Quell’inferno del Vietnam
Il termometro della libertà d’informazione
Arturo Di Corinto per L’Espresso del 29 agosto 2013
Sono pochi i paesi che rispettano pienamente il diritto dei propri cittadini di esprimersi e informarsi. Dall’avvento dei media digitali e del web 2.0, gli stessi cittadini rivendicano anche il diritto a produrre informazione indipendente. Da soli, oppure organizzati in piccoli gruppi, i civic journalists lavorano fianco a fianco con le testate indipendenti e la loro libertà è il termometro di quella concessa dai regimi dittatoriali che criticano.
Dopo la primavera Araba nel 2013 la Classifica mondiale della libertà di stampa di Reporters senza frontiere (RSF) si è stabilizzata: i paesi del Nord Europa sono quelli che meglio garantiscono questa libertà mentre, a causa delle violenze e di nuove leggi repressive, le ultime posizioni sono occupate da Turkmenistan, Eritrea e Corea del Nord.
Secondo il barometro della libertà di stampa di RSF, invece, sono stati 38 i giornalisti professionisti e non, uccisi nel 2013, 175 quelli finiti in prigione e 164 i bloggers imprigionati.
Numeri impressionanti. Mentre il diritto all’informazione è calpestato anche nelle democrazie mature, dopo la Cina, il Vietnam degli ultimi anni è diventato uno dei posti peggiori al mondo per i bloggers. Sono attualmente 35 i cyberdisidenti che RSF chiede di scarcerare con una petizione internazionale al governo di Hanoi, di porre fine della censura e abolire le leggi repressive vigenti nel paese contro gli operatori dell’informazione. I paesi democratici non restino a guardare.