Attacco informatico di Anonymous pro-Palestina contro Israele. Ma l’obiettivo fallisce
A una settimana dal giorno in cui Israele ricorda la Shoah, il 16 aprile, gruppi di attivisti palestinesi hanno condotto una massiccia azione denominata “Olocausto elettronico” contro siti web e account privati israeliani poi pubblicati su Internet. Ma c’è stato solo un temporaneo blocco dei sistemi. E la maggioranza degli hacker del gruppo si è dissociata dall’iniziativa proprio per il nome dato all’assalto
di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 8 aprile 2015
L’AVEVANO promesso e l’hanno fatto. A una settimana dal giorno in cui Israele ricorda la Shoah, il 16 aprile, gruppi di attivisti pro Palestina hanno condotto un massiccio attacco informatico contro siti web e account privati israeliani successivamente pubblicati su Internet. A rivendicare l’attacco è stato un gruppo composito sotto la maschera di Anonymous. E tuttavia la maggior parte degli attacchi ha causato solo il temporaneo malfunzionamento di siti web istituzionali e il temuto “Olocausto elettronico” non c’è stato. Ma era così che AnonGhost e altri avevano annunciato l’operazione che ormai da diversi anni si ripete contro Israele per denunciarne la politica nei confronti dei palestinesi e in particolare degli abitanti di Gaza: “Siamo tornati per punirvi di nuovo, per i vostri crimini nei territori palestinesi come facciamo ogni anno il 7 aprile. E come abbiamo fatto molte volte, bloccheremo i vostri server, siti governativi e militari, di banche e istituzioni pubbliche, vi cancelleremo dal cyberspazio”.
L’operazione è stata tuttavia bollata da più parti come un fiasco. Uno dei motivi dello scarso impatto dell’iniziativa annunciata il mese scorso con un video raccapricciante di scontri e torture nella martoriata Palestina parrebbe essere proprio la sua rivendicazione da parte del gruppo AnonGhost che si era già schierato a favore dell’Isis causando durissime contrapposizioni all’interno degli stessi Anonymous che il 7 e l’8 febbraio avevano preso di mira l’infrastruttura informatica del Cybercaliffato. E le critiche più pesanti sono venute proprio dagli ex-compagni di Anonymous per l’uso sbagliato del termine “Olocausto” nell’operazione “anti-sionista” tanto da indurli a ritirare il proprio consenso all’operazione.
Così la guerriglia informatica nei confronti di siti bancari, militari e universitari israeliani si è subito trasformata in una guerra di propaganda con molti supporters filo-israeliani che hanno ridicolizzato il tentativo degli anonymous pan-arabi di “cancellare Israele dal cyberspazio” mentre altri Anonymous hanno disprezzato apertamente l’uso dei simboli del Califfato islamico per rivendicare le azioni informatiche contro Israele. Eppure i siti irraggiungibili durante la giornata sono stati molti e nel corso delle ore sono stati pubblicati attraverso Pastebin e il loro elenco rilanciato da diversi siti indipendenti. Tra quelli colpiti, il sito del Parlamento israeliano e quello del Ministero dello Sviluppo che sono stati irraggiungibili solo per pochi minuti al mattino, come anche quello della polizia di stato, mentre a tarda sera erano “down” il sito del Ministero delle finanze e alcuni siti educativi promossi dal governo Netanyahu, compresi alcuni sottositi dell’Istituto Israeliano di Tecnologia “Technion”.
In aggiunta gli Anonymous che hanno rivendicato gli attacchi ai siti web hanno diffuso centinaia di account email e password di conti correnti elettronici (Paypal) che gli esperti di sicurezza stanno ancora verificando. Anonymous Arab, un gruppo che ha partecipato all’operazione ha rivendicato invece la sottrazione di informazioni sensibili relative a 150 mila cittadini israeliani: nomi, email, password, indirizzi e numero di telefono cellulare.
Alcuni esperti indipendenti hanno tuttavia insinuato che non si tratti di email attive e che questi lunghi elenchi potrebbero essere stati semplicemente riciclati dal “bottino” degli anni scorsi (#OpNazileaks) quando, al contrario di oggi, l’esercito informatico di Israele non era giunto così preparato per contrastarli.
Mauritania Attacker, uno dei leader e fondatore di AnonGhost-Team, presente anche su Facebook ha invece rivendicato l’intrusione nel sito di alcune radio israeliane e portandone le prove su Twitter ha consigliato di spegnerle per “ascoltare il Corano”. Perciò molti di quelli che si erano spesi a favore della Palestina boicottando Israele e la sua politica si sono ritirati dalla partita dichiarandosi a più riprese contrari a ogni forma di integralismo religioso.