Wired: Promuovitalia, un furto su commissione per nascondere i bilanci?

wiredlogoPromuovitalia, un furto su commissione per nascondere i bilanci?

Nella sede dell’agenzia controllata dal Ministero del Turismo oggi in bancarotta, sono stati rubati i computer di sette tra i responsabili di bilanci e audit. A 100 metri da Palazzo Chigi, in una delle zone più sorvegliate di Roma e senza effrazione

di Arturo Di Corinto per Wired del 17 luglio 2015

Domenica notte hanno rubato sette computer nella sede di Promuovitalia spa, società del Ministero della cultura e del turismo da poco fallita, con un buco di 17 milioni di euro e la guardia di finanza e i creditori fuori della porta.

Un fatto banale forse, visto che d’estate i furti negli appartamenti e negli uffici si moltiplicano. Ma non lo è per due motivi.
Il primo è che Promuovitalia ha sede in via San Claudio, esattamente a 100 metri dalla presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Parlamento, uno dei luoghi più vigilati di Roma.
Il secondo è che sembra che i ladri siano arrivati con la piantina dell’edificio in mano, visto che hanno operato su due piani diversi e trafugato sette computer da sei diverse stanze. Sette computer rubati su 110 presenti in sede: 60 pc su altrettante scrivanie e altri cinquanta in magazzino al secondo piano.

Un furto su commissione? È quello che in molti hanno pensato. Ma perchè? Per capirlo bisogna ragionare come gli investigatori dei Carabinieri che sono subito accorsi sul posto per constatare la sparizione anche di un sofà, una stampante, tre vecchi cellulari e una piantana da ufficio, ma senza trovare segni evidenti d’effrazione.

La prima domanda posta dai Carabinieri quindi sarebbe stata: ma di che si occupa Promuovitalia? Promuovitalia è una società prima controllata e poi vigilata dal Ministero della cultura e del turismo che l’ha sempre usata per dare appalti diretti in attività di promozione, formazione e valorizzazione del turismo. Lo stesso ha fatto il Ministero dello Sviluppo economico che gli ha appaltato circa 100 milioni di euro di commesse nello stesso settore, essendo la società, per statuto, una “in house providing” del Mibact che a una certa data ne aveva ereditato risorse, strumenti e personale, ma che poteva operare anche per altre amministrazioni, come il Mise, appunto. Secondo lo statuto, la società poteva fare anche attività di libero mercato (ma non l’ha fatto) e fino al 2012 ha tenuto i conti in ordine, poi è successo qualcosa. Sopratutto intorno al suo progetto più consistente, la linea Lavoro e Sviluppo (L&S), dedicata ai giovani disoccupati del Sud.

Che cosa è andato storto? Arrivato il nuovo Cda nel maggio 2012, presidente Costanzo Jannotti Pecci (già Federterme, già Cnel, oggi presidente Confindustria Campania), vicepresidente Massimo Ostillio (ex portavoce di Clemente Mastella), sono cominciate le liti che hanno paralizzato la società, esaurito i soldi in cassa, 10 milioni di euro al febbraio 2014, e costretto il ministro Dario Franceschini a liquidare la società con la legge “Art Bonus”. “I soldi sono stati spesi in attività gestionali non coerenti coi progetti affidati e che pertanto non potevano essere rendicontate”, dice l’ex direttore di Promuovitalia Francesco Montera. Si trattava infatti per lo più di fondi UE i cui progetti funzionano a “revolving”, cioè i denari erogati sono sempre un’anticipazione delle attività da svolgere che il committente richiede che siano certificate. “Ma se tu effettui dei tirocini non rendicontabili e spendi per affitti, trasporti, consulenti, personale, audit, avvocati, giornali, trasporti, viaggi, spese postali e buoni mensa, e non puoi rendicontare queste attività, non puoi aspettarti una nuova tranche di finanziamento”. La società avrebbe perciò bruciato gran parte dei suoi fondi per pagare vertici, dipendenti e mantenimento degli uffici. “Promuovitalia campava in equilibrio sulla rendicontazione – aggiunge Montera – L’ultimo Cda ha interrotto questo ciclo e i soldi a un certo punto sono finiti.”

La seconda domanda posta dai Carabinieri è stata: di chi erano i computer trafugati? I computer trafugati erano di Claudio Carpineti, Antonino Bussandri, Massimo Perrino, Alessandro Petroli, Raffaella Di Fazi, Giuseppe Ciminello, Eleonora Marti. Chi sono costoro?
Claudio Carpineti è il direttore della società appena fallita ed era stato voluto dal cda che nel 2013 aveva cacciato Francesco Montera, suo predecessore, per una lettera richiestagli dal ministro Massimo Bray in cui Montera lamentava il progressivo degrado della società. Claudio Carpineti è un agronomo, con un Ph.d. in organizzazione a Piacenza, ex collega dello stesso ministro Bray con cui aveva lavorato in Treccani. Antonino Bussandri, ex dirigente provinciale della Cgil di Piacenza, è il funzionario che aveva preso in mano il progetto Lavoro e Sviluppo 4 ed è indagato a Roma per false fatture relative al progetto di cui era responsabile, posizione da cui non era stato rimosso neppure dopo le denunce dell’ex dg Montera.
Massimo Perrino è l’avvocato che prima seguiva come esecutivo sul campo i progetti Lavoro e Sviluppo, poi è diventato responsabile del servizio legale e come tale custode degli audit interni relativi all’accesso abusivo al sistema informatico e alla falsificazione delle fatture L&S. Da anni segue le complesse vicende giudiziarie della società ed ha avuto la delega a procedere per conto della società dal suo liquidatore Antonio Venturini. Alessandro Petroli, genero dell’onorevole Augello, ex collaboratore dell’onorevole Marcello Taglialatela, è stato il segretario del consiglio di amministrazione con delega al Centro Elaborazione Dati della società. Raffaella Di Fazi è stata sempre nella segreteria del cda, Giuseppe Ciminello seguiva invece gli ordini di acquisto, le gare, e il protocollo. Eleonora Marti è la sindacalista cislina a cui hanno sabotato l’automobile per ben quattro volte. Addetta al controllo documentale e assistente alla rendicontazione per i progetti L&S, Motus, Replay, L&S4, dal 2007 al 2013. Tutto questo prima di venire demansionata e subire un provvedimento disciplinare per non aver voluto firmare dei timesheet di un progetto a cui non aveva lavorato.

La disastrosa situazione della società e il furto dei computer potrebbero essere collegati? Non lo sappiamo, ma di fatto la società è appena fallita, lasciando un buco di 17 milioni di euro e senza stipendio centinaia di lavoratori e tirocinanti. Le sue attività sono da tempo oggetto d’interesse di diversi filoni d’inchiesta della Procura di Roma. Per cosa? False fatturazioni, falsificazione di verbali, frode fiscale, truffa aggravata, manipolazione di server informatici e violazione della privacy di funzionari e dipendenti.
Se su quei computer c’era materiale per le indagini in corso adesso lo potrà scoprire solo una nuova, ennesima, indagine.

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