Il Manifesto: Facebook regala le telefonate agli amici. Ma chi paga?

Facebook regala le telefonate agli amici. Ma chi paga?
Facebook prepara un nuovo servizio di telefonate gratuite via Internet sfidando il business di Skype e WhatsApp e mettendo a rischio i guadagni degli operatori telefonici. Si spenderà meno per telefonare ma a che prezzo? Quando non si paga qualcosa il prodotto sei tu.

Arturo Di Corinto per Il Manifesto del 6 Gennaio 2013

Facebook diventerà una compagnia telefonica. O qualcosa del genere. E, col suo miliardo di utenti, sarà la più grande del mondo. Poco importa se il 10% dei suoi profili sono fasulli. Anche in Italia potrebbe contendere importanti spazi di mercato a Tim, Vodafone e Wind.

La notizia è arrivata nel tardo pomeriggio di venerdì 4 gennaio. La compagnia californiana ha lanciato una nuova versione per tablet e smartphone dell’applicazione Messenger di Facebook che consentirà di telefonarsi gratis fra tutti gli utenti del social network. O almeno queste sono le intenzioni. L’app per ora funziona sui dispositivi Apple in Canada, negli altri paesi e sui dispositivi Linux/Android il servizio permette solo di inviare messaggi vocali di un minuto, una specie di walkie talkie. Ma, considerato il largo uso che soprattutto i più giovani ne fanno – per essere costantemente connessi ai loro amici più stretti – è certo che potrebbe diventare la killer application del 2013, cioè l’applicazione in grado di sbaragliare tutta la concorrenza, Skype (700 milioni di utenti) compresa.

La notizia ha allarmato tutto il mondo dell’informatica e delle telecomunicazioni. Microsoft, che ha da poco acquistato per circa 10 miliardi di dollari lo Skype inventato dall’hacker Niklas Zennstrom, rischia di ritrovarsi con un pugno di mosche. Un po’ come accadde allo “squalo” Murdoch quando comprò per una cifra pari al valore del New York Times il social network più in voga al momento: Myspace. Myspace crollò poco dopo il consolidamento di Facebook dentro la rete.

Rischia anche il business di WhatsApp, l’applicazione con cui vengono inviati oltre 10 miliardi di messaggi gratuiti al giorno, ma lo scenario si farà più complicato se dalle chiamate voce si passerà alle videochiamate, un’opzione che potrebbe minacciare persino il nuovo servizio Hangout di Google.

La questione ha una grande rilevanza sia per il mondo degli affari che per la libertà di scelta e dei diritti degli utenti. Non sono solo le aziende informatiche a rischiare. Se il sistema funzionerà si prevede una forte riduzione degli introiti delle compagnie telefoniche: il traffico dati costa meno di quello vocale. E poi, chi vorrà più uscire dal recinto di Facebook per godere della biodiversità di Internet se dentro Facebook faccio tutto, perfino telefonare? La formula magica è ancora una volta “spendi meno per telefonare, ma dammi i tuoi dati e beccati la pubblicità ”.

Che Faccialibro volesse organizzare le nostre relazioni sostituendosi al web non è mai stato un mistero. Come pure che il suo creatore e padrone, Zuckerberg, fosse intollerante a concetti come privacy e regole.

E tuttavia, se il Garante della privacy tedesco gli ha appena comminato una multa di 20mila euro perchè non consente ai suoi utenti di usare pseudonimi, è vero che la nuova app “poke” permette di inviare messaggi elettronici che si cancellano dopo 10 secondi. Come nei film di spionaggio.

Sono le regole il punto dolente di un’azienda che offre un servizio “universale gratuito sempre più indipensabile per la vita di relazione ma che deve sottostare alle sole regole d’impresa comportandosi come una “corporation” qualsiasi. Un’azienda che ti butta fuori se non gli piaci e si arroga il diritto di filtrare e censurare i messaggi degli utenti. Un fatto emerso da un’inchiesta giornalistica grazie alla denuncia di un’operatrice marocchina pagata un dollaro ad ora per rimuovere messaggi inneggianti al Kurdistan o fotografie di seni nudi sulla timeline.

Con l’ultima uscita di Facebook, che ha organizzato una campagna-non campagna di comunicazione intorno a questa novità, non appare più tanto peregrino il tentativo degli incumbent europei, i monopolisti ex statali delle telecomunicazioni, di pretendere nuove regole per i digital champions americani. Che usano le loro reti ma che, coi servizi Voip (Voice over internet protocol), hanno definitivamente sottratto alle telecom una importantissima fonte di guadagno: quello del roaming cellulare.

Quando hanno posto il problema al Congresso internazionale delle telecomunicazini (WCIT) di Dubai il mese scorso hanno trovato la forte resistenza della delegazione americana che non ha firmato gli accordi per le nuove regole di interconnessione trincerandosi dietro il diritto alla comunicazione su Internet, volendo in realtà proteggere il business delle proprie aziende, Facebook, Google, Twitter, Netflix eccetera, e tenersi nel portafoglio le tasse che generano negli Usa, ma anche per ringraziarli di aver generosamente contribuito alla campagna per la rielezione di Obama. Certo, le telco hanno sbagliato proponendo certi modelli di business – più paghi, più vai veloce – in grado di mettere a rischio la neutralità della rete, ma i pericoli per lavoratori e azionisti non sono certo una fantasia. Mentre il pericolo per gli utenti è il solito: quando non paghi un servizio, il prodotto in vendita sei tu.

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