La Corte di Giustizia europea potrebbe ritirare le accuse di concorrenza sleale a Bill Gates e congelare la multa di 497 milioni
Arturo Di Corinto
AprileOnLine.Info n.167 del 21/12/2004
E’ attesa per giovedì 23 dicembre la pronuncia del presidente della Corte di Prima Istanza dell’Unione Europea, Bo Vesterdorf, sull’eventuale sospensione della sanzione economica che l’Antitrust europeo prima guidato da Mario Monti ha inflitto alla Microsoft, condannata per abuso di posizione dominate sul mercato informatico della vecchia Europa.
Il Tribunale Ue con sede a Lussemburgo annuncerà anche se si devono sospendere o meno le misure imposte nel marzo scorso all’azienda e cioè di vendere una versione del sistema operativo Windows senza il Media Player (il lettore di file video e audio) incorporato in ogni pc venduto con software Windows e che scoraggia l’uso di software multimediali concorrenti, ma anche di mettere a disposizione dei suoi concorrenti i ”protocolli”, le regole informatiche necessarie a “far dialogare”, il sistema operativo Windows con i server di fascia bassa (quelli che gestiscono file o stampanti condivise in una rete locale) di altre marche.
Microsoft ha rinnovato già ieri l’offerta di riprendere le trattative con l’Unione europea sul dossier aperto cinque anni fa dalla Direzione generale per la Concorrenza di Bruxelles e ha offerto alla Commissione di riprendere il confronto di merito dopo la decisione della Corte, che potrebbe esserle contraria (la Corte ha sospeso le condanne della Commissione solo nel 17% dei casi). In questo caso Bill Gates potrebbe appellarsi al più alto tribunale della Ue, la Corte Europea di Giustizia.
Microsoft ha intanto chiesto che i due “rimedi” imposti da Bruxelles in aggiunta alla mega multa di 497 milioni di euro siano sospesi, aprendo la strada ad un nuovo accordo, stavolta con la neo-commissaria Neelie Kroes perchè giudicati un ”danno irreparabile”, affermando che tali misure correttive non solo non avvantaggiano il mercato e la concorrenza, ma ledono i diritti dei consumatori. Una linea di difesa ripetutamente contestata dai legali dell’esecutivo europeo.
Perciò in una nota diffusa a Bruxelles l’azienda ribadisce di continuare a credere che “questioni così complesse è meglio siano risolte con delle discussioni tra le parti coinvolte”.
Di fronte alla Microsoft che di mostra disponibile al dialogo, dopo che per cinque anni non ha voluto trovare un accordo con l’antitrust e dopo che ha “comprato” il silenzio dei ricorrenti presso l’Antitrust diventando partner della Computer Communication Industry Association, sono in molti a storcere il naso. Da parte di tante associazioni e produttori di software, attivisti per i diritti digitali c’è stata un’immediata levata di scudi.
In concomitanza dell’offerta di dialogo della Microsoft c’è da registrare una curiosa presa di posizione da parte del quotidiano “Il Riformista” per mano del suo nuovo vicedirettore, Oscar Giannino.
La posizione dell’ex segretario di La Malfa – poi socialista, poi editorialista del Foglio, ospite fisso e urlante di Socci e oggi presentatore-dandy del programma Batti e ribatti di Raiuno, un “liberal-liberista” insomma – è in sintesi questa: Bill Gates è furbo. E’ inutile e dannoso accanirsi contro di lui perché interpreta al meglio lo spirito del libero mercato ed ha migliorato la vita di milioni di persone con i suoi programmi informatici. Giannino quindi se la prende con l’Europa che vuole affermare le regole di una corretta competizione sul mercato e si augura che la corte sia favorevole alla Microsoft perché altrimenti la softwarehouse dovrebbe cedere i segreti industriali celati nel suo codice sorgente, venendo meno all’obbligo di ogni azienda immateriale di difendere il suo asset principale, la proprietà intellettuale dei propri prodotti.
“Giannino fa una serie di affermazioni sbagliate” – ci dice il presidente della Free Software Foundation italiana, Stefano Maffulli – “A Microsoft non viene chiesto di cedere la sua proprietà intellettuale ma solo di rendere interoperabile il suo software con altri software e computer di altri produttori”.
Insomma “non si tratta di da parte dell’antitrust di penalizzare Microsoft ma di ristabilire una corretta competizione di mercato, basata sulle regole e non sul concetto astratto della mano invisibile che tutto aggiusta” – aggiunge Fiorello Cortiana dei Verdi.
E’ sbagliato dire che la decisione sfavorevole dell’antitrust penalizzerebbe i cittadini che invece si aspettano un risarcimento, ancorchè simbolico, dalla conferma della sentenza di condanna per essere stati “obbligati” ad acquistare insieme al pc software di cui non avevano bisogno e di averlo dovuto fare a prezzi esorbitanti.
E infati quello che la FSFE e il Samba Team chiedono è di “ristabilire una condizione che Microsoft stessa ha alimentato fino a pochi anni fa, quando non era il colosso che è diventato oggi grazie al protezionismo: fornire informazioni e standard pubblici su cui competere basandosi sulla qualità di servizi per i consumatori”.
A Giannino perciò si dovrebbe ricordare il modo scorretto in cui Microsoft si è imposta sul mercato e come fa per restarci.
Per essere chiari: Microsoft da tempo usa regalare o vendere sottocosto i suoi prodotti ad enti e istituzioni pur di “abituare” utenti e amministrazioni solo all’uso dei suoi programmi per proporsi come loro fornitore unico. Una procedura che assomiglia molto al dumping: vendere a basso prezzo per innalzare le soglie d’ingresso nel mercato da parte dei competitori locali.
Motivo per il quale secondo un’opinione diffusa l’azienda avrebbe finora chiuso un occhio, anzi tutt’e due, sulla duplicazione illegale del suo software: imporre i propri standard e linguaggi.
Motivo per cui Microsoft ha sempre usato la strategia “Fub” – Fear, Uncertainty, Doubt – ogni volta che a livello istituzionale è stata ventilata l’ipotesi di ricorrere a software non-Microsoft con azioni di lobbying mirate attraverso la Business software Alliance, ad esempio, per spiegare in tv e a scuola che duplicare software è illegale, invitando implicitamente a pagare salato il suo, ma omettendo di dire che c’è un’intera categoria di software che compete con Windows, Word, eccetera, per qualità, efficienza e sicurezza: il software libero. Un tipo di software che non solo mette a disposizione il proprio codice sorgente per le modifiche che si rendono necessarie negli ambienti di lavoro, ma che è di certo più economico.
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