Sciopero della spesa. Si può non pensarci ma è il consumismo sfrenato la causa delle guerre
AprileOnLine.Info n.101 del 17/09/2004
[Arturo Di Corinto]
La proposta non potrebbe essere più chiara: “per un giorno si smetta di consumare”. E’ lo sciopero della spesa indetto dalle associazioni dei consumatori italiane il giorno 16 settembre per protestare contro il caro vita e la politica economica del governo a fronte dei continui rincari dei beni di prima necessità.
Non è una cosa nuova. L’iniziativa prende a piene mani da una proposta analoga e di molto precedente, avviata nel Nord America cui partecipano da circa 12 anni i consumatori più attenti nonostante la sordina obbligata dei media mainstream, soprattutto della televisione, manus longa e creatura storica della pubblicità che serve a “educare i consumatori”.
Negli usa post 11 settembre l‘iniziativa del Buy Nothing Day, così si chiama la Giornata del Non Acquisto, aveva suscitato molto scalpore perché gli Adbusters canadesi e altri gruppi antiguerra avevano lanciato la nuova campagna come protesta contro la guerra generata dal capitalismo consumista. Contro l’angoscia del terrorismo infatti i leader del G8 avevano suggerito ai loro cittadini di uscire per le strade e fare shopping, arrivando ad invocare al il “consumismo patriottico” contro la recessione attribuita alla insicurezza generata dai conflitti planetari che aveva suscitato la reazione indignata degli Adbusters per cui “siccome Blair e Bush continuano a ripetere che il consumo è il modo migliore per proteggere le libertà del Primo mondo e sostenere la nuova guerra globale, per gli Adbusters questa volta astenersi dagli acquisti diventa una concreta scelta di pace”. Gli agitatori culturali basati in Canada, un vero e proprio think tank della comunicazione globale alternativa, specializzati nella contropubblicità di alcool, sigarette, profumi e automobili, avevano invitato tutti a “dedicare il proprio tempo agli affetti anziché allo shopping, qualcosa che non si puùò comprare ma solo regalare”. Dal 1994 il Buy Nothing Day viene replicato ogni anno al termine del Giorno del ringraziamento (il Thanksgiving), che è il giorno degli acquisti per definizione in America, ma da lì si è poi diffuso in 30 paesi tra cui l’Italia su invito del network del collettivo redazionale della rivista Infoxoa, iniziativa che è poi stata sostenuta dai Social forum locali, il giornale di strada Terre di Mezzo, la Rete Lilliput, l’associazione Bilanci di giustizia, le organizzazioni del consumo etico e del commercio solidale e dei gruppi ambientalisti per ridurre “l’impronta ecologica”, cioé l’impatto dei consumi dell’uomo sul pianeta.
Ieri Trefiletti, portavoce delle associazioni che da anni svolgono un ruolo meritovele di denuncia del malaffare che ruota intorno al commercio, ha tirato le somme e ha detto: “ormai le famiglie italiane sono in difficoltà ad arrivare a fine mese: o si cambia politica economica oppure le difficoltà diventeranno sempre più pesanti. Per questo lo sciopero di oggi serve a evitare una situazione di catastrofe domani”. Non tutti sono d’accordo con lui e non solo perchè la loro proposta manca di un impegno a consumare meno e a consumare meglio. I “consumatori indipendenti” e l’ass. Cittadinanzattiva ritengono lo sciopero della spesa un’arma spuntata” e rilanciano con la pubblicazione di un libro bianco sui misfatti economici del governo Berlusconi. A proposito: lo sapevate che 77 voci del paniere Istat corrono più dell’inflazione?
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