull’innovazione perorando la causa del software open source dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

Pietro Folena, è un’opinione condivisa che molti beni comuni – aria, acqua, spazio, ecc. – siano a rischio. Tu hai redatto una proposta di legge sui beni comuni. Ce la spieghi?

La proposta è stata redatta insieme ad un gruppo di parlamentari del centrosinistra e grazie al contributo di alcuni esperti. Intendiamo rispondere così a quel processo di “privatizzazione del mondo” che sta cambiando il modo in cui gli esseri umani si rapportano con la natura (quindi con i beni comuni materiali) e con il bene comune immateriale che è la conoscenza. Prevediamo norme di tutela che impediscano la privatizzazione dell’acqua e dei servizi ad essa connessi, delle aree marittime, delle spiagge, delle montagne, dello spazio, ecc. In più definiamo alcuni aspetti del sapere come non sottoponibili al copyright e non brevettabili.

Sei d’accordo con chi sostiene che non solo le conoscenze formalizzate, – il know how tecnico-scientifico – ma anche le conoscenze implicite, come i metodi di cura, di coltivazione, quelli educativi e commerciali, sviluppati nei secoli siano di proprietà di tutta l’umanità?

Certo. Il discorso in questo campo però è particolarmente complesso e i confini sono di difficile determinazione. Ad esempio per le opere immateriali abbiamo cercato di mantenere la legittima tutela dell’autore (ma qui bisogna aprire un altro grosso capitolo: oggi il diritto d’autore tutela davvero l’autore o piuttosto le case editoriali e discografiche?) stabilendo però degli aspetti che non possono essere né sottoposti a copyright né tantomeno a brevetto: le formule matematiche, gli algoritmi, le figure retoriche, le invenzioni letterarie, le forme musicali, le tecniche dell’arte… insomma i “metodi” generali con i quali applicare la conoscenza o ottenere nuovo sapere dal sapere che già si possiede.

In Colombia una grande mobilitazione popolare ha impedito la privatizzazione dell’acqua, in Brasile i Sem Terra rivendicano il diritto alla terra occupandola; in India, abbiamo assistito alla difesa dei metodi agricoli, delle piante e delle sementi contro la biopirateria. Cosa possiamo imparare da queste esperienze?

La biopirateria è davvero l’emblema di un mondo che non va. Si brevetta quello che ha fatto la natura e davvero qui siamo di fronte ad un furto inequivocabile ai danni dell’intera umanità (ed anche a danno degli altri viventi). Per questo prevediamo anche la non brevettabilità del codice genetico (sia naturale che modificato).
Ma per rispondere alla tua domanda, dico che le lotte che citi, insieme a quelle che anche in Italia stiamo svolgendo (ad esempio contro la privatizzazione dell’acqua insieme al Contratto mondiale presieduto da Mario Soares e Riccardo Petrella), sono il portato più significativo del vasto movimento alter-global che rappresenta la novità politica di questi ultimi anni. E che influenza la politica: basti vedere l’Uruguay, dove rencentemente la vittoria della coalizione progressista del Frente di Tabaré Vázquez ha portato con sé anche la vittoria al referendum che ha costituzionalizzato il carattere pubblico dell’acqua. Si tratta di lotte concrete, percepibili come tali da ampi strati della popolazione, che ricordano molto da vicino le battaglie dei primi movimenti sindacali e politici da cui è nata la sinistra. Per questo da un po’ di tempo parlo di nuovo socialismo per intendere lo sbocco politico che occorre dare a queste lotte. Il socialismo storico nacque dalle lotte operaie e contadine, il nuovo socialismo può nascere dalle esperienze dei Sem Terra, dal forum sociale, ma anche da quelle dei lavoratori della conoscenza che si aggregano intorno all’idea del software libero.

Da dove parte un eventuale programma del centrosinistra per la difesa e la valorizzazione dei beni comuni? E cosa ti aspetti dal dibattito del 16 all’Angelicum di Roma?

Non mi nascondo che troveremo di fronte dei muri molto alti. Quando Rutelli dice che al centro del programma della Gad ci devono essere le liberalizzazioni, capisco che per alcuni gli anni ’90 non sono passati. Ma la politica mi ha insegnato che solo con la battaglia delle idee si può portare a casa qualche risultato. Dal 16 gennaio partirà proprio questo, una battaglia delle idee per mostrare a quanti guardano a sinistra che esistono strade diverse da quelle disegnate dal neoliberismo. Strade che sono più eque, ma anche più realistiche (si può pensare di tenere mezzo mondo nella miseria senza subirne le conseguenze), e concretamente realizzabili. Il fascino di uno slogan come “un mondo diverso è possibile” è che tiene insieme la radicalità di una domanda con il realismo delle scelte: è quello che una volta si chiamava riformismo, anche se questa parola oramai è divenuta sinonimo di passiva constatazione dello status quo.

Know Global
Software libero
Contratto Mondiale sull’Acqua