Creatività, politica e diritto d’autore

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Creatività, politica e diritto d’autore
Wired.it
Di Arturo Di Corinto |18 febbraio 2009 |Categorie: Politica

Anche il 2009, anno della creatività, è cominciato in Italia all’insegna dell’eterna lotta tra fazioni. Prima erano i guelfi e i ghibellini, poi i monarchici e i repubblicani, i fascisti e gli antifascisti, oggi l’industria dei contenuti contro quella dell’hardware e delle telecomunicazioni.

In un paese di santi, navigatori ed eroi, ma anche di cantanti, impresari, scrittori e registi, il tema dei diritti d’autore continua a dividere. L’oggetto della disputa è vecchio, ma lo scontro fra i detentori dei diritti e i fornitori di accesso e connettività è più vivo che mai. I primi continuano a rimproverare ai governi nazionali e all’Europa di non fare abbastanza per contrastare la pirateria digitale, mentre i secondi rispondono bruscamente alle accuse di lucrare sul download illegale di opere coperte da copyright.. In mezzo, gli autori che, tiranneggiati dagli editori e messi in crisi dall’industria del falso, sono quelli che ci rimettono di più.

Uno stallo che non vedrà mai un vincitore e che non scalfisce di un millimetro le abitudini ormai consolidate degli utenti che da tempo hanno individuato nella Darknet di internet il luogo privilegiato per accedere a contenuti illeciti, gratuiti o introvabili sul mercato.

Come dice Alessandro Ludovico, direttore di Neural, saggista ed esperto di suoni digitali: “attraverso internet i downloaders ricostruiscono la memoria musicale di generazioni, condividendo brani introvabili e fuori commercio”. E continua, “grazie alla rete i gusti si contaminano e le persone vengono invogliate a conoscere e consumare più musica”.

Non la pensano così da Fimi, i cui rappresentanti non si curano dei giri di parole: “Rubare musica è un reato”.

Per cercare di dirimere l’annosa vicenda, il governo italiano, dopo il sostanziale fallimento della legge Urbani, ha messo in campo varie iniziative:una di tipo operativo, il Comitato tecnico contro la pirateria digitale e multimediale guidato da Mauro Masi, l’altra di tipo legislativo, facendo ripartire il Comitato Permanente per la riforma del diritto d’autore presieduta dal professore Alberto Maria Gambino.

Nessuno si nasconde che all’interno di questi organismi peseranno le posizioni degli attori meglio organizzati, cioè le associazioni di categoria del cinema, della musica, dell’editoria, mentre scarsa considerazione avranno le voci di esperti indipendenti e dei consumatori.

Ma la domanda rimane: è possibile equilibrare i diritti degli autori con quelli dei fruitori? E come?L’Istituto per le politiche dell’innovazione, un think tank di avvocati romani esperti di informatica ha una proposta semplice: da un lato, diffondere una cultura digitale che induca i downloaders ad apprezzare, nonostante la gratuità, il valore dei contenuti reperibili in rete, e dall’altro incoraggiare le aziende ad intraprendere modelli di business alternativi che invoglino i consumatori a comprare di più, pagando meno. Infine, adottare nuovi modelli e schemi di enforcement del diritto d’autore di natura informatica e giuridica, separando la gestione dei diritti digitali (DRM), dalle Misure tecniche di protezione (TPM).

Più radicale la posizione del network di Frontiere digitali composto da 60 associazioni no-profit e da molti artisti. Le loro richieste vanno dalla riduzione del tempo di vita del diritto d’autore a 14 anni, all’ampliamento del fair use e alladepenalizzazione dei reati collegati alla violazione della proprietà intellettuale. Ma su una cosa tutti sembrano convergere: la ridefinizione del ruolo della Siae come collecting society monopolista.

Poiché entrambi i giganti, le major e le telco con gli ISP non arretrano di un passo dalle loro posizioni, sarebbe tempo di riportare tutto nella giusta dimensione e come nell’apologo di Menenio Agrippa, capire che gli arti devono cooperare con lo stomaco e viceversa per mantenere vivo e in salute il proprio padrone, in questo caso i consumatori, che forse sarebbero anche più disponibili a pagare per quello che consumano se solo diventasse più semplice e meno costoso.

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