Governo elettronico e divario digitale

Amministrazione, democrazia e comunicazione telematica, tre libri e due summit
ARTURO DI CORINTO
il manifesto – 14 Novembre 2003

Basta con le file. Basta con la carta bollata. Basta con la gimkana tra gli uffici. Basta con gli sprechi. È l’ora dell’e-government, la rivoluzione informatica al servizio del cittadino, ovvero l’erogazione di servizi amministrativi attraverso la rete.

La possibilità di richiedere un certificato, una licenza, la verifica della posizione Inps, comodamente seduti davanti al proprio computer, al terminale di un ufficio municipale o di un Internet cafè. È la storia di questa rivoluzione che Luigi Tivelli e Sergio Masini, l’uno consigliere, l’altro dirigente per la presidenza del consiglio, raccontano nel libro Un nuovo modo di governare. L’e-Government e il cambiamento della pubblica amministrazione, (Fazi editore, € 18), una ricognizione sintetica dei passaggi che hanno condotto all’ammodernamento della pubblica amministrazione con le nuove tecnologie e che gli autori giustamente fanno risalire al 1990 con la legge 241, la «legge sulla trasparenza amministrativa» che, imponendo tempi certi ai procedimenti amministrativi, ha sottratto potere a chi da «ritardi» e «accellerazioni» cercava di trarre un vantaggio personale. Ma se la tecnologia avanza, l’innovazione non arriva a tutti. I problemi irrisolti sono ancora la lenta diffusione dei computer nelle famiglie, la scarsa alfabetizzazione e i costi delle connessioni. In una parola, il digital divide, l’altra faccia della rivoluzione elettronica, la frattura che divide chi è in grado di accedere alle nuove tecnologie e chi no. Un concetto nato per indicare l’ineguale ritmo di penetrazione delle tecnologie fra le aree agricole e quelle urbane degli Stati Uniti ma ormai usato soprattutto per indicare il divario fra il nord e il sud del mondo, dimenticando che riguarda anche casa nostra.

A questi argomenti sono stati dedicati due libri. Il primo è Digital Divide. La nuova frontiera dello sviluppo globale, a cura di Raffaele Tarallo e con la prefazione di Franco Bassanini (FrancoAngeli, € 19). Un volume collettivo che passa in rassegna i problemi dell’accesso alle nuove tecnologie e li mette in relazione con l’analfabetismo digitale per molti versi simile al «non sapere leggere, né scrivere» del secolo scorso. Il secondo è Internet: la democrazia possibile di Paolo Zocchi (Guerini e Associati, € 18,50) che si misura con le potenzialità della comunicazione telematica per aumentare benessere, consapevolezza e autonomia di uomini e donne, anche attraverso il governo elettronico, che l’autore considera un potenziale volano alla crescita dell’economia di rete.

Oltre a numerosi dati quantitativi sullo stato del divario digitale interno ed esterno, ai dati sulla (scarsa) penetrazione dei dispositivi del governo elettronico, i due libri avanzano anche delle proposte. Per ammettere tutti i cittadini ai benefici della rivoluzione informatica, scrivono gli autori, occorre creare infrastrutture adeguate, moltiplicare i punti di accesso pubblico alla rete, favorire la diffusione della banda larga e del wi-fi, dotare le scuole di computer, promuovere la formazione e la ricerca, finanziare chi lavora a colmare il digital divide e diffondere il software libero per rendere le comunità indipendenti dai monopoli del software.

Questioni complesse che non possono più essere affidate alla sensibilità dei volontari o di qualche buon amministratore e di cui si parlerà in due summit: il World Summit on Information Society, Wsis, (Ginevra 12-15 dicembre; www.wsis.org) e il «world Municipal Summit on Information Society» (Lione 4-5 dicembre; http://www.cities-lyon.org). Appuntamenti che, per la posta in gioco, meriterebbero più attenzione di quella che gli viene data, sia dai media che dalla politica.