La Repubblica: Pirateria online, le norme sono a rischio: impugnato il regolamento Agcom

la-repubblica-it-logoPirateria online, le norme sono a rischio: impugnato il regolamento Agcom

Guerra aperta tra l’autorità e le associazioni di settore. Il 31 marzo entra in vigore il provvedimento e le associazioni di categoria lo portano subito in tribunale. Intanto l’Autorità ha già firmato la convenzione operativa per la gestione informatica: se ne occuperà la Fondazione Bordoni per 600 mila euro

di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 29 Marzo 2012

IL 31 Marzo 2014 entra in vigore il regolamento per la tutela della proprietà intellettuale online voluto dall’Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni. Il provvedimento, contestato da associazioni e Internet Service Provider, è oggetto di ben tre ricorsi, tra cui quello dell’associazione stampa online (ANSO), e sarà applicato attraverso una procedura informatica progettata dalla Fondazione Bordoni.  Intenzione già anticipata da Repubblica molti mesi fa, Agcom ha infatti definito il trasferimento di ingenti risorse, quasi 600mila euro, alla Fondazione Bordoni, per rendere operativo il provvedimento che prevede l’interdizione dell’accesso ai siti pirata. La convenzione, stipulata dal presidente Cardani con Alessandro Luciano, oggi presidente Bordoni ma commissario Agcom dal 1998 al 2005, prevede l’affidamento della gestione informatica del provvedimento alla fondazione in quanto ente di ricerca e sotto la responsabilità dell’Ufficio diritti digitali della Direzione Servizi media dell’authority.

Un fatto che ha già innescato una vivace polemica tra gli addetti ai lavori a fronte della più volte dichiarata assenza di oneri per l’Autorità nell’attuazione del regolamento. Sapendo però che i soldi Agcom non sono soldi pubblici ma il risultato del finanziamento obbligatorio delle imprese di telecomunicazioni, le stesse che potrebbero essere colpite dal provvedimento in quanto fornitori di connettività e servizi Internet a privati ed aziende. Le stesse che hanno da poco avuto soddisfazione dal Tar del Lazio non avendo accettato un aumento delle quote di finanziamento da devolvere alla stessa Agcom.

Secondo gli esperti della Fub il processo sarebbe basato su di una nuova metodologia di lavoro frutto di “una lunga analisi interdisciplinare, che ha visto la collaborazione di giuristi e ingegneri, ed ha preso in considerazione i vincoli normativi e i processi organizzativi interni all’Autorità”. Ma qui casca l’asino. Se non sono molti i 600 mila euro per le gestione informatica dei ricorsi quando paragonati ai 10 milioni all’epoca previsti per l’Hadopi (l’alta corte francese incaricata di perseguire la pirateria online), una mera procedura informatica che raccolga le segnalazioni e tracci il comportamento dei siti incriminati, se automatizzata, potrebbe diventare subito inibizione senza possibilità di aggiustamenti. Come era accaduto coi 46 siti sequestrati dalla Guardia di Finanza nei giorni scorsi quando ci si era accorti che il blocco degli Ip rendeva irraggiungibili anche contenuti legittimi.

Ma Il rischio vero, come nota l’avvocato Guido Scorza, è che se passa il principio per cui un’Autorità amministrativa come Agcom, senza alcuna delega nella legge, può arrogarsi il diritto di riscrivere le regole di una legge esistente (lda 633/1941) rispetto alla quale è sempre possibile invocare il giudice ordinario, anche d’urgenza, come accade normalmente, potremmo dover assistere ad analoghi regolamenti in materia di cybercrime, cyberbullismo, hatespeech online, diffamazione ed ogni altro genere di illecito nello spazio pubblico telematico. Per questo, tutti i soggetti in campo contro l’Agcom ci hanno confermato di essere pronti ad arrivare davanti ai Giudici della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e perfino alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

I soldi, la Bordoni e il sindacato.  Tutto questo mentre i sindacati confederali Cgil-Cisl-Uil, hanno spedito una lettera aperta ai vertici dell’Agcom, in merito al personale che verrebbe dedicato alla procedure di rimozione e che chiedono di assegnarne i relativi compiti ai lavoratori degli uffici di Napoli dove si trova la sede deputata di Agcom. La richiesta non è peregrina. Secondo la Cgil, che ha appena vinto un ricorso contro l’Agcom per comportamento antisindacale, non è ben chiaro infatti chi dovrà occuparsi dell’istruttoria relativa alla valutazione delle presunte violazioni e della relativa notifica prima finire al consiglio Agcom in seguito all’avvio della procedura informatizzata. Non è chiaro cioè se dovrà essere compito precipuo della direzione Media o, come si vocifera, di altra struttura incaricata ad hoc.
Intanto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha appena decretato che il blocco dei siti pirata da parte degli Internet Service Provider è una pratica perfettamente legale.

Ma l’associazione Nazionale Stampa Online, la Federazione dei media indipendenti (Femi) e l’Open media coalition hanno portato il provvedimento al Tribunale amministrativo del Lazio perché venga sospeso in quanto illegittimo e ritengono che “mentre è giusto tutelare il lavoro di autori ed editori, non si possono scavalcare le garanzie costituzionali, come il diritto al giudice naturale e a un giusto processo”.

Si sono appellati al TAR anche la Confcommercio e alcune associazioni di consumatori. Il legale di queste associazioni, Fulvio Sarzana di S. Ippolito, pur non smentendo la notifica all’Agcom ed il deposito del ricorso, non ha voluto fornire informazioni sull’iniziativa intrapresa. Anche il colosso delle tlc Wind, avrebbe impugnato il regolamento ma non ha ancora deciso se confermare il ricorso già notificato ad AGCOM depositando lo stesso presso il Tar del Lazio (in questo caso Wind è preoccupata degli oneri per richiesta di blocco che è in capo ai provider).


IL 31 Marzo 2014 entra in vigore il regolamento per la tutela della proprietà intellettuale online voluto dall’Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni. Il provvedimento, contestato da associazioni e Internet Service Provider, è oggetto di ben tre ricorsi, tra cui quello dell’associazione stampa online (ANSO), e sarà applicato attraverso una procedura informatica progettata dalla Fondazione Bordoni.  Intenzione già anticipata da Repubblica molti mesi fa, Agcom ha infatti definito il trasferimento di ingenti risorse, quasi 600mila euro, alla Fondazione Bordoni, per rendere operativo il provvedimento che prevede l’interdizione dell’accesso ai siti pirata. La convenzione, stipulata dal presidente Cardani con Alessandro Luciano, oggi presidente Bordoni ma commissario Agcom dal 1998 al 2005, prevede l’affidamento della gestione informatica del provvedimento alla fondazione in quanto ente di ricerca e sotto la responsabilità dell’Ufficio diritti digitali della Direzione Servizi media dell’authority.

Un fatto che ha già innescato una vivace polemica tra gli addetti ai lavori a fronte della più volte dichiarata assenza di oneri per l’Autorità nell’attuazione del regolamento. Sapendo però che i soldi Agcom non sono soldi pubblici ma il risultato del finanziamento obbligatorio delle imprese di telecomunicazioni, le stesse che potrebbero essere colpite dal provvedimento in quanto fornitori di connettività e servizi Internet a privati ed aziende. Le stesse che hanno da poco avuto soddisfazione dal Tar del Lazio non avendo accettato un aumento delle quote di finanziamento da devolvere alla stessa Agcom.

Secondo gli esperti della Fub il processo sarebbe basato su di una nuova metodologia di lavoro frutto di “una lunga analisi interdisciplinare, che ha visto la collaborazione di giuristi e ingegneri, ed ha preso in considerazione i vincoli normativi e i processi organizzativi interni all’Autorità”. Ma qui casca l’asino. Se non sono molti i 600 mila euro per le gestione informatica dei ricorsi quando paragonati ai 10 milioni all’epoca previsti per l’Hadopi (l’alta corte francese incaricata di perseguire la pirateria online), una mera procedura informatica che raccolga le segnalazioni e tracci il comportamento dei siti incriminati, se automatizzata, potrebbe diventare subito inibizione senza possibilità di aggiustamenti. Come era accaduto coi 46 siti sequestrati dalla Guardia di Finanza nei giorni scorsi quando ci si era accorti che il blocco degli Ip rendeva irraggiungibili anche contenuti legittimi.

Ma Il rischio vero, come nota l’avvocato Guido Scorza, è che se passa il principio per cui un’Autorità amministrativa come Agcom, senza alcuna delega nella legge, può arrogarsi il diritto di riscrivere le regole di una legge esistente (lda 633/1941) rispetto alla quale è sempre possibile invocare il giudice ordinario, anche d’urgenza, come accade normalmente, potremmo dover assistere ad analoghi regolamenti in materia di cybercrime, cyberbullismo, hatespeech online, diffamazione ed ogni altro genere di illecito nello spazio pubblico telematico. Per questo, tutti i soggetti in campo contro l’Agcom ci hanno confermato di essere pronti ad arrivare davanti ai Giudici della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e perfino alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

I soldi, la Bordoni e il sindacato.  Tutto questo mentre i sindacati confederali Cgil-Cisl-Uil, hanno spedito una lettera aperta ai vertici dell’Agcom, in merito al personale che verrebbe dedicato alla procedure di rimozione e che chiedono di assegnarne i relativi compiti ai lavoratori degli uffici di Napoli dove si trova la sede deputata di Agcom. La richiesta non è peregrina. Secondo la Cgil, che ha appena vinto un ricorso contro l’Agcom per comportamento antisindacale, non è ben chiaro infatti chi dovrà occuparsi dell’istruttoria relativa alla valutazione delle presunte violazioni e della relativa notifica prima finire al consiglio Agcom in seguito all’avvio della procedura informatizzata. Non è chiaro cioè se dovrà essere compito precipuo della direzione Media o, come si vocifera, di altra struttura incaricata ad hoc.
Intanto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha appena decretato che il blocco dei siti pirata da parte degli Internet Service Provider è una pratica perfettamente legale.

Ma l’associazione Nazionale Stampa Online, la Federazione dei media indipendenti (Femi) e l’Open media coalition hanno portato il provvedimento al Tribunale amministrativo del Lazio perché venga sospeso in quanto illegittimo e ritengono che “mentre è giusto tutelare il lavoro di autori ed editori, non si possono scavalcare le garanzie costituzionali, come il diritto al giudice naturale e a un giusto processo”.

Si sono appellati al TAR anche la Confcommercio e alcune associazioni di consumatori. Il legale di queste associazioni, Fulvio Sarzana di S. Ippolito, pur non smentendo la notifica all’Agcom ed il deposito del ricorso, non ha voluto fornire informazioni sull’iniziativa intrapresa. Anche il colosso delle tlc Wind, avrebbe impugnato il regolamento ma non ha ancora deciso se confermare il ricorso già notificato ad AGCOM depositando lo stesso presso il Tar del Lazio (in questo caso Wind è preoccupata degli oneri per richiesta di blocco che è in capo ai provider).

Lascia un commento