Wau Holland, (Herwart Holland-Moritz), giornalista, è stato un attivista tedesco nel campo della computer security e nel 1981 contribuì a fondare il Chaos Computer Club (CCC), durante una riunione presso il giornale Die Tageszeitung, in previsione dell’impatto che le tecnologie informatiche avrebbero avuto sul modo di comunicare e vivere delle persone.
Jude Milhon, tra i creatori del Community Memory Project, è l’hacker americana che ha coniato il termine cypherpunk. Jude è statacompagna di vita di Lee Felsenstein, anche lui tra i fondatori dell’Homebrew Computer Club e del Community Memory nel 1973. Progettista del computer Osborne One, ha inventato “Internet a pedali”: un computer con software open source alimentato dalle pedalate di una bicicletta da distribuire nelle aree in via di sviluppo.
Emmanuel Goldstein, pseudonimo di Eric Gordon Corley è il giornalista, scrittore e hacker direttore della bibbia degli hacker 2600: The Hacker Quarterly.
Non basta avere una laurea in cybersecurity e nemmeno lavorare in un Red Team aziendale e fare test di penetrazione sui sistemi da difendere per essere definiti hacker. E neppure basta essere individui tecnicamente virtuosi per meritarsi questo appellativo che invece va riservato soltanto a chi aderisce ai principi dell’etica hacker.
Questi principi, seppure modificati nel tempo, rimandano a un modo irriverente e giocoso di porsi di fronte alle macchine informatiche per esplorarne potenzialità e limiti, metterne la ricerca hands on in comune con altri e fare il bene di tutti.
Un hacker costruisce, non distrugge. E, come ha scritto Goldstein: “Ormai ci sono molte persone normali che condividono i valori degli Hacker, cioè la libertà di parola e il potere dell’individuo davanti allo stato o alle corporation, perché la difesa dell’individuo è ciò che conta”.
Salvatore Iaconesi, morto a Reggio Calabria il 18 luglio, era un hacker. Ha passato la vita a inventare cose utili per le persone, social network rispettosi della privacy, software di simulazione per indagare i problemi della società, e intelligenze artificiali per creare comunità di quartiere.
Con la sua compagna nell’arte e nella vita, Oriana Persico, ha sviluppato una poetica dei dati digitali che l’ha portato a creare la fondazione Her, She Loves Data e il progetto del Nuovo abitare, una sperimentazione all’incrocio tra generazione dei dati e identità virtuali per creare la consapevolezza del valore del tempo, dell’attenzione e dell’ascolto che dedichiamo a noi stessi e agli altri.
Lui sapeva che obbiettivo di Big Tech è rubare la nostra attenzione, distraendoci da quello che è veramente importante: l’incontro con l’altro. Perciò ne contestava il business model.
Salvatore era un data-warrior che ha combattuto con amore anche il suo tumore al cervello.
Salvatore è salito nel pantheon degli hacker.