Microsoft si rifà il trucco
AprileOnLine.Info n.73 del 06/07/2004
[Arturo Di Corinto]
In una lettera inviata a venditori e consumatori, la Microsoft ha dichiarato di voler intervenire sul problema dello spamming rendendo sempre riconoscibili le email dei mittenti.
In questo modo il colosso di Redmond si schiera apertamente a sostegno della coalizione di imprese (Yahoo!, Earthlink, Aol) che cercano di porre rimedio al fenomeno della posta indesiderata che turba i sonni di tanti navigatori.
Se ancora nulla si conosce (ma molti si preoccupano) della tecnologia che Microsoft vorrebbe utilizzare per impedire la contraffazione degli indirizzi di posta elettronica da cui viene spedita la junk mail (la posta spazzatura), quello che è noto è che la softwarehouse di Redmond ha deciso di lanciare un servizio a pagamento che, per 19,95 dollari l’anno offrirà 2 gigabyte di memoria e un sistema anti-spamming destinato a individuare e bloccare le e-mail infette da virus informatici.
Un indizio che anche questa iniziativa serva a Microsoft per lustrare la propria immagine, sempre più appannata dopo l’ennesimo allarme sicurezza generato dal virus russo “scob” che ha colpito i suoi prodotti di punta la scorsa settimana (il web server IIS 5.0 e Internet Explorer) è la decisione di offrire ai 170 milioni di utenti di Hotmail – la sua divisione che fornisce indirizzi di posta gratuiti – ulteriore spazio disco a costo zero. Hotmail ha infatti annunciato l’intenzione di elevare da 2 a 250 megabyte lo spazio disponibile ad ogni singolo utente per archiviare le proprie lettere telematiche, già alla fine dell’estate.
La mossa servirà anche a contrastare l’annuncio di Google, azienda leader nel campo dei motori di ricerca basato su software Gnu/Linux, che con il suo servizio di posta sperimentale Gmail metterà a disposizione degli utenti 1 gigabyte di memoria a testa.
Ma se in questo caso la Microsoft gioca di rimessa, in campo legale va al contrattacco. Sembra infatti aver avuto successo la decisione di ricorrere alla Corte europea di giustizia contro la multa di 497 milioni di euro e l’obbligo di intervenire per ripristinare una “concorrenza leale” in Europa come deciso dall’Antitrust Europeo.
Il contropiede di Microsoft sembra riuscito, per ora, in quanto la Commissione europea ha sospeso le misure imposte dalla condanna comminatagli per abuso di posizione dominante.
La motivazione dell’esecutivo di Bruxelles riposa nel fatto che la Commissione europea ha informato la Corte europea di Prima Istanza che nell’interesse di una amministrazione appropriata della giustizia, ha deciso di non attuare i provvedimenti adottati il 24 marzo, fin tanto che viene esaminata dalla Corte, la richiesta di sospensiva da parte della Microsoft.
La scadenza del termine imposto a Microsoft per fornire ai vendors una versione del sistema operativo di Windows senza il software multimediale Media Player e di rendere disponibili le informazioni sull’interoperabilità dei suoi prodotti era stata fissata al 28 giugno.
Il comunicato diffuso da Bruxelles precisa però che la decisione “non pregiudica l’obbligo di Microsoft di attuare i provvedimenti” e che entrambi i “rimedi” per ripristinare una concorrenza leale dovranno essere “attuati senza ritardo se il presidente della Corte di Prima Istanza respingerà la richiesta di Microsoft” in quanto “esiste un forte interesse pubblico a favore della loro attuazione senza attendere il giudizio sul merito del ricorso”, quello che Microsoft ha presentato in un fascicolo separato, prima della richiesta di sospensiva.
Ed è forse proprio per una ragione d’immagine che Microsoft ha comunque deciso di pagare “cash” la multa record prima che la Corte entri nel merito del ricorso.
L’ipotesi che si tratti di una nuova strategia d’immagine sembra essere suffragata dalla decisione di Bill Gates di volere pagare 104,6 milioni in buoni per l’acquisto di propri prodotti, e risolvere in via amichevole una class action (un’azione legale collettiva) in Arizona. La causa giudiziaria era stata avviata da alcune associazioni per essere risarcite dei prezzi troppo elevati pagati per l’acquisto dei software Microsoft, a loro dire tenuti artificiosamente alti grazie alla posizione di monopolio di cui è responsabile. Ed è proprio quello che anche alcune associazioni europee avevano chiesto al commissario Antitrust Mario Monti dopo la condanna del marzo scorso.