Le guerre del futuro si combatteranno nei nostri cuori
Hacker’s Dictionary. La rubrica settimanale a cura di Arturo Di Corinto
di ARTURO DI CORINTO per Il Manifesto del 21 Giugno 2018
Le agenzie militari e di intelligence di tutto il mondo conducono da tempo guerre informative segrete nel cyberspazio. I meme delle loro psy-ops, le operazioni di disinformazione, influenzano profondamente le percezioni pubbliche della verità, del potere e della legittimità. La campagna del presidente Trump e il ruolo di Cambridge Analytica sono finiti sotto osservazione per il microtargeting, il dark advertising e le fake news, ma non sono state solo le elezioni presidenziali americane del 2016 ad essere caratterizzate da un mix di notizie false, intromissioni straniere, attacchi informatici e propaganda social.
Uno studio dell’Università di Oxford ha rilevato campagne di manipolazione dei social network in almeno 28 paesi dal 2010. Lo studio ha anche evidenziato che “i regimi autoritari non sono gli unici né i migliori nella manipolazione organizzata dei social media”. Già quattro anni fa il World Economic Forum definiva la diffusione della disinformazione online una tendenza significativa da tenere sotto osservazione.
Questa minaccia si sta intensificando man mano che gli strumenti di intelligenza artificiale diventano più ampiamente disponibili.
I ricercatori di IA hanno dimostrato di poter creare tecnologie in grado di produrre audio e video falsi non rilevabili e secondo uno studio dell’Università di Stanford entro un anno sarà estremamente facile creare inganni digitali di alta qualità la cui autenticità non potrà essere facilmente verificata. Da qui l’allarme di pochi giorni fa dell’ex advisor di Bush e Obama per la cybersecurity, David Edelman, che in una conferenza a Sidney in Australia ci ha messi in guardia dalla propaganda basata sulla manipolazione della voce e della mimica facciale di personalità influenti, compresa la posizione e la rotazione della testa in 3D.
Li chiamano Deep fake videos, e sono per davvero video profondamente falsi, cioè mai girati da nessuno. Con le tecnologie basate sull’intelligenza artificiale è infatti possibile mettere in bocca a un capo di stato, in possesso della valigetta atomica, parole che non ha mai pronunciato e innescare una crisi internazionale una volta che il messaggio sia diventato di dominio pubblico. Basta un sapiente uso di Youtube e Facebook prima e dei media locali dopo che non sono in grado di verificare autenticità di fonti e protagonisti.
Ma, anche quando accadesse grazie all’uso di intelligenze artificiali difensive capaci di individuare lo sfasamento tra le parole pronunciate e il colore del volto irrorato dal sangue in maniera non compatibile con il parlato, il danno potrebbe già essere stato fatto. E questo perché nella propaganda digitale la diffusione intenzionale di paura, incertezza e dubbi sarà iper-mirata a specifici utenti di Internet capaci di influenzare ampi target della popolazione. Come? Agendo attraverso la propaganda computazionale che sfrutta i social media e la credulità di chi li abita, la psicologia umana che non distingue la realtà dalla finzione, le voci e i pettegolezzi tanto cari ai cospiratori e gli algoritmi per manipolare l’opinione pubblica. Il futuro della guerra non è sul campo di battaglia, ma sui nostri schermi e nella nostra mente.
Chi scrive ha chiesto faccia a faccia a Steve Bannon, fondatore di Cambridge Analytica, ideologo della destra populista e già capo stratega di Trump, se questo fosse accaduto anche con le elezioni italiane. Lui ha negato ridendo ed ha risposto che Salvini e Di Maio sono solo due ragazzi molto bravi ad usare Internet.