Arturo Di Corinto, L’Huffington Post | Pubblicato: 27/02/2013 20:47 CET |
Il destino del soldato Manning sarà deciso dalla risposta dei giudici a una semplice e terribile domanda, se abbia aiutato o meno il “nemico”. Manning è la talpa di Wikileaks e del cablegate, il nemico è Al Qaida, chi decide è il giudice militare, colonnello Denise Lind.
Dopo 1000 giorni di detenzione senza giusto processo e con episodi riscontrati di torture fisiche e psicologiche, come l’obbligo per Manning – che vuole cambiare sesso – di denudarsi di fronte ai sorveglianti, la decisione potrebbe dipendere da una serie di testimonianze. La prova schiacciante contro il soldato Manning dovrebbe fornirla uno dei navy seals che condussero l’operazione contro Bin Laden e che sarebbe in grado di testimoniare la presenza nelle memorie digitali trovate nel covo del principe del terrore ad Abbottabad i documenti girati dalla talpa a Wikileaks.
Però. Se il governo USA considera prova maestra la presenza di tali documenti tra gli effetti personali di Osama, la difesa del soldato chiarisce che chiunque, dopo il leak, era in grado di ottenerli via Internet e che quindi, come sostiene da sempre l’avvocato difensore Coombs, Manning non avrebbe aiutato direttamente il nemico. Non solo, visto che non è possibile “al di soprta di ogni ragionevole dubbio” collegare il leaking a fatti di sangue attribuibili al network di Al Qaeda secondo la difesa Manning non avrebbe aiutato neppure indirettamente Al Qaeda. Da qui l’offerta di Coombs di giudicare Manning solo per dieci accuse minori che gli permetterebbero di scampare la pena capitale ma che, se oggetto di condanna, lo costringerebbero comunque a passare il resto della vita in prigione. Continua a leggere Huffington Post: Wikileaks, un Navy Seal del blitz contro Osama Bin Laden pronto a testimoniare contro la “talpa” Bradley Manning