Una modella senza mani, una ballerina con la gamba bionica, uno psicologo con disabilità con un braccio robotico e un biohacker con un chip nella mano, che cosa hanno in comune? L’appartenenza a una nuova classe di esseri umani potenziati dalle tecnologie. Grazie a una modifica biologica del proprio organismo, stanno facendo una serie di esperienze ai limiti della magia. E l’hanno raccontato a Kaspersky Next 2021, evento dedicato alle tecnologie di human augmentation.
Di che si tratta? Quando parliamo di human augmentation parliamo di potenziamento delle facoltà percettive, motorie e cognitive umane, in modi che prima erano impossibili o impensabili. Ma parliamo anche dello spostamento delle frontiere della scienza, dell’etica, della percezione sociale del diverso da sé.
Il potenziamento può essere richiesto per motivi di salute – l’innesto di un arto bionico che ne sostituisce uno malato – oppure le persone possono scegliere di aumentare se stessi, a un livello basico per esempio, inserendo chip di identificazione a radiofrequenza (Rfid) nel proprio corpo. E sono di più di quante non si pensi. Il chip sottopelle è usato oggi da un buon numero di svedesi che ci “timbra” il biglietto del tram.
Le storie dei protagonisti
In seguito a una diagnosi di setticemia da meningococco, a soli 15 mesi, Tilly Lockey, modella e presentatrice, ha subito una doppia amputazione delle mani. Dopo aver indossato alcune protesi mioelettriche di base, le è stato fornito l’Hero Arm di Open Bionics. Attraverso le tecnologie di augmentation Lockey sta tentando di cambiare il modo in cui le protesi sono viste e percepite, mostrando la bellezza nelle differenze.
Viktoria Modesta, artista pop con una gamba artificiale, si esibisce al Crazy Horse di Parigi e ha sviluppato un suo approccio multidisciplinare alla performance art con un tocco post-umano. Mentre Bertolt Meyer, professore di psicologia dotato di una mano bionica, indaga su come la bionica cambi la percezione della società delle persone con disabilità.
La loro tesi collettiva? Il potenziamento umano, che sembra fantascienza, per alcune persone è ormai una realtà quotidiana. Non parliamo di cyborg dalla forza sovrumana e con la visione a raggi X, ma di persone comuni, con braccia o gambe bioniche, o alle quali è stato impiantato un chip, che vivono una “normale” vita professionale e di relazione.
Il rapporto di Kaspersky sull’augmentation
Secondo un rapporto di Kaspersky quasi la metà (46,5%) dei 6.500 adulti europei intervistati crede che le persone dovrebbero essere libere di migliorare il proprio corpo con la tecnologia di potenziamento umano, ma molti nutrono preoccupazioni per l’impatto sociale. Solo il 12% degli europei sarebbe contrario a lavorare con una persona potenziata perché ritiene di avere un vantaggio ingiusto sul posto di lavoro. Tuttavia, quasi due adulti europei su cinque (39%) temono che il potenziamento umano possa portare a future disuguaglianze sociali o conflitti. Nel complesso, quasi la metà (49%) degli intervistati è “entusiasta” o “ottimista” riguardo a una società futura che includa persone sia aumentate che non. Una buona notizia.
Quasi la metà (45%) di loro non avrebbe problemi a uscire con una persona aumentata e qualcuno lo ha già fatto. Circa tre europei su dieci (29,5%) sosterrebbero un membro della famiglia che ha deciso di aumentare se stesso, indipendentemente dal motivo, e solo il 16,5% degli europei considera “strana” la scelta di “aumentarsi”, mentre poco più di un quarto (27%) ritiene che le persone aumentate dovrebbero avere una rappresentanza speciale a livello governativo, rispetto al 41% che si oppone all’idea.
La storia della human augmentation
Dal guanto virtuale di Jaron Lanier per suonare la chitarra ai dispositivi per la realtà virtuale (Vr), se si segue il filone letterario dei romanzi cyberpunk che narrano di robot intelligenti e innesti neurologici, questi neo-umani sembrano incarnare le tesi evolutive dello storico ebreo Yuval Noah Harari, che nei suoi saggi immagina gli uomini più simili agli dei della mitologia che agli umani della cui specie ci riconosciamo, quella degli Homo Sapiens.
Che è poi curiosamente il nome del quarto testimone di questa nuova classe di umani interrogato da Kaspersky: l’amministratore delegato di DSruptive Subdermals, Hannes Sapiens Sjöblad. Imprenditore, innovatore e consulente sull’impatto che le tecnologie esponenziali hanno sulla condizione umana, Sjöblad ha un chip sottopelle con cui apre e chiude porte senza muovere un muscolo. E per questo si chiede quale sia il confine tra l’io e il noi della tecnologia e come si possano integrare diritti umani e cybersecurity nel momento in cui il nostro corpo diventa potenziabile a piacere.
Una domanda che se ne porta dietro molte altre. L’impianto, di chi è? Della ditta produttrice o dell’impiantato? L’azienda proprietaria rispetta la protezione dei dati generati dall’organismo? Può fare degli update senza consenso? Quali sono i limiti del copyright o dei brevetti associati all’impianto? Domande destinate a rimanere senza risposta quando, come sottolinea Marco Preuss di Kaspersky, le tecnologie di augmentation che potenziano sensi e percezione non sono solo dispositivi medici. Secondo il ricercatore ci vorrà molto tempo per capirlo e per questo i fornitori di tecnologia dovranno spingere il processo di individuazione di regole e standard.
Queste domande non sono nuove
Le riflessioni relative al potenziamento biologico ripercorrono almeno 30 anni di dibattito, dalle cyberstrategie prostetiche di Stelarc al ruolo delle tecnologie dell’intelligenza di Pierre Lévy e al successo del Partito Transumanista di Istvan Zoltan che, immaginando un futuro di esseri potenziati dalla tecnologia, predica il potenziamento umano per sconfiggere morte e malattie. Un futuro che è già presente.
Così tanto presente da porci serie domande su come evolverà il nostro già stretto rapporto con la tecnologia. A cominciare dal fatto che ogni dispositivo artificiale può essere hackerato. Incluse le protesi che sono connesse in rete e la cui sicurezza è fondamentale. Come ha detto Modesta, che sente “di aver bisogno di una sorta di maggiore sicurezza, per il rapporto intimo che tutti abbiamo con la tecnologia”, e che “ci obbliga”, secondo David Jacoby di Kaspersky, a farlo prima di immettere nuove tecnologie sul mercato: “Se non ci pensiamo oggi dovremo pensarci domani”, visto che nel futuro prossimo queste tecnologie saranno economiche e disponibili a tutti.
Anche oggi le aziende connettono ogni tipo di dispositivo come i pc, le auto e le tv, ma il rischio di un hackeraggio non voluto – di un organo o di un arto artificiali – è chiaramente un rischio che non possiamo permetterci di correre.