Con Wiki, senza amare Julian

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Hacker italiani a favore della trasparenza ma non dell’australiano
Arturo Di Corinto
per Il Sole 24 Ore del 14 dicembre 2010 – pag.14 – Mondo

“Nella gara tra segretezza e verità vincerà sempre la verità”. Ma la verità, come la libertà, per gli hacker è un concetto binario: o c’è o non c’è. Questo è quello che credono molti sostenitori italiani di Wikileaks. Sostenitori del progetto, e non di Assange, su cui “non tutti sono pronti a mettere una mano sul fuoco”, dice Carl0s, e di cui non amano il protagonismo e il profilo mediatico. La galassia hacker momentaneamente coagulata intorno a Wikileaks lo fa in omaggio al noto adagio dell’etica hacker “information wants to be free”. Dice Carl0s “E’ importante il progetto cui Assange ha dato vita, non lui come persona” e aggiunge: “Wikileaks è diventato un baluardo dell’informazione, non perché senza macchia e senza paura, ma perché difende il diritto fondamentale di rendere trasparenti notizie che contribuiscono a formare l’opinione pubblica”. “Ma l’idea della trasparenza a ogni costo, la casa di vetro, è un concetto nazista, da grande fratello”.
Se il giudizio definitivo su Assange può essere rimandato è invece chiaro e definitivo quello sui governi corrotti e guerrafondai “che usano ogni mezzo per intimidire i portabandiera della libertà d’informazione” e che secondo gli hacker vanno difesi, come con l’operazione Payback condotta da Anonymous.
Alla spy story di Assange si poteva reagire in molti modi diversi, ma gli hacker italiani ne hanno scelti due. Il primo è stato supportare l’operazione Payback attaccando i siti che hanno provato a togliere il terreno sotto ai piedi del progetto trasparenza di WL – Amazon, eBay, le Poste svizzere. Dice Vecna “le rappresaglie informatiche non sono nuove e sono connaturate alla rete in quanto piattaforma globale che consente alle persone di mettersi d’accordo per ottenere un risultato”. “Prima c’erano i netstrike per bloccare l’accesso ai siti (equivalente informatico del camminare sulle strisce pedonali per bloccare il traffico ndr), oggi ci sono altre tecniche”. “Low orbit ione cannon è il nome del software su Sourge forge con cui è stato fatto l’attacco Payback”. “Un sistema abbastanza banale ma che consente di lavorare in tanti senza avere grandi conoscenze informatiche”.
Il secondo tipo di strategia è stata quello di replicare le informazioni di Wikileaks all’infinito come hanno fatto hacker e attivisti italiani riuniti intorno a Indymedia facendone un mirror http://wikileaks.italy.indymedia.org o creando Openleaks. “Openleaks rappresenta un modo diverso di fare informazione indipendente. Imparando dagli errori di Wikileaks e sviluppando il progetto secondo una logica peer to peer emergerà il modello vincente per il futuro, basato sull’approccio alla condivisione tipico della logica hacker”, dice Bakunin del gruppo Ipppolita.
Questa differenza riflette abbastanza bene la frammentazione della galassia hacker che sfugge a ogni tentativo di definizione univoca. “Non siamo cuori solitari, individualisti e anarchici” sostiene Mendax (il nome da hacker di Assange, ndr), “la cifra che ci accomuna è il senso di appartenenza a una comunità fintanto che se ne condividono logiche e obiettivi: autorevolezza contro autorità, competenza contro gerarchie, libertà contro controllo”.

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