E se fossero infiltrati?

In rete si discutono le giornate genovesi e la morte di Carlo
ARTURO DI CORINTO
il manifesto – 22 Luglio 2001

Facile, troppo facile dare la colpa di quello che è successo ai manifestanti del Black Block. Spiegazione semplice e consolatoria. Infatti le opinioni in rete sono diverse.

E’ vero, qualcuno spara a zero sugli anarchici, identificati tout court con il black block, altri affermano che si tratta della logica conseguenza della strategia della disobbedienza civile, altri non hanno dubbi: è stata la polizia. Si fa strada l’ipotesi più inquietante. Si tratta di infiltrati, forse dei servizi, forse dei carabinieri. Scrive “La Strega” su movimento@ecn.org: “Cinque carabinieri travestiti da anarchici, con le spranghe in pugno, sono stati visti parlare con un maresciallo in divisa davanti alla caserma di piazza Kennedy”. Una storia raccontata tante, troppe volte, da sembrare inverosimile, ma è inquietante e chiede una risposta. Che non si fa aspettare: “Beh…se vuoi sputtanare qualcuno cerca di farlo passare per un violento, se ci fai caso si è parlato solo o quasi di ordine pubblico e ben poco delle reali questioni poste dai contestatori, e poi più lo scenario è pericoloso meno le persone sono disposte a partecipare”. L’opinione della rete.
E così Internet diventa il luogo dove discutere l’accaduto e, dopo essere stata usata per veicolare informazioni su treni e pullman, sull’abbigliamento da disobbedienti, sui fermi, gli arresti, gli abusi della polizia nelle città, torna ad essere il teatro della contestazione.
Si diffondono notizie su defacements ai danni dei siti della forze di polizia – la prefettura di Trapani è stata oggetto di un attacco – virus distruttivi sarebbero stati inviati alle sezioni virtuali di Forza Italia, addirittura sulla rete sarebbero state diffuse le conversazioni della polizia, come era accaduto a Seattle quando l’hacker E. Goldstein aveva captato e linkato le loro comunicazioni radio per trasmetterle sul web. Una cosa è certa. A guadagnare la scena della protesta digitale oggi è però il netstrike, il corteo telematico contro le pagine ufficiali del g8 www.genoa-g8.it. 150 persone si coordinano in chat per intasarne il sito: il comunicato su indymedia ne rivendica il blocco totale dalle 15 alle 16. “Siamo contenti. E’ stata la conferma che il netstrike permette una mobilitazione di diverse individualità e ancora una volta la rete, che si vorrebbe strumento di consumo, di fatto diviene invece strumento di azione e comunicazione. Porgiamo la nostra solidarietà alla famiglia del compagno ucciso dalle forze dell’ordine mentre stava manifestando il suo dissenso, la violenza dei tutori dell’ordine è stata ingiustificata, con l’uso delle armi contro i manifestanti assediati”.
Intanto la notizia dei cortei di protesta per la morte di Carlo – a Milano, Roma, Brescia, Trieste, Amsterdam, Parigi, Buenos Aires – fa il giro del mondo via Internet. I siti sono marcati a lutto, con la foto della pistola puntata contro Carlo Giuliani: ecn.org, squat.net, kyuzz.org, gara.net e altri. Su amisnet.org/audio/update18.mp3 c’è l’audio di un testimone dell’omicidio. Il sito dell’azione globale dei popoli www.ecn.org/agp/index1.html mostra un archivio di foto che ritraggono le misure di sicurezza che dovevano impedire ai manifestanti di entrare in contatto con la polizia. Non sono servite a niente.