Condannato per plagio un sito Internet che accusava Trenitalia di partecipare allo sforzo bellico in Iraq
ARTURO DI CORINTO
il manifesto – 03 Settembre 2004
Ha ragione da vendere il giurista statunitense Lawrence Lessig quando scrive che «Il controllo delle corporations sta imbrigliando la creatività e l’innovazione che caratterizzavano la Internet delle origini. Sta imbrigliando la libertà che ha alimentato la più grande rivoluzione tecnologica che la nostra cultura ha conosciuto dai tempi della rivoluzione industriale». (The Future of Ideas, di prossima pubblicazione in Italia per Apogeo).
La decisione della magistratura di accettare la denuncia di Trenitalia nei confronti del server Autistici.org ne è la riprova.
I fatti. Trenitalia ha querelato l’associazione «Investici», responsabile del sito autistici.org, per la presenza sul suo spazio web di un sito copia di quello di Trenitalia che ne plagiava i contenuti per denunciare l’utilizzo, da molti ritenuto illegittimo, della rete ferroviaria e dei treni di Trenitalia per trasportare materiale bellico diretto verso l’Iraq aggredito dalla coalition of the willings.
Il plagio operava un «deturnamento» delle informazioni che usualmente si trovano sul sito della compagnia ferroviaria ed era mirato a fornire informazioni sulle proteste e i blocchi pacifisti dei treni dell’anno scorso. Sul sito, invece della usuale richiesta «da dove vuoi partire?» si trovava la domanda «dove vuoi spostare i tuoi carriarmati oggi?» e usando i link del sito beffa si arrivava alle pagine di Indymedia con le notizie dei blocchi dei binari e stradali. Cosa vecchia.
Il plagio serviva alla mobilitazione digitale contro la guerra e univa l’informazione al divertissment proprio del plagio dei siti, una antica pratica dell’attivismo in rete, con noti precedenti come il plagio del sito del Vaticano. Niente di pericoloso o di dannoso, quindi, tanto più che da anni esistono dei programmi informatici per realizzare il plagio di qualsiasi sito pur senza averne le competenze tecniche (www.rtmark.com).
Ma allora perché questo accanimento di Trenitalia? Perché questa denuncia tardiva con tanto di richiesta di danni morali e materiali verso un gruppo di attivisti? Trenitalia ha affermato che con queste denunce vuol tutelare la sua immagine, un’immagine non proprio splendente dopo che inchieste giornaliste e proteste delle associazioni dei consumatori hanno spesso denunciato come pessimo il servizio da essa offerto.
I motivi della denunce contro i mediattivisti sono altri e hanno forse a che fare con la libertà di satira e di critica. E se nel passato la censura preventiva ha coinvolto la televisione, questa volta tocca alla rete. Allo stesso tempo, rivela due fatti rilevanti per il cyberspazio. Il primo riguarda la consapevolezza, come ha sottolineato anche l’ufficio legale di Trenitalia, dell’avvenuta massificazione di Internet che, da fenomeno di nicchia, è entrata nella quotidianità e che il tam-tam di liste e blogs arriva fino agli spettatori dei talk show di prima serata, offrendogli una chiave di lettura della realtà diversa e più articolata rispetto al pensiero unico televisivo. Ma questa vicenda ricorda anche che il business in rete vuole trasformare Internet in una infrastruttura commerciale attraverso cui veicolare merci e servizi a pagamento e che in questo spazio la creatività, non solo il dissenso, è un elemento di disturbo da rimuovere.
L’esito del tentativo di ridurre la rete a piattaforma commerciale e fabbrica del consenso non è però scontato. Non solo perché, come nel caso di autistici, un sito che viene fatto chiudere in Italia risorge e si moltiplica in un nuovo altrove della rete, ma anche perché ogni censura è una sfida all’intelligenza e alla capacità di innovare di chi la rete la «inventa» ogni giorno, come Autistici, appunto. E di chi sa che è necessario opporsi alla commercializzazione della rete per ridefinire Internet come dominio pubblico, a cominciare dalla tutela della libertà d’espressione, senza la quale nessuna sfera pubblica può esistere.