Audizione di Arturo Di Corinto alla Camera dei deputati del 20 novembre 2006 sulla Pdl Franceschini
L’intenzione di questo intervento è di problematizzare alcuni aspetti del conflitto d’interessi legati ai mezzi di comunicazione riconoscendo che la platea dei soggetti in conflitto d’interessi reale o potenziale è tendenzialmente assai ampia. E che la proposta di legge in discussione, quale che ne sia l’esito, può funzionare solo insieme all’applicazione di altre normative, la par condicio, la riforma della legge Gasparri, la cosiddetta “Gentiloni”, e con l’intervento delle istituzioni esistenti, come gli organismi antitrust, e se si pon in un’ottica europea e transnazionale vista la natura della configurazione del sistema mediatico attuale.
La necessità di discutere questo aspetto del conflitto d’interessi, quello legato al sistema dei media è ovvio: l’informazione e la comunicazione costituiscono un comparto economico rilevantissimo; l’informazione influenza i mercati finanziari e quindi le attività industriali e le scelte della politica, ma, assai importante, l’informazione “produce” l’opinione pubblica anziché rifletterla, dando luogo a peculiari forme di manipolazione della realtà su cui le persone basano le loro scelte, quelle di consumo come quelle elettorali.
Cosa voglio dire.
In questo mio intervento voglio porre l’attenzione su tre questioni:
– Il sistema televisivo è cambiato per effetto della convergenza dei media e dell’aumento delle piattaforme di erogazione dei contenuti. Internet potrebbe diventare lo standard di fatto delle nuove piattaforme mediatiche.
– La digitalizzazione delle reti e dei contenuti, introducendo differenti gradi di interattività può favorire e aumentare il rischio di manipolazione degli utenti.
– E’ necesario intervenire affinchè siano garantite la concorrenza del mercato e la libertà degli utenti allo stesso tempo evitando barriere all’uso dei media. Tali barriere possono infatti avere una ragione strumentale che potrebbe configurarsi come sostegno privilegiato a una parte politica anzich ad un’altra.
Il primo aspetto riguarda l’incremento delle piattaforme disponibili per la veicolazione dei contenuti televisivi.
Come è stato giustamente notato, sinora abbiamo considerato il sistema televisivo come l’insieme delle emittenti della televisione terrestre e del satellite. Oggi l’offerta televisiva si è ampliata. Se rimaniamo solo nel settore dei suoni e delle immagini in movimento dobbiamo considerare:
– la televisione analogica
– la televisione digitale satellitare
– la televisione digitale terreste
– la tv via cavo
– la televisione via Internet (Web tv e IpTv)
– la televisione mobile
– la televisione outdoor
La televisione analogica è ancora il mezzo prevalente per l’informazione e l’intrattenimento della maggioranza degli italiani, con un tasso di penetrazione del 96% secondo un’indagine Piepoli-Cnipa. I motivi sono noti. Consuetudine culturale all’uso, bassi costi utente, eccetera. Deve rimanere oggetto di uno specifico interesse.
http://www.cnipa.gov.it/site/_files/086-2006%20CNIPA%20DEF01rap_pro.pdf
Ma lo scenario è destinato a cambiare con la televisione digitale terrestre (DTT) che ne rappresenta un’evoluzione e consente di ampliare il numero di emittenti per banda di frequenza garantendo un’interattività prima impensabile. La DTT potrebbe diventare la killer application del futuro, almeno in Italia, perché sfrutta la consuetudine con la tv analogica e ha già una grande platea di pubblico nelle persone meno istruite e pù anziane e in quelle che hanno difficoltà di accesso alla tecnologia. Nel futuro la sua diffusione potrebbe favorire un apprendimento all’uso dei media digitali.
In diretta concorrenza della DTT troviamo l’Iptv, soprattutto nella prospettiva della diffusione del Wi-Max, evoluzione tecnica del Wi-Fi, l’Internet senza fili.
Iptv è il termine generico per indicare l’utilizzo di tecnologie Internet per la diffusione di segnali televisivi o contenuti video nella doppia declinazione di web-tv, video fruibili in streaming via world wide web, e nella declinazione d’uso di un set top box (STB) in grado di decodificare il segnale digitale e di accedere a un canale di ritorno, tipicamente una connessione ADSL per l’interazione.
A trainare l’Iptv ci sono scelte commerciali: lo sfruttamento della banda larga per offrire nuovi servizi agli abbonati da parte dei service provider (ISP), l’esigenza degli operatori di rete fissa di offrire alternative alla migrazione verso servizi mobili, la possibilità di fornire attraverso un’unica rete e un unico contratto i servizi voce, broadband Internet e tv.
A trainare l’Iptv sono la convergenza delle reti verso un’unica architettura, quella Tcp/Ip, le nuove tecnologie di compressione dei segnali, il ridotto costo delle memorie di massa e un dato sociologico, l’insoddisfazione degli utenti verso la televisione commerciale.
La televisione mobile dovrebbe essere oggetto di indagine. In questo caso possiamo citare la tv via cellulare, (cellulari di terza generazione, Umts) quella pù promettente in una prospettiva in cui i servizi di informazione e intrattenimento tendono a riconfigurarsi intorno ai dispositivi mobili per i quali in Italia è stimato un tasso di penetrazione del 119% (dati Cotec).
La televisione mobile è però anche quella che si vede su alcune linee del trasporto pubblico nelle grandi città, sui voli intercontinentali e sui treni o sulle navi. Questo tipo di veicolo è caratterizzato dall’uso di contenuti prodotti da terzi.
La Tv Outdoor è quella degli aeroporti, delle stazioni ferroviarie e di altri luoghi di ritrovo come gli stadi. Secondo uno studio dell’ISIMM dell’inizio dell’anno, il 34% del campione intervistato al riguardo afferma di “guardare” l’outdoor tv.
Incremento delle piattaforme interattive
L’incremento del numero delle piattaforme ovviamente influenza i comportamenti di consumo degli utenti offrendo potenzialmente una maggiore scelta di contenuti e servizi.
In particolare, la possibilità di far viaggiare i contenuti televisivi su piattaforme diverse aumenta il numero delle emittenti, mentre la DTT aumenta il numero di canali televisivi in grado di viaggiare nella stessa frequenza (da quattro a sei canali).
All’incremento delle piattaforme disponibili si coniuga, grazie alla tecnologia digitale, l’uso di Internet come repository di contenuti illimitato e il carattere interattivo e autopoieutico dei contenuti.
A questo punto potrebbe essere utile capire quali sono i fattori che spingono un individuo a preferire un mezzo di comunicazione ad un altro. Il primo fattore è rappresentato dai costi di riconversione per il passaggio da una tecnologia ad un’altra, ovvero gli switching cost. Tali costi, che sono la norma nell’economia dell’informazione, si possono far risalire ad un serie di variabili quali:
• Path-dependency delle decisioni di consumo
Quando un utente ha familiarizzato con un’interfaccia grafica fornita dal sistema operativo sarà difficile indurlo a rinunciare all’investimento effettuato e convertirsi a prodotti diversi.
• Effetto reputazionale
L’effetto reputazionale riguarda il fatto che i consumatori associano un valore maggiore a prodotti già presenti sul mercato, mentre sono maggiormente restii ad avventurarsi nell’uso di una nuova piattaforma
• Effetto clutter
I Clutter effect definiscono il processo che vede l’utilità associata all’utilizzo di una nuova tecnologia decrescere all’aumentare del numero di tecnologie già utilizzate dall’utente.
• Prospect theory
La prospect theory, descrive la differenza tra la disponibilità del consumatore a pagare per un prodotto che ancora non possiede e la disponibilità ad essere compensato per rinunciare all’utilizzo di un prodotto che già utilizza.
• Esternalità di rete (dirette e inderette)
Le esternalità di rete o effetti di rete si registrano quando il valore di un bene per un individuo aumenta all’aumentare delle persone che posseggono lo stesso bene.
Lo scenario del confitto d’interessi nel campo dei mezzi di comunicazione è quindi complicato dalla tendenza alla convergenza dei media. La convergenza è resa possibile dalla digitalizzazione delle reti e dei contenuti. Per effetto della convergenza i media prima isolati vengono riuniti su una stessa piattaforma. I canali all news ne sono un esempio.
La digitalizzazione dei contenuti favorisce i processi di divergenza, il fenomeno per cui i contenuti predisposti per un medium possono essere facilmente declinati o trasmessi attraverso un altro medium (in questo caso si parla anche di rimediazione). La radio a onde corte trasmessa via Internet è un esempio. Ma lo sono anche le soap opera trasmesse via telefono cellulare.
Internet è il caso esemplare della convergenza/divergenza dei contenuti.
Internet riunisce e assomma i media preesistenti che in essa hanno trovato un nuovo canale per veicolare i propri contenuti, replicandoli tout court – i giornali che offrono online la loro versione cartacea – o adattandoli al nuovo medium – il podcasting delle stazioni radiofoniche -, con un effetto peculiare di retroazione: i media assumono le qualità di fruizione di Internet e modificano i propri contenuti offline, ad esempio i giornali aumentano le foto e limitano la lunghezza degli articoli
All’affermarsi di Internet in quanto media convergente, per effetto della digitalizzazione dei contenuti, dell’economicità degli strumenti digitali, della grande disponibilità di software, si produce un sapere comunicativo diffuso che è trainato dalla disponibilità di personal media con i quali è possibile comunicare con una platea virtualmente globale indifferente alle barriere geografiche e alle legislazioni nazionali.
Questo sapere comunicativo diffuso, insieme a dinamiche di mercato, produce l’aumento dei media disponibili. Da una parte le Webtv, le webradio, gli online-journals delle media companies, e dall’altro l’esponenziale incremento dei produttori/fornitori di contenuti: gli user generated contents per i media online ed offline, attraverso Blog, Vlog, siti e circuiti di peering (P2P).
Sappiamo che nonostante il digital divide che avvolge il pianeta ci sono 1.100.000 siti web e 57 milioni di blog.
Chiaramente qui si pone la differenza tra chi dà informazioni e chi fa informazione. E’ chiaro che un blogger dà informazioni ma la sua attività non può essere equiparata a quella di una testata giornalistica registrata. Che dire però di Youtube? E di tutti gli altri fornitori di servizi in rete che non ricadono sotto la legge italiana?
Interattività e manipolazione
Un aspetto rilevante associato alla convergenza dei media e dei contenuti riguarda l’interattività. Ci sono delle tecnologie che inducono passività, altre che inducono attività.
L’utente può interagire con o manipolare i contenuti digitali. Questa è la situazione tipica della Televisione digitale terrestre o DTT, di Internet, dei videogames.
Aumentando l’interattività aumenta la possibilità di guidare gli utenti verso scelte prefissate.
C’è un’intera categoria di oggetti ad altro contenuto tecnologico in grado di attivare, indurre o modificare comportamenti. Le sue applicazioni al web sono note. Meno note sono le applicazioni alla televisione interattiva ma i principi alla base di questo tipo di design persuasivo sono comunque implementabili. Queste tecniche ribaltano il pensiero comune circa la manipolabilità di un utente passivo. Un utente che ha un ruolo attivo nella scelta di un percorso prefissato da altri mentre ha l’illusione di controllarlo, dovrebbe preoccuparci di più per gli effetti a lungo termine che questo può avere sul suuo comportamento.
La branca di ricerca che si occupa di studiare questi effetti si chiama Captologia o scienza dei computer persuasivi. Essa ha i suoi teorici, i suoi congressi, libri e riviste specializzate. www.captology.org – http://captology.stanford.edu
La persuasione è una competenza sociale, di cui i politici sono esperti, tuttavia questo tipo di persuasione via computer si differenzia da essa e da quella del marketing e della pubblicità in diversi aspetti, pur applicandone alcuni principi basilari – l’autorità, la somiglianza, la reciprocità –
Il primo riguarda una diversa consapevolezza del setting, la seconda la conoscenza del soggetto target dell’intento persuasivo.
Profilazione
Quando pensiamo alla manipolazione del comportamento via Internet ci troviamo di fronte a differenti forme e intenzioni manipolative. Questa potenziale manipolazione del comportamento si giova della profilazione degli utenti in base a gusti, abitudini, comportamenti d’acquisto, capacità di spesa e preferenze politiche.
Manipolazione
Nel caso di Internet, una prima forma, basilare di manipolazione è quella associata all’uso dei motori di ricerca.
In questo caso sono in atto credenze circa la neutralità della ricerca che è invece condizionata da fattori economici, strategie di branding e di marketing.
Una seconda è quella associata all’abitudine e alla familiarità delle interfacce. Si tratta di un lock in cognitivo. In questo caso sono sfruttati percorsi cognitivi consolidati.
La terza è la definizione di ciò che un utente può fare oppure no. Dipende dai gradi di libertà concessi dal fornitore di software e di hardware. Il tipo di software e l’hardware utilizzati determinano le modalità operative di fruizione dei contenuti e il tipo di schemi mentali attraverso cui li elaboriamo. Si pensi ai DRM o al software monopolista del desktop computing.
Motori di ricerca
Vista la sempre crescente digitalizzazione, si salvano sempre più informazioni personali. I motori di ricerca giocano un ruolo essenziale in questo fenomeno. Durante la ricerca su internet, i motori di ricerca registrano l’ora, il termine ricercato, i siti visitati e il cosiddetto indirizzo IP dell’utente. In molti casi è possibile risalire, attraverso l’indirizzo IP, al computer – e quindi anche al domicilio – da cui è stata effettuata la ricerca.
I motori di ricerca spesso conservano queste informazioni per un lungo periodo, esse sono estremamente interessanti, oltre che per fini commerciali, anche per la pubblica amministrazione o ad esempio per fini criminali. “Tanti motori di ricerca sfruttano tali informazioni per fini commerciali. E’ soltanto una questione di tempo prima che si verifichino degli abusi delle informazioni” http://us.ixquick.com/ita/press/pr_big_brother.html.
Il caso Google
“Google si è affermato negli ultimi anni come uno dei principali punti di accesso alla rete di internet, ci siamo adattati progressivamente alla sua interfaccia sobria e rassicurante, alle inserzioni pubblicitarie defilate e onnipresenti; abbiamo adottato i suoi servizi e l’abitudine al suo utilizzo si è trasformata oramai in comportamento: “Se non lo sai, chiedilo a Google”.
Google ha saputo sfruttare il nostro bisogno di semplicità. Eppure ci troviamo di fronte a un colosso, un sistema incredibilmente pervasivo di gestione delle conoscenze composto da strategie di marketing aggressivo e oculata gestione della propria immagine, propagazione di interfacce altamente configurabili e tuttavia implacabilmente riconoscibili, cooptazione di metodologie di sviluppo del Free Software, utilizzo di futuribili sistemi di raccolta e stoccaggio dati.
Il campo bianco di Google in cui inseriamo le parole chiave per le nostre ricerche è una porta stretta, un filtro niente affatto trasparente che controlla e indirizza l’accesso alle informazioni.
In quanto mediatore informazionale si fa strumento di gestione del sapere e si trova quindi in grado di esercitare un potere enorme, diventando espressione diretta della tecnocrazia.” www.ippolita.net
Video games e costruzione di immaginario
Altre questioni e altri rischi
Il fatto che i Set Top Box per la decodifica del segnale digitale si stiano convertendo nella forma di consolle generaliste rende lo scenario ancora più complesso. Esse sono perlopiù delle scatole nere e la tendenza è quella di offrire dei box che siano dei media-center basati su tecnologie prorietarie e contratti di licenza specifici. Questo potrebbe determinare da parte dei produttori una preferenza selettiva per certi contenuti, quelli certificati, ad esempio, per certe tecnologie, un formato video anziché un altro, e per certe modalità di gestione dei contenuti, su base temporale e a consumo, ma soprattutto potrebbe sbarrare la strada a contenuti prodotti da soggetti concorrenti.
Per capirci, Fastweb potrebbe operare come Sky che inserisce nel suo bouquet solo certe stazioni e non altre.
Ugualmente il superamento della neutralità della rete, verso forme di selezione dei contenuti e offerta di contratti, ritagliata sulla capacità di spesa degli utenti potrebbe creare una segmentazione dei consumatori in cittadini di serie A e di serie B avvantaggiando la capacità trasmissiva di chi paga di più.
Da tutto questo discende che potrebbero risultare incompatibili:
– i fornitori di connettività
– i fornitori di hardware
– i fornitori di software
– i fornitori di contenuti
Per evitarlo bisognerebbe:
– favorire la neutralità tecnologica
– favorire standard e interoperabilità delle piattaforme
– impedire sistemi di controllo utente (DRM, TCP)
– ripensare brevetti, diritti e copyright
Soprattutto bisognerebbe educare i cittadini alla media awareness, e questo vale per tutte le situazioni che la legge non è e non sarà in grado di regolare.
In ogni caso qualcuno lo sta già facendo attraverso l’offerta di un software video player che funziona con qualsiasi software e piattaforma ed è in grado di memorizzare 600 canali video sull’hard disk e di pubblicare con u click i propri video per condividerli con altri utenti di Internet. http://www.getdemocracy.com
Questa raccomandazione non è direttamente oggetto dell’audzione, ma una corretta informazione sul tema potrebbe evitare di incorrere in conflitti d’interesse sotterranei e non riconoscibili.