Svelato il codice etico. Così Facebook sceglie i post da cancellare
Le religioni si criticano, i fedeli no. E chi è famoso può essere irriso. Ecco il manuale segreto del social network
di ARTURO DI CORINTO per La Repubblica del 27 Dicembre 2016
ROMA – I “migranti sono sporchi” si può dire, i “migranti sono sporcizia” no. “Le ragazze irlandesi sono stupide” va cancellato, “i teenager irlandesi sono stupidi” può rimanere. “L’Islam è una truffa” si può dire (forse), “i religiosi musulmani sono truffatori” no. In base a quali regole? Quelle, finora segrete che Facebook, il più grande social network al mondo (quasi due miliardi di account utente), detta al suo staff incaricato di cancellare i post inopportuni.
I moderatori di Facebook, a volte dipendenti di aziende appaltatrici, devono vigilare e garantire che il social network creato da Mark Zuckerberg rimanga un luogo conviviale, sereno e adatto al business. Più le persone pubblicano notizie, foto e informazioni che suscitano dibattito e aumentano i “like”, più costa la pubblicità sul sito e maggiori sono gli introiti della piattaforma di condivisione. Perciò è compito dei moderatori scoraggiare comportamenti che fanno scappare gli utenti.
A scoprire le regole sottostanti questa filosofia sono stati due giornalisti tedeschi della Süddeutsche Zeitung. Till Krause e Hannes Grassegger hanno infatti avuto accesso ai documenti interni dei moderatori e li hanno pubblicati spiegando quali sono i criteri che decidono la cancellazione di certi post e non di altri. Facebook, invece, si era sempre rifiutato di rendere pubbliche le regole di cancellazione dei contenuti scorretti pubblicati sulla sua piattaforma.
I documenti trapelati contengono criteri basati sul buon senso e su una definizione certosina delle categorie da proteggere. Così si scopre che i moderatori sono particolarmente attenti al bullismo online e all’hate speech rivolto a categorie protette come giovanissimi e anziani, docenti, donne e disoccupati. I post che contengono ingiurie, toni sprezzanti, violenti e minacciosi verso categorie protette in base a razza, etnia, religione, provenienza nazionale, orientamento sessuale e identità di genere devono essere cancellati. Per le religioni (dall’Islam al cattolicesimo fino a Scientology) le regole si applicano così: sono protetti gli appartenenti ai gruppi religiosi, ma non le religioni. E lo stesso vale per i singoli Paesi. Si può parlare male di Germania e Francia ma non di tedeschi e francesi.
Fare una graduatoria delle persone sulla base dell’aspetto fisico o dei tratti di personalità è considerato bullismo e quindi non è permesso. Atteggiamenti “autolesionistici” come i tatuaggi e il piercing estremo possono essere pubblicati se non invitano gli altri a “farlo a casa”. Ma le persone che postano immagini di ferite autoinflitte vanno messe in contatto con chi li può aiutare. Come ogni servizio editoriale anche Facebook distingue le figure pubbliche dai semplici cittadini. Chi ha più di 100 mila followers, va in televisione, fa dichiarazioni pubbliche o è stato menzionato nelle cronache più di cinque volte negli ultimi due anni, è una persona famosa e come tale può essere oggetto di irrisione e critiche anche pesanti. Persino se le celebrità vengono fotografate mentre espletano funzioni corporali il post che li riguarda va ignorato.
Di fronte alla rivelazione di questo codice etico, i vertici del social network fanno sapere che “Facebook non è un posto per la diffusione di discorsi di odio, razzismo o appelli alla violenza. Valutiamo seriamente
tutti i contenuti che ci vengono segnalati”. Ma un manager che vuole mantenere l’anonimato spiega le ragioni della “segretezza” che finora aveva coperto le regole di cancellazione: “È per evitare che una volta apprese i soliti furbi trovino il modo di aggirarle”.